“Un esame di coscienza” prima di intraprendere gli studi di Ingegneria

Ventisei anni a dicembre prossimo, maturità scientifica, Chiara Barbieri è certamente tra le migliori laureate che sono uscite nel 2011 dalla Federico II. Merito della tesi in Ingegneria Edile-Architettura “Progetto di riqualificazione dei percorsi di visita dell’antica città di Cuma, del sistema degli accessi e delle attrezzature turistiche”. Relatore il prof. Francesco Viola (Composizione architettonica). Correlatori i professori Elena Mele (Strutture), Bianca Gioia Marino (Restauro), Antonio De Simone (Archeologia).
In estrema sintesi, quale è il filo conduttore del suo lavoro?
“L’individuazione delle più opportune modalità di operare, in un contesto archeologico, con una progettazione del nuovo. Per esempio, il progetto propone soluzioni per spostare la biglietteria dall’acropoli alla città bassa, inserendola al meglio nel contesto, e per ricoprire le terme”.
Perché Cuma?
“Avevo già lavorato a progetti sul sito, nel corso dell’esame di Composizione architettonica, al quarto anno. La tesi è stata la naturale prosecuzione di quel lavoro”.
Cosa fa adesso? 
“Ho superato a marzo l’esame per l’iscrizione all’Ordine degli ingegneri. Collaboro con uno studio di architettura a Roma. Non è ancora un lavoro, nel senso pieno del termine, ma mi permette di acquisire ulteriore esperienza preziosa”.
Come vede il suo futuro?
“I tempi sono difficili, ma mi auguro di mettere su uno studio associato, con altro colleghi. Una struttura in cui operino professionisti con molteplici competenze. Credo sia la soluzione più adeguata ai tempi”.
Lei si è laureata brillantemente. Cosa suggerisce ai ragazzi che si accingono ad intraprendere il suo percorso di studi?
“Un esame di coscienza. Bisogna innanzitutto che si domandino se sono disposti a sobbarcarsi un impegno davvero pesante. Quattro giorni a settimana su sette entravo in Facoltà alle 8.30 di mattina e andavo via, dopo l’ultimo corso, alle sette e mezza di sera. In più: lo studio a casa, anche nel fine settimana, ed i tempi per gli spostamenti. Io abito a Scafati ed ho frequentato da pendolare. Se davvero si ha intenzione di frequentare al meglio, di laurearsi in tempi ragionevoli, di non parcheggiarsi all’università, è bene sapere che durante gli anni di studio il tempo libero sarà davvero pochissimo. Il sabato sera (non sempre), Natale, Pasqua, una decina di giorni in estate”. 
Seguire è necessario?
“Assolutamente. Necessario, ma non sufficiente. E’ fondamentale, se non si capisce qualcosa a lezione, spremere il docente come un limone, affinché chiarisca meglio. Inutile mimare con la testa di aver compreso, magari seduti in prima fila, e poi ritrovarsi da soli con il libro nel buio più assoluto”. 
Ha trovato sempre docenti disponibili a spiegare meglio, a riprendere un argomento, a chiarire i dubbi?
“Diciamo nel settanta per cento dei casi. Sempre no”.
L’esame più interessante del primo anno?
“Ovviamente è una valutazione soggettiva. Per me: Storia dell’architettura”.
Il più complesso?
“Due. Analisi, nonostante la prof.ssa Esposito, con la quale ho seguito, fosse molto brava a spiegare. Poi Disegno dell’architettura”.
Il più difficile in assoluto?
“Scienze delle costruzioni”. 
Quello che le è piaciuto di meno?
“Organizzazione del cantiere. Un po’ per come è organizzato il corso, un po’ per la materia in sé”.
Il ricordo più piacevole della sua esperienza di studente?
“I viaggi a Basilea, Monaco e Berlino. Li organizza in particolare la prof.ssa Fumo e permettono di visitare siti di grande importanza storica ed architettonica. Prima di partire, ogni ragazzo deve documentarsi su uno degli edifici che saranno visitati. Sul posto, è tenuto ad illustrane le caratteristiche, le peculiarità, le origini. Insomma, lo studente diventa per un giorno docente. E’ davvero un bel modo di stimolare e di coinvolgere”.
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