Clinical rotation: l’ok degli studenti, ma sarebbe meglio poter scegliere il reparto

Clinical rotation. Un progetto sul quale ha puntato molto il Corso di Laurea in Medicina per provare a colmare il gap, spesso lamentato dagli studenti, tra la Medicina osservata sui libri e quella vissuta in prima persona, con la pratica e il profumo della corsia. Tanti i ragazzi che hanno preso parte all’esperienza, frequentando i reparti del Policlinico. Pro: l’aver conosciuto per la prima volta i professionisti all’opera. Contro: non poter scegliere quale reparto frequentare, gruppi troppo numerosi, esperienza breve. Ne hanno parlato studenti del quarto anno che hanno svolto la Clinical rotation per due settimane nel corso del primo semestre. Laura spiega: “siamo stati divisi in diversi gruppi e ognuno aveva a disposizione soltanto due settimane di tirocinio. È stato questo l’aspetto negativo. Il professore al quale sono stata affidata avrebbe voluto insegnarci di più, ma col tempo a disposizione era complicato”. Altro aspetto sottolineato da Francesca: “l’assegnazione al reparto è stata una scelta casuale. Sarebbe stato preferibile svolgere un tirocinio attinente alle materie affrontate durante il semestre”. Poter scegliere il percorso da seguire sarebbe il miglioramento ideale pure secondo Gianluca: “sono stato fortunato perché mi hanno assegnato a Chirurgia generale e mi è piaciuto. L’aspetto negativo di una clinical rotation organizzata in questo modo: è difficile comprendere quale possa essere la strada giusta per il futuro. Come posso capire se mi piace dermatologia se non ci sono mai andato? Naturalmente mi rendo conto che è difficile migliorare sotto questo aspetto perché siamo in tanti”. Ha frequentato il reparto di Endocrinologia Gilda: “mi è andata bene perché era un reparto che desideravo conoscere e frequentare. È il mio sogno per la Specialistica. Ho vissuto quindici giorni molto intensi durante i quali il professore ci ha mostrato il ruolo e le attività dell’endocrinologo, approfondendo quanto affrontato a lezione. Mi si sono chiarita molto le idee”. E se la dea bendata l’avesse indirizzata altrove? “Se avessi avuto una preferenza diversa avremmo potuto chiedere un cambio. Io, ad esempio, l’ho fatto per poter conciliare meglio l’esperienza con impegni già presi. È vero che ci sono imposte assegnazioni ai reparti, ma non c’è rigidità”. Meno soddisfatta di Endocrinologia una sua collega: “è stato bello all’inizio, poi è risultato un po’ ripetitivo. Avrei preferito frequentare un po’ tutti i reparti per farmi un’idea di quale può piacermi di più”. Pollice alzato per Emanuela che ha vissuto quindici giorni “a Chirurgia plastica. Mi è andata benissimo perché il prof era ben organizzato e ci ha fatto girare tra sala operatoria e reparto. Ho visto veramente tanto”. Cambiato l’approccio allo studio: “durante lo studio adesso mi accorgo che alcuni aspetti sono molto più chiari”. Non mancano sorprese, come sottolineato da un’altra studentessa: “sui libri si affrontano spesso malattie rare. In corsia ci si rende conto che così rare non sono e i casi di pazienti che ne soffrono non mancano. L’ho trovato un reparto molto dinamico. Si affrontano problematiche tra loro molto diverse anche nella stessa mattinata”. Decisamente in direzione opposta rispetto ai colleghi il commento di Matteo: “è stata un’attività inutile. Sono stato a Gastroenterologia. C’erano pochi pazienti rispetto al numero di studenti. Siamo in troppi e si finisce solo per creare stress a chi sta lì per un problema di salute. Qualcuno più fortunato ha assistito a una gastroscopia. Altri, come me, invece, non hanno potuto acquisire nulla di nuovo. Dopo una decina di giorni ho smesso di frequentare. Chi vuole fare pratica, a mio avviso, si deve organizzare in autonomia”.
Ciro Baldini
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