Chiude la mensa “Il Pappagallo”

Chiude i battenti la mensa del Parthenope ‘Il Pappagallo’, a seguito della scadenza del contratto – rinnovato per più decenni – e dell’avvio di un’indagine per anomalie che si ripetevano da tempo. È stato lo stesso Presidente dell’Adisu (Azienda per il Diritto allo Studio Universitario), l’avv. Maurizio Zuccaro, a depositare una denuncia presso la Procura della Repubblica. “Abbiamo riscontrato delle irregolarità nel consumo dei pasti – spiega l’avv. Zuccaro – In pratica, la ditta segnalava un numero di pasti maggiore di quelli che venivano consumati, all’interno di una mensa, tra l’altro, poco frequentata dagli studenti”. Un ulteriore sperpero di risorse. “È triste, perché cerchiamo di mettere a disposizione quel poco che abbiamo per gli studenti, per investire su di loro”. Sarà necessario, dunque, pubblicare un altro bando, ma, nel frattempo, per non arrecare ulteriori disagi alla popolazione studentesca del Parthenope, distribuita in varie zone della città, si è pensato di avviare delle convenzioni. “Ad oggi, gli studenti del Centro Direzionale possono recarsi al ristorante ‘Sapori campani’, e richiedere un pasto completo; per la sede di Monte di Dio, zona in cui è difficile trovare un ristorante nelle immediate vicinanze, è stata pensata un’altra soluzione: dal primo gennaio, è adibita una sala al piano A, con tavoli e sedie, dove, ad ora di pranzo, la ditta ‘Sapori campani’ distribuisce ai ragazzi che ne fanno richiesta un cestino con pasto completo, sempre al prezzo di tre euro. Resta scoperta via Acton, per la quale non si trova una soluzione logistica”. 
Soddisfatti 
gli studenti del 
Centro Direzionale
Soddisfatti gli studenti delle Facoltà con sede al Centro Direzionale. “Per me che arrivo da Salerno è una comodità e si mangia anche abbastanza bene – afferma Mariagrazia Vastola, studentessa di Biologia – Con tre euro, ho un pasto completo di primo, secondo e frutta, e coloro che usufruiscono della borsa di studio pranzano gratis. Solo la frutta, a volte, lascia un po’ a desiderare”. Andrea, laureando in Ingegneria, pur essendo di Napoli, frequenta la mensa “per praticità”. “Di solito mi anticipo e vado per le 13, in modo da trovare posto. È economica e si mangia abbastanza bene”. Della stessa opinione Alessia, iscritta al terzo anno di Scienze biologiche: “Vengo da S. Anastasia e, spesso, resto tutto il giorno in Facoltà. Devo dire che mi trovo benissimo, il cibo è di buona qualità e, poi, è diventato un punto d’incontro. Al termine delle lezioni, ci ritroviamo tutti là, consumiamo un pasto insieme, chiacchieriamo prima di rimetterci a studiare”. E c’è anche qualcuno che, attento all’ambiente, ha cambiato un po’ le abitudini della mensa. “Mangiando insieme agli altri, mi sono accorta che il novanta per cento degli studenti non utilizza il cucchiaio di plastica che ci viene fornito in un incarto monouso, insieme a coltello e forchetta, e che, alla fine del pasto, ne vengono buttati tanti con un grande danno per l’ambiente, tenuto anche conto che sono di plastica non riciclabile – spiega Adele, napoletana, al terzo anno di Scienze biologiche – ho parlato con i proprietari della ditta di ristorazione e siamo arrivati ad una soluzione: ad oggi, ci forniscono un incarto con due posate. Ovviamente, chi avesse bisogno di un cucchiaio può richiederlo”. Secondo Francesco Peluso, rappresentante UDU (Unione degli Universitari) e studente di Scienze Nautiche, “il servizio è sicuramente migliore rispetto a quello di scadente qualità de Il Pappagallo”. La difficoltà sta nella completa assenza del servizio nelle ore serali, a discapito, in particolare, dei fuori-sede. “Una mensa adeguata dovrebbe poter garantire pasti diurni e serali, anche nei giorni festivi – continua Francesco – Fino allo scorso anno, la convenzione col Pappagallo ci permetteva di ricevere un pranzo a sacco contenente un panino caldo ed uno freddo, oltre all’acqua e ad un frutto, che potevano anche considerarsi come l’adempimento del servizio per pranzo e cena. Ora la qualità è sicuramente migliore, ma la cena non è assicurata!”.
Aiuto dai privati per 
aprire la residenza
Intanto, sembra si sia giunti ad una decisione rispetto all’apertura della residenza universitaria, con 180 posti letto, sita presso l’ex Manifattura Tabacchi. “La ditta che ha perso la gara d’appalto per l’arredo e la gestione della residenza ha presentato ricorso al TAR, ma stiamo andando avanti e conto di risolvere tutto entro un paio di mesi”, dice Zuccaro. Il vero problema restano gli elevati costi annui della struttura: “Solo per tenerla aperta, ci costa circa 600mila euro l’anno. Oltretutto, presupposto che l’Ateneo conta una ventina di fuori-sede beneficiari, ci stiamo impegnando nella ricerca di convenzioni con associazioni studentesche terze che ci garantirebbero la copertura dei posti letto e, di conseguenza, l’apertura della residenza stessa con fondi di privati. Una di queste è l’Onaosi (Opera Nazionale Assistenza Orfani Medici Sanitari Italiani) che assicura la copertura di almeno un centinaio di posti”. 
Negli uffici amministrativi, dove oramai è rimasto un unico dipendente – “ne dovrebbero essere quindici, ma effettivamente, ce n’è uno” –, si pensa di rinfoltire il personale con le collaborazioni part-time degli studenti. “È già stato pubblicato il bando sul sito dell’Adisu, www.adisuparthenope.org – conclude Zuccaro – Selezioneremo diciotto studenti, che, suddivisi in piccoli gruppi, ruoteranno ogni due mesi. Faranno esperienza, avranno un riscontro economico e sopperiranno ad esigenze fondamentali dell’ufficio”.
Maddalena Esposito
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