Aneddoti tratti dalla sua memoria di studente prima e di docente poi, riflessioni sulle politiche e sulle scelte urbanistiche compiute a Napoli nel Dopoguerra e sul ruolo svolto in queste decisioni dalla Facoltà di Architettura, memorie di amicizie, di scontri e di rivalità nell’ambito accademico. Ancora: percorsi politici – dalla Dc al Pdup, fino ad una breve parentesi con i socialisti – ed esperienze da sindacalista. C’è tutto questo in “Memory cache, urbanistica e potere a Napoli” (edizioni Clean), il libro del prof. Attilio Belli, che ad Architettura della Federico II ha studiato, si è laureato ed ha insegnato. Fino ad essere nominato Professore Emerito l’otto febbraio di un anno fa. Quasi 200 pagine corredate, alla fine, dalle vignette di Paolo Ceccarelli, disegnate durante lo svolgimento di un convegno a Venezia del 2002. “Prendono di mira – scrive Belli sul filo dell’autoironia – la partecipazione dell’autore di questo libro in un giorno di acqua alta, il suo intervento sulla negoziazione nel Piano e la sua passione per la campagna”.
“Ci ho impiegato un anno e mezzo a completare questo lavoro – dice Belli ad Ateneapoli – ma non perché sia in rotta di collisione con la scrittura, tutt’altro. La verità è che avevo completato una prima stesura, le bozze, in pochi mesi, pescando senza risparmio nella gran mole di aneddoti e di episodi, molti dei quali piuttosto divertenti, che hanno accompagnato la mia vita di studente e di docente. Avevo poi sottoposto le bozze ad alcuni cari amici – tra i quali Gianni Cerami, Biagio Cillo e Fabrizio Spirito – che mi hanno invitato a fare di meglio. Mi hanno detto: ‘Attilio, da te non è solo questo che ci si aspetta di leggere’. Come uno studente rimandato alla sessione successiva, perché poco preparato, mi sono rimesso al lavoro ed ho capito che avevano ragione. Alla componente aneddotica, ho aggiunto allora vicende ed episodi che diano conto delle contrapposizioni, delle divisioni, degli scontri che si sono determinati rispetto alle grandi operazioni urbanistiche tra la seconda metà del Novecento e l’inizio del Duemila”. Fratture, quelle relative ai giudizi sulla realizzazione di Monteruscello, sulla ipotesi del Regno del Possibile che avrebbe dovuto sventrare una parte del centro di Napoli, sul Centro Direzionale, sul Piano regolatore, su Bagnoli, su Scampia, che hanno attraversato la Facoltà di Architettura dell’Ateneo federiciano. Docenti si sono ritrovati su fronti contrapposti. Chi coinvolto nella realizzazione di alcuni progetti, chi convinto della necessità di opporsi ad operazioni che considerava dannose per il governo del territorio ed improntate a finalità fortemente speculative. “Nel libro – dice dunque l’autore – do conto anche di questo. Convivono due diversi registri stilistici e di scrittura. Quello direi più frizzante, legato appunto al racconto di episodi universitari, e quello più riflessivo. Il lavoro più difficile, per me, è stato di coordinare questi due aspetti, per restituirli al lettore in un insieme coerente”.
“Ci ho impiegato un anno e mezzo a completare questo lavoro – dice Belli ad Ateneapoli – ma non perché sia in rotta di collisione con la scrittura, tutt’altro. La verità è che avevo completato una prima stesura, le bozze, in pochi mesi, pescando senza risparmio nella gran mole di aneddoti e di episodi, molti dei quali piuttosto divertenti, che hanno accompagnato la mia vita di studente e di docente. Avevo poi sottoposto le bozze ad alcuni cari amici – tra i quali Gianni Cerami, Biagio Cillo e Fabrizio Spirito – che mi hanno invitato a fare di meglio. Mi hanno detto: ‘Attilio, da te non è solo questo che ci si aspetta di leggere’. Come uno studente rimandato alla sessione successiva, perché poco preparato, mi sono rimesso al lavoro ed ho capito che avevano ragione. Alla componente aneddotica, ho aggiunto allora vicende ed episodi che diano conto delle contrapposizioni, delle divisioni, degli scontri che si sono determinati rispetto alle grandi operazioni urbanistiche tra la seconda metà del Novecento e l’inizio del Duemila”. Fratture, quelle relative ai giudizi sulla realizzazione di Monteruscello, sulla ipotesi del Regno del Possibile che avrebbe dovuto sventrare una parte del centro di Napoli, sul Centro Direzionale, sul Piano regolatore, su Bagnoli, su Scampia, che hanno attraversato la Facoltà di Architettura dell’Ateneo federiciano. Docenti si sono ritrovati su fronti contrapposti. Chi coinvolto nella realizzazione di alcuni progetti, chi convinto della necessità di opporsi ad operazioni che considerava dannose per il governo del territorio ed improntate a finalità fortemente speculative. “Nel libro – dice dunque l’autore – do conto anche di questo. Convivono due diversi registri stilistici e di scrittura. Quello direi più frizzante, legato appunto al racconto di episodi universitari, e quello più riflessivo. Il lavoro più difficile, per me, è stato di coordinare questi due aspetti, per restituirli al lettore in un insieme coerente”.
La vita da studente: Analisi Matematica con Andreoli
È una miniera di episodi divertenti e curiosi la memoria del professore Belli. Li racconta con precisione, spesso sul filo dell’ironia e dell’autoironia. Maturità scientifica a Napoli, si immatricola a Genova nel 1956, perché suo padre, ufficiale dei Carabinieri, era stato trasferito in Liguria. All’epoca, nella città della Lanterna non c’è Architettura ed il giovane studente opta per Ingegneria. Studio forsennato, quasi leopardiano. Sveglia alle quattro del mattino, resta sui libri fino all’ora di andare a lezione. Corsi all’università poi, a casa, di nuovo studio, fino a tardi. Primo esame: Geometria analitica, docente Eugenio Togliatti, il fratello di Palmiro. Una battaglia con l’assistente che, prima dell’inizio della prova, sbircia il libretto, constata che Belli viene da Napoli e sussurra al titolare di cattedra: “Professore, è il centocinquantesimo che esaminiamo, sarà il centoventicinquesimo che bocciamo”. L’assistente traccia alla lavagna coniche, quadriche, secanti, tangenti. Belli risponde colpo su colpo alle domande. Vanno avanti così per un’ora. Togliatti alla fine sentenzia, rivolgendosi al so assistente: “Mi dispiace, ma non lo possiamo bocciare. Venti”. Prima di lui, all’esito di una prova incerta, un altro ragazzo ha preso trenta. “Riuscii a lenire il mio orgoglio ferito, la mia indignazione di meridionale maltrattato – racconta l’urbanista – solo quando scoprii che il collega premiato col trenta era il figlio di un importante professore”. Terminato l’anno, Belli rientra a Napoli con la famiglia e lì si iscrive finalmente ad Architettura. “Mi accorsi subito – racconta – che lo studio feroce di Genova mi spalancava un’autostrada per gli esami scientifici”. Analisi matematica con Giulio Andreoli – “un fascistone, masticavano amaro gli studenti quando venivano bocciati” – è un trionfo. “Risolvevo derivate ed integrali al volo, sulla lavagna scrivevo formule a grappoli, mai una incertezza, di errori neanche l’ombra. Alla fine Andreoli brandì il gesso con il quale mi aveva incalzato per mezz’ora, lo scagliò sulla lavagna, il gesso si spezzò, volando via, lui strillò, era un po’ sordo (ed io gli ero risultato gradito anche perché avevo un vocione rimbombante): ‘Vattenne’. Per un attimo ho temuto di essere stato bocciato. Ma subito dopo Andreoli ha proseguito con un liberatorio ‘Vattenne, ne sai cchiù e me: trenta e lode!’”. La laurea, con 110, arriva alla fine del luglio 1964.
Gli esami da docente
Pantaloncini corti e manette
Pantaloncini corti e manette
“Quanti esami”, ricorda Belli. Aggiunge: “Anche negli anni della contestazione studentesca, non ebbero mai incidenti”. Nel libro cita alcuni episodi. “Un giorno – gli esami si svolgevano in una delle grandi aule al secondo piano di Palazzo Gravina – gli studenti si avvicinavano, singolarmente od a piccoli gruppi, a me che stavo seduto dietro uno dei vecchi tavoli da disegno che serviva da cattedra. A un certo punto si presentò una prosperosa ragazza in pantaloncini corti (allora fatto rarissimo). Salì sul tavolone e si sdraiò sorreggendosi la testa con un braccio piegato, nella posa della Paolina Borghese del Canova, solo un po’ più vestita. La studentessa mi sorrise provocatoriamente. Io la guardai. Lei mi guardò. E mi fece: ‘Sono qui’. Io tornai a guardarla e dissi: ‘Senti, io non sono Antonio Canova e tu non sei Paolina Borghese, che vuoi?’. Non sono sicuro che intese la mia ironia, certo è che fu pronta a scendere dal tavolo e ad allontanarsi”. Non meno divertente quanto accade durante un esame di gruppo al quale partecipa, con studenti che avrebbero avuto poi brillanti carriere fuori e dentro l’Ateneo, compreso l’attuale direttore del Dipartimento Mario Losasso, anche Licia Maglietta, non ancora affermatasi come attrice di valore. “Cominciai ad interrogarli – ricorda Belli – sugli argomenti del lavoro di gruppo che avevano svolto. Dopo poco mi accorsi che la ragazza, man mano che l’interrogazione si spostava verso di lei, arretrava di un posto. Quando conclusi il giro, le chiesi: ‘E tu di che cosa ti sei occupata?’. La risposta, tra il candido ed il provocatorio, fu: ‘Io ho battuto a macchina la relazione’. ‘Mi dispiace – replicai io – ma questo non è un esame di dattilografia, è un esame di Urbanistica. Ti consiglio di aprire una vertenza sindacale con i tuoi compagni, che ti hanno sfruttato’”. C’è anche la vicenda dell’esame ad uno studente detenuto a Poggioreale, perché arrestato per associazione sovversiva. “Attesi l’arrivo del furgone penitenziario nel cortile. Lo studente venne fuori con gli schiavettoni ai polsi. La cosa mi turbò molto e chiesi subito, forse anche con un eccesso di aggressività, che lo liberassero. Non avrei mai fatto l’esame ad uno studente incatenato. Fui rapidamente accontentato e l’esame si svolse senza intoppi. A distanza di venti anni, una sera ero andato in pizzeria con mia moglie, quando un tizio suoi quarant’anni, visibilmente emozionato, mi avvicinò e mi disse: ‘Professore, non credo si ricorderà di me, io sono quello studente che stava a Poggioreale e venne a fare l’esame con lei; non mi dimenticherò mai come lei ha chiesto di liberarmi i polsi e come ubbidirono subito’”.
Le grandi scelte urbanistiche
Il rapporto conflittuale con Siola
Il rapporto conflittuale con Siola
Belli richiama, sul filo dei ricordi ed a partire dal coinvolgimento di alcuni docenti della Facoltà, le vicende che hanno caratterizzato, nel bene e nel male, la storia dell’urbanistica a Napoli negli ultimi decenni. Emerge per esempio con grande chiarezza la durissima contrapposizione ad Uberto Siola, all’epoca Preside ad Architettura e molto vicino alla componente migliorista del Pci, in merito alla vicenda dell’edificazione di un nuovo quartiere a Pozzuoli, precisamente a Monteruscello. “La mia – racconta ad Ateneapoli – fu una battaglia condotta con Antonio Iannello, Antonio Cederna, Paolo Ceccarelli, Bruno Gabrielli, Eddy Salzano. Siola era coinvolto in quella operazione, come del resto Agostino Renna, progettista del planivolumetrico”. Il giorno della presentazione del progetto in un albergo di Pozzuoli Belli elude i filtri predisposti per ammettere solo gli invitati ed evitare voci fuori dal coro. “A sostegno dell’iniziativa – scrive – Vincenzo Scotti (all’epoca potentissimo Ministro alla Protezione Civile) aveva costituito anche un ufficio stampa con giornalisti di tutti i quotidiani. Io aggirali l’ostacolo dichiarandomi collaboratore del Manifesto. Allora non c’erano i telefonini e non potevano verificare al volo a Roma. Quando chiesi di intervenire, Siola cercò di bloccarmi e, indicandomi a Scotti, disse: ‘Ministro, si tratta di un professore universitario, ogni tanto scrive sui giornali, può intervenire’. Scotti non capì o non volle capire. E mi diede la parola”. Il rapporto conflittuale tra Belli e Siola ritorna spesso, nella seconda parte del libro, e trae origine da precise e contrapposte scelte di campo. “Eppure – dice ad Ateneapoli il docente – le premesse erano di tutt’altro tipo. Fino al 1981 abbiamo avuto un rapporto di grande solidarietà ed appoggio. Poi le vicende del mondo e le scelte sull’urbanistica ci hanno separato”.
Fabrizio Geremicca
Fabrizio Geremicca