“Chi corre, chi nuota in piscina, chi pratica atletica, va in palestra, è considerato un untore”

Undici dipendenti su ventotto in cassa integrazione ed un calo dei praticanti rispetto ad un anno fa tra il sessanta ed il settanta per cento. Sono numeri pesanti quelli del Centro Universitario Sportivo (Cus) di Napoli e suscitano molta preoccupazione in una fase nella quale, ancora una volta, lo sport finisce al centro dei riflettori come potenziale veicolo di contagio del coronavirus e si torna a paventare blocchi e chiusure di centri sportivi. “Il crollo di frequentatori che abbiamo subito – sottolinea il dott. Maurizio Pupo, Segretario Generale del Cus Napoli – è il risultato di una campagna di criminalizzazione dello sport che suscita grande preoccupazione. Sotto il profilo economico, per gli operatori del settore, ed ancor più dal punto di vista degli stili di vita. La pratica sportiva è salutare, sviluppa endorfine, migliora l’umore, innalza gli anticorpi. Nei bambini e nei giovani è essenziale, è formazione, è essa stessa cultura. Si cerca di inculcare l’abitudine al movimento ed allo sport nei più piccoli e negli adolescenti affinché diventi parte della loro vita e poi tocca constatare che nella pubblica opinione ormai chi corre, chi nuota in piscina, chi pratica atletica, va in palestra, gioca a calcio o a basket è considerato un untore, un soggetto pericoloso che mette a repentaglio la salute collettiva. C’è da avvilirsi e da restare sbalorditi”. Argomenta: “La pratica sportiva, se svolta nel rispetto dei protocolli sanitari che sono stati predisposti dopo la prima emergenza coronavirus, è sicura. Lo è certamente più che stare in un supermercato o su un mezzo di trasporto. Al Cus abbiamo spazi molto ampi, rigido rispetto delle norme, assoluta attenzione per la sicurezza. Eppure, assistiamo ad un calo molto forte di praticanti e non vorrei che di qui a qualche settimana fossimo di nuovo obbligati a chiudere a causa di nuovi provvedimenti. Certo, se parliamo di situazioni irregolari – la palestra ricavata in un sottoscala, giusto per essere chiari – allora certamente anche la pratica sportiva può diventare veicolo di contagio. Si reprimano e si colpiscano queste situazioni, però, ma non si criminalizzi un intero settore. Noi, ripeto, siamo attentissimi”. Per esempio, gli allenamenti per gli sport di contatto – come sono stati definiti – a cominciare dal calcio “si stanno svolgendo in questa fase con palleggi e preparazione atletica, senza partite e contatto. Ripeto, però, nel clima attuale pare non basti e non sia sufficiente neppure riflettere sulla circostanza che una piscina ben manutenuta, come la nostra, sia un luogo più che sicuro. Mentre parlo con lei, oggi pomeriggio, stanno nuotando non più di sei persone in vasca. Si è sparso il terrore”.
Lo sport non è un lusso ma elemento di benessere
Le conseguenze, ripete Pupo, potranno essere pesanti soprattutto per i più giovani. “Da mesi le occasioni di socialità sono state limitate fortemente in una ottica di prevenzione del contagio. Ciò che è necessario va fatto e ciò che è pericoloso va evitato. Dire, però, che il pericolo sia nella pratica sportiva in sé, anche laddove sia svolta seguendo norme e protocolli di sicurezza, trasmette un messaggio fuorviante ai più piccoli. Si abituano all’idea che lo sport sia dannoso, sia qualcosa che fa male. Rischiamo di tornare indietro di decenni e di vanificare gli sforzi realizzati per abituare anche gli italiani a considerare la pratica sportiva come una routine delle loro settimane, come un’abitudine”. Incalza: “Si generalizza e si spara sullo sport. Quello amatoriale, intendo, che dovrebbe stare a cuore ben più del campionato di serie A. Noi svolgiamo attività giovanile nel primo pomeriggio ed io vedo bambini e ragazzini diligentissimi nell’osservare ogni minima regola, a cominciare dal divieto di accesso dei genitori negli spogliatoi. Appaiono quasi rassegnati”. Ritorna all’aspetto economico: “Una ulteriore chiusura ci costringerebbe a fare altre scelte pesanti. C’è il rischio che altri dipendenti tornino in cassa integrazione e si mantenga solo il personale in manutenzione ordinaria e straordinaria”. Conclude Pupo: “Sia chiaro, non sono tra quelli che sottovalutano il pericolo di questa pandemia o rinunciano a rispettare le regole di prevenzione del contagio. Dico, però, che se questa è la fase nella quale si dovrà convivere con il virus in attesa del vaccino, limitando i danni e cercando nei limiti del possibile di continuare la vita quotidiana, lo sport è una delle attività da non sacrificare. Non è un lusso che ci si concede, è un elemento fondamentale del benessere fisico e psichico di una popolazione”.

Scarica gratis il nuovo numero di Ateneapoli su www.ateneapoli.it

- Advertisement -




Articoli Correlati