“Le competenze tecniche sono diventate così ampie che nessuno può lavorare da solo”

“Non scegliete il settore civile per soldi o perché offre delle opportunità di tipo professionale. Sceglietelo perché amate progettare e volete cimentarvi in opere strutturistiche, idrauliche o urbanistiche. Per orientarsi verso questo ambito e non solo, occorrono creatività, indipendenza ed una solida base culturale, necessaria soprattutto oggi, perché il mondo del lavoro è diventato dinamico e flessibile”, dice il prof. Mario Pasquino, docente di Scienza delle Costruzioni, il quale sul mercato del lavoro e sull’università apre una lunga parentesi, utile per presentare alle matricole il mondo nel quale si troveranno a vivere la propria giovinezza.
“La società lascia intendere che le lauree tecniche e scientifiche presentino maggiori possibilità lavorative, tralasciando completamente quelle umanistiche. Per cui, la scelta non va nella direzione in cui ci porta il cuore ma è dettata da pure ragioni economiche. Tutta la nostra società parla solo di crescita, intendendola esclusivamente in senso economico, ed ha quindi bisogno di nozioni spendibili a poco prezzo. Maggiore è l’offerta minore il prezzo”.
Gli studenti saranno subito assorbiti da un sistema dai ritmi serrati che prevedono in rapida successione lezioni ed esami: “vi sono stati tolti il tempo di sviluppare capacità critiche costruttive e lo spazio per poterle applicare. Occorre tornare ad una profonda formazione di base, che prepari persone in grado di usare il cervello”.
A dispetto di chi sprona a laurearsi in tre anni giusti, il professore incoraggia a prendersi il tempo di crescere: “tendiamo a premiare chi sa ripetere quello che gli è stato detto senza aver sviluppato alcuna capacità critica, ma non si matura a vent’anni. Stiamo crescendo generazioni impaurite che devono laurearsi presto e bene a qualunque costo per continuare un sistema che vuole solo persone da sfruttare”.
L’esortazione maggiore è alla partecipazione attiva: “ai miei tempi si studiava per paura e si scopriva la bellezza, ma bisognava soffrire un po’ sui libri. Se la società crea la scuola per i cittadini attivi, allora tutti, anche partendo da condizioni diverse, devono poter arrivare allo stesso livello. Invece, l’università oggi è molto più elitaria di quanto non lo era una volta e chi ne paga il prezzo sono le persone socialmente più deboli. Perciò, ragazzi svegliatevi, partecipate, non lasciate decidere tutto per voi, uniti potete incidere sulle scelte e siate solidali fra voi. Il sistema vuole persone che pensano al particolare. Ma non serve a niente arrivare primi se poi si è da soli. Le competenze tecniche sono diventate così ampie che nessuno può lavorare da solo, e un mondo solidale è un mondo nel quale tutti possano avere una possibilità di lavoro”. 
Infine, l’ultima riflessione è culturale: “per fare un buon ingegnere servono una quindicina di materie di base formative. Le altre sono necessarie ma informative e devono poter essere scelte liberamente ed avere qualunque estrazione, anche Elettronica ad Ingegneria Civile”.
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