Ponete mente ad una scena truculenta: un cadavere riverso a terra in un lavacro di sangue. Come si può risalire all’assassino? Quali sono gli atti da compiere per scovare tracce utili alla ricostruzione della dinamica di un reato? A questi intriganti interrogativi ha provveduto a dare circostanziate risposte la dott.ssa Patrizia Stefanoni, funzionaria del Gabinetto Interregionale di Polizia Scientifica, protagonista di un affollato seminario tenutosi lo scorso 7 marzo presso l’aulario del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche (Distabif) diretto dal prof. Paolo Pedone. Dopo un’avvincente digressione storica sulla Polizia Scientifica – la cui affermazione in Italia si deve al contributo del dott. Salvatore Ottolenghi che, operando nel solco tracciato da Alphonse Bertillon, ideatore del metodo di riconoscimento antropometrico, diede un pronunciato impulso allo sviluppo sistematico degli apprezzamenti dattiloscopici – la dott.ssa Stefanoni ha illustrato gli scopi cui si tende con le attività investigative. “L’analisi dei reperti e delle tracce biologiche inerenti alla scena del crimine, condotta in parallelo rispetto alle investigazioni tradizionali, consente di individuare l’autore del reato e di ricostruire lo svolgimento dei fatti. Bisogna procedere con elevato senso di responsabilità e con circospezione – ha rilevato la biologa – atteso che le risultanze potranno essere di portata dirimente ai fini della maturazione del convincimento giudiziale”. L’analisi di una traccia biologica si sviluppa secondo una sequenza che si articola nei seguenti passaggi: diagnosi tissutale, estrazione, quantificazione, amplificazione ed elettroferogramma. L’esercizio di ogni fase richiede la disponibilità di uno strumentario ben preciso, della cui inadeguatezza in sede di laboratorio non pochi addetti ai lavori si lamentano. “Talora ci si ritrova a non potersi spingere oltre in una ricerca – ha commentato piccata la dott.ssa Stefanoni – per l’incongruità dei macchinari in dotazione”. Sulle tracce ove si sospetta la presenza di fluidi biologici umani si eseguono test immunologici. Successivamente si procede allo svolgimento delle varie fasi analitiche mediante specifici strumenti validati per l’uso forense. Le fonti dei campioni biologici sono molteplici: il sangue, il liquido seminale, la saliva, i capelli, i denti, le ossa ed i tessuti umani. Gli attuali metodi analitici permettono di vivisezionare tracce assai sparute, con consequenziale possibilità di ottenere un profilo genetico con piccolissimi quantitativi di DNA. La biologa, a più riprese, ha ammonito sull’importanza di conservazione dello spazio ove il reato è stato perpetrato: bisogna curare che il luogo del crimine non subisca alterazioni di sorta. Anche quando si ritiene che un dato elemento non abbia una significatività investigativa, è doveroso accertarne l’irrilevanza. L’impiego del Luminol, non di rado, permette di scorgere tracce biologiche su reperti delle cui utilità si dubitava. Anche gli studenti della Vanvitelli, insomma, si sono sentiti per un giorno protagonisti della serie tv CSI Miami. “Magari andasse tutto liscio come nelle serie tv. La realtà esprime una complessità – ha chiosato la dottoressa – che ci costringe ad affinare costantemente le nostre cognizioni. Chi decide di intraprendere questo percorso professionale deve essere sospinto da un’inesauribile passione”.
Giovanni Lanzante
Giovanni Lanzante