30 gennaio 2015. In quella data si è concluso il count down per i dottorandi federiciani di Biotecnologie industriali. Dopo mesi di lavoro è arrivato il momento di “Bio-Universe”, il convegno incentrato sull’unione tra università e imprese. Un’intera giornata di studio, tenutasi nell’aula Carlo Ciliberto del complesso universitario di Monte Sant’Angelo, ha portato ad un incontro tra i futuri biotecnologi e le realtà professionali del momento. Tante le tematiche affrontate. Dalle problematiche che emergono durante la realizzazione di idee progettuali alle competenze multidisciplinari necessarie per attuare un progetto. Il tutto, provando sempre a sottolineare come lo scambio tra l’università e le aziende abbia consentito l’affermazione commerciale delle idee. Punto di partenza, il confronto con ricercatori di successo. Il programma della prima sessione – tre quelle totali -, incentrata sulla ricerca applicata, prevedeva l’intervento dei professori Marco Salvemini e Vincenza Faraco (Federico II), Chiara Schiraldi (SUN) e del dott. Giuseppe Manco del C.N.R. La mattinata è poi proseguita con la seconda sessione. In questo caso, al centro del dibattito sono stati Spin-off e Start Up. Su questo si è soffermato, tra gli altri, il prof. Roberto Vona, che proprio a Biotecnologie industriali insegna Economia e gestione delle imprese. Rincuorante il messaggio iniziale: “c’è ancora molto spazio per fare impresa partendo dalle biotecnologie”. Il docente, che ha presentato progetti portati avanti dalla Federico II in questi anni, come TechUbe Start N’Up, ha posto l’accento su uno degli ingredienti del successo, l’interazione: “ci vogliono i ricercatori, ma ci vogliono anche i gestori. Per questo fare cultura delle imprese nell’ambito delle lauree tecniche è importante, ma soprattutto è fondamentale trovare degli spazi di relazione con i colleghi che fanno altro, come ingegneri ed economisti”. Fare impresa è l’unico modo per trovare lavoro? No. Questo, almeno, è il parere del professore di Impianti Biotecnologici Antonio Marzocchella, intervenuto nel corso della terza sessione. Il docente ha innanzitutto presentato le varie opportunità che il mondo professionale ha offerto ai neolaureati in questi anni. Dove hanno trovato lavoro i giovani biotecnologi? “In vari settori, dall’alimentare al farmaceutico, fino alla ricerca. Qualcuno dei nostri laureati lavora anche al Ministero della giustizia. La varietà dell’offerta spiega quelle che sono le potenzialità del biotecnologo”. Esempi che hanno portato all’ambiente un’iniezione di fiducia: “le esperienze dei vostri colleghi aprono a strade sempre nuove, perché si capiscono le potenzialità del biotecnologo. La preparazione proposta a Napoli è forte e permette di comprendere il processo che viene presentato in azienda”. Proprio su alcune realtà lavorative sono stati puntati i riflettori durante l’ultima parte della giornata. Il dott. Andrea Ramini ha raccontato ai presenti la storia e le attività di Dompé: “un’azienda nata nel 1880 in un retrobottega. In seguito, è diventata prima una farmacia e, nel 1976, un’azienda farmaceutica. Tre anni fa siamo venuti a Napoli per creare un polo di eccellenza con gli industriali e con gli accademici”. A lui si è rivolto uno studente con una domanda precisa: “data la multidisciplinarietà, può essere il biotecnologo la figura che ricercate?”. Secca la risposta: “assolutamente sì”.
La carriera di “Miss ombretto”, una delle prime laureate a Napoli
La parola è quindi passata a una vecchia conoscenza dell’università, la dottoressa Annalisa Tito. Si tratta di una delle prime laureate in Biotecnologie della Federico II. Attualmente è ricercatrice presso Arterra Bioscience, azienda che dalla California è arrivata anche a Napoli. Dopo la laurea ci sono stati “un Master al Ceinge, uno stage di tre mesi all’Arterra e un Phd all’Università della Basilicata”. Lei, definita dai colleghi “Miss ombretto” per un progetto sui cosmetici, ha rivolto un consiglio ai presenti: “verso questo Corso mi ha spinto l’interesse alla biologia applicata. Il mio suggerimento è quello di svolgere un dottorato in azienda perché quel tipo di lavoro è molto diverso dal fare una tesi all’università”. Si è rivolta ai professori, invece, la dott.ssa Vincenza Di Palma, intervenuta in qualità di membro della STMicroelectronics: “siate più politici, siate più manager. Ben vengano le pubblicazioni, ma a volte rischiano di rimanere nel cassetto”. Parole di incoraggiamento, invece, sono state rivolte ai ragazzi: “fuori c’è un mondo che aspetta voi”. Un mondo fatto di aziende, università e centri di ricerca. Si pone come un raccordo tra queste realtà la Ciao Tech, rappresentata per l’occasione dalla dott.ssa Patrizia Circelli che ha parlato di opportunità pubbliche di finanziamento ponendo l’accento sulla versatilità che viene richiesta a un biotecnologo. Infine, spazio ai vincitori del concorso “Crea la ricerca”. Ad imporsi sono stati gli studenti del Dipartimento di Biologia che hanno presentato il progetto dal titolo “utilizzo di microsfere Carrier, accoppiate a microrganismi cellulosolitici per la biodegradazione del triacetato di cellulosa all’interno dei filtri di sigarette”. Questo l’esito del lavoro di mesi. Un risultato che ha entusiasmato il prof. Giovanni Sannia, colui che ha affidato ai ragazzi il compito di organizzare il convegno: “non posso che fare i complimenti a tutti. La mia intenzione è far sì che questo evento non sia un episodio, ma si possa ripetere ogni due anni”.
Ciro Baldini
Ciro Baldini