Caso Biblioteca Centrale

Dopo lo scoppio del caso Biblioteca e le critiche lanciate, dalla sua direttrice, la dottoressa Silvana Burattini, abbiamo incontrato il Preside Michele Scudiero. Il Preside è apparso un po’ turbato da una vicenda da cui, peraltro, ha voluto subito prendere le distanze. “Dopo l’uscita di quell’articolo – ci dice – la cosa (la questione dello spostamento della dipendente dalla Biblioteca Centrale al Dipartimento di Diritto Costituzionale, che ha dato origine a tutto il bailamme, vedi numero scorso di Ateneapoli n.d.r.) è all’attenzione dell’Ateneo e sarà valutata dai competenti organi accademici. Io, per dire la verità, me ne sto occupando poco anche perché, essendo stato chiamato in causa, non potrei fare altrimenti”. Lei non sa perché la dottoressa Burattini l’ha chiamata in causa? “Ho cercato sempre di favorirla, nel suo lavoro di direzione della Biblioteca. Aveva solo il dovere di far funzionare quel servizio. Poi esiste una Commissione scientifica ad hoc (la Commissione diretta dal professor Sico, ndr) che si occupa dei problemi che lei ha posto. Il direttore di una Biblioteca mi pare che ne faccia parte… Dunque perché tirare in ballo me?”. Cosa risponde all’accusa, ben precisa, che abbia orchestrato lei lo spostamento della dipendente dalla Biblioteca Centrale alla Biblioteca del Dipartimento di Diritto costituzionale? “Che è una fandonia, una affermazione assolutamente destituita di ogni fondamento. Innanzitutto va chiarito che è stata una precisa richiesta della dipendente, quella di essere trasferita ad altro incarico, per motivi personali…”. Ma la Burattini ha detto che lei, prima di Natale, le aveva dato garanzie che la dipendente non sarebbe stata più trasferita e invece… “E’ vero, è andata così, ma anche dopo quell’incontro lei è sempre stata tenuta al corrente sugli sviluppi della questione. Dovrebbe sapere che non sono io a decidere ma il Polo. E poi la richiesta di personale viene avanzata dal Direttore di Dipartimento (che, per Costituzionale, è il prof. Staiano, ndr) quando ha carenza di organico ma, ripeto, è un problema organizzativo dei Dipartimenti. Non vedo cosa c’entro io”. Però è strano pensare ad un attacco improvviso ai suoi danni, senza una vera causa scatenante… “Ho solo il demerito di aver garantito alla dottoressa la possibilità di guidare la Biblioteca nel migliore dei modi. Quando lei mi ha chiesto di operare per il bene di quella struttura, io non mi sono mai tirato indietro. Ormai, comunque, la questione è diventata di competenza di Polo e Ateneo”. Passiamo all’altro punctum dolens, quello dei libri chiesti in prestito dai docenti ma mai restituiti. “Beh, la considero una sorta di autoaccusa da parte della direttrice. È lei che deve contattare i docenti inadempienti, non posso mica andare io, casa per casa, a verificare se qualcuno ha dei libri che appartengono all’Università. Credo che ci siano anche degli strumenti coercitivi per recuperare i beni. Quando ha inviato avvisi su avvisi o ha richiesto con insistenza a questi docenti i volumi, senza ottenere nulla, se sono continuati i rifiuti alla restituzione da parte degli stessi, perché non ha attivato gli strumenti legali del caso?”. Cosa dobbiamo attenderci ora? “Io mi aspetterei solo che funzionasse…”. Ultime domande: quando, oggi, un Dipartimento opera per aprire o riaprire la propria Biblioteca non pensa che, con il prossimo avvento di quella di Polo, vedrà vanificati i suoi sforzi? La Biblioteca di Polo non si pone come obiettivo proprio quello di concentrare tutte le biblioteche ‘periferiche’ in una sola sede? “Io andrei cauto. Quando ci saranno gli spazi adeguati allora, forse, si farà la Biblioteca di Polo. Ma oggi questi spazi dove sono? Se ci si riferisce alla paventata sede di Piazza Bellini (S. Antoniello a Port’Alba), beh, posso rispondere che da studi recenti si è visto che in quell’edificio può entrarci a stento la Biblioteca della Facoltà di Lettere. E il resto dove lo mettiamo? A parte questo, personalmente non ritengo utile che i Dipartimenti vengano spogliati del tutto dei loro patrimoni librari per farli confluire in un’unica sede”.  
 Marco Merola 
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