“Architettura è una Facoltà che richiede un impegno di 7–8 ore al giorno, tra lezioni, laboratori e correzioni. Chi non è disposto a questi ritmi è meglio che non si iscriva”. Non usa perifrasi Carmine Ciuccio, 27 anni, fresco laureato. Sono consigli, i suoi, da valutare con attenzione, perché provengono da un giovane che ha ricevuto il premio per una tesi di laurea sul Museo della memoria a Capaccio, il Comune della provincia di Salerno nel quale risiede. Ciuccio lavora attualmente in uno studio architettonico a Napoli.
Come affrontare il primo anno?
“Impegno e costanza. Bisogna frequentare assiduamente, approfittare di ogni momento per ripetere e per studiare, vivere l’università senza perdere tempo”.
L’esame più arduo del primo anno?
“Analisi, senza dubbio, per tutti. Io ho incontrato difficoltà anche per Storia dell’architettura. Richiede parecchia memoria”.
Il più difficile in assoluto?
“Scienza delle Costruzioni. La sintesi di un percorso. Se quel percorso non è stato seguito al meglio, se ci si è trascinati qualche lacuna, diventa davvero complicato, richiede tempo”.
L’esame più interessante?
“Per me, Progettazione con il prof. Priori. Dà libertà di esprimere al meglio le proprie potenzialità”.
Ricordi brutti?
“Un docente del corso di Progettazione del quinto anno. Non dico il nome. Era come se si divertisse a non farsi trovare mai. Saltava le correzioni, mi faceva perdere intere giornate e poi non si presentava. Mi ha bloccato per un anno e mezzo. Una mancanza di correttezza veramente inconcepibile”.
Episodi divertenti le sono capitati, durante il suo percorso di studio?
“Certamente. Ricordo con grande piacere, tra i tanti, i professori coi quali si festeggiava in pizzeria la conclusione del corso. Era un modo di conoscersi, di familiarizzare, di superare gli steccati. Per esempio, mi è capitato con il prof. Francesco Bruno”.
Torniamo ai consigli a chi sta per iscriversi alla Facoltà.
“Ragionate come se fosse già un lavoro. Architettura è una Facoltà insidiosa, perché c’è il rischio di rimanere intrappolati per anni se non ci si dà un ritmo e non ci si impone scadenze. Ci si adagia, magari si rimanda l’esame e il tempo scorre senza quasi che ve ne accorgiate”.
Quali i punti deboli della Facoltà?
“Gli spazi destinati agli studenti continuano ad essere pochi, insufficienti. Non mi riferisco tanto alle sedie ed ai banchi – ci sono stati miglioramenti da quando mi immatricolai a quando sono andato via – ma alle postazioni per i computer, fondamentali in una Facoltà come questa. Ricordo pile di ciabatte, le prese destinate alle connessioni”.
Solo questo?
“Altro limite è la scarsa preparazione che riceviamo relativamente alle competenze burocratico amministrative che un architetto deve necessariamente possedere. Me ne accorgo ora che sto lavorando: modelli per chiedere autorizzazioni ai Comuni, moduli da inviare alla pubblica amministrazione, certificati. Ecco, su tutto questo non è che la Facoltà dia particolari competenze. Poi c’è la questione dell’autocad”.
Quale?
“Durante i corsi di Disegno non utilizziamo i programmi che sono ormai di uso comune in qualunque studio professionale. Chi vuole, deve frequentarli a parte, pagando”.
Come affrontare il primo anno?
“Impegno e costanza. Bisogna frequentare assiduamente, approfittare di ogni momento per ripetere e per studiare, vivere l’università senza perdere tempo”.
L’esame più arduo del primo anno?
“Analisi, senza dubbio, per tutti. Io ho incontrato difficoltà anche per Storia dell’architettura. Richiede parecchia memoria”.
Il più difficile in assoluto?
“Scienza delle Costruzioni. La sintesi di un percorso. Se quel percorso non è stato seguito al meglio, se ci si è trascinati qualche lacuna, diventa davvero complicato, richiede tempo”.
L’esame più interessante?
“Per me, Progettazione con il prof. Priori. Dà libertà di esprimere al meglio le proprie potenzialità”.
Ricordi brutti?
“Un docente del corso di Progettazione del quinto anno. Non dico il nome. Era come se si divertisse a non farsi trovare mai. Saltava le correzioni, mi faceva perdere intere giornate e poi non si presentava. Mi ha bloccato per un anno e mezzo. Una mancanza di correttezza veramente inconcepibile”.
Episodi divertenti le sono capitati, durante il suo percorso di studio?
“Certamente. Ricordo con grande piacere, tra i tanti, i professori coi quali si festeggiava in pizzeria la conclusione del corso. Era un modo di conoscersi, di familiarizzare, di superare gli steccati. Per esempio, mi è capitato con il prof. Francesco Bruno”.
Torniamo ai consigli a chi sta per iscriversi alla Facoltà.
“Ragionate come se fosse già un lavoro. Architettura è una Facoltà insidiosa, perché c’è il rischio di rimanere intrappolati per anni se non ci si dà un ritmo e non ci si impone scadenze. Ci si adagia, magari si rimanda l’esame e il tempo scorre senza quasi che ve ne accorgiate”.
Quali i punti deboli della Facoltà?
“Gli spazi destinati agli studenti continuano ad essere pochi, insufficienti. Non mi riferisco tanto alle sedie ed ai banchi – ci sono stati miglioramenti da quando mi immatricolai a quando sono andato via – ma alle postazioni per i computer, fondamentali in una Facoltà come questa. Ricordo pile di ciabatte, le prese destinate alle connessioni”.
Solo questo?
“Altro limite è la scarsa preparazione che riceviamo relativamente alle competenze burocratico amministrative che un architetto deve necessariamente possedere. Me ne accorgo ora che sto lavorando: modelli per chiedere autorizzazioni ai Comuni, moduli da inviare alla pubblica amministrazione, certificati. Ecco, su tutto questo non è che la Facoltà dia particolari competenze. Poi c’è la questione dell’autocad”.
Quale?
“Durante i corsi di Disegno non utilizziamo i programmi che sono ormai di uso comune in qualunque studio professionale. Chi vuole, deve frequentarli a parte, pagando”.