Docenti di due Atenei impegnati in una ricerca su Palazzo Donn’Anna

Federico II e Suor Orsola Benincasa insieme per una diagnosi accurata su Palazzo Donn’Anna, l’edificio in tufo che affaccia sul mare di Posillipo e che fu costruito nel 1642 su commissione della nobildonna Anna Carafa, consorte del vicerè, ad opera di Cosimo Fanzago. I professori Massimiliano Campi ed Antonella Di Luggo, docenti ad Architettura dell’Ateneo federiciano, e Leopoldo Repola, che insegna al Suor Orsola Benincasa, stanno infatti realizzando una ricerca sullo storico palazzo. Rilievi approfonditi ed immagini estremamente dettagliate, come prima mai era accaduto, con il sostegno tecnologico della Microgeo, che ha messo a disposizione un laser scanner a tempo di volo, strumento di estrema precisione, tra i più innovativi per le ricerche ed i progetti di studio che riguardano i beni culturali ed il patrimonio monumentale. “Lo studio è in corso – racconta la prof.ssa Di Luggo – e ci aspettiamo che dall’indagine emergano elementi significativi per comprendere sempre più a fondo le caratteristiche di Palazzo Donn’Anna e per valutare con sempre maggiore precisione quale sia lo stato di salute dell’edificio e quali interventi siano necessari per garantirne la conservazione”. L’indagine continuerà nel corso dell’anno e prevede anche una rilevazione nel dettaglio delle grotte che sono alla base di Palazzo Donn’Anna. Alla fine dell’Ottocento lì c’era il Regio Arsenale della Marina e lì fu conservata la lancia reale di Umberto I di Savoia che era stata varata nel 1889. 
Il progetto in tandem tra l’Università Federico II ed il Suor Orsola su Palazzo Donn’Anna è uno dei moltissimi esempi di utilizzo di strumenti innovativi e nuove tecnologie allo studio ed al monitoraggio dei beni culturali. Proprio come nella medicina, infatti, la diagnostica si è sempre più affinata ed oggi consente di fotografare nel dettaglio ed in maniera incruenta i particolari del corpo umano, così tra gli studiosi dei beni culturali laser, software per incrociare i dati ed altri strumenti offrono ormai informazioni estremamente dettagliate. Una prospettiva inimmaginabile fino a pochi anni fa, che ha letteralmente rivoluzionato questo settore di studio ma che, avverte il prof. Repola, non mette certamente in ombra il ruolo dell’elemento umano, degli studiosi. “Tengo sempre a ricordare – sottolinea – che non esiste dato che parli da solo. Le informazioni che gli studiosi dei beni culturali acquisiscono richiedono sempre di essere interpretate e per farlo in maniera corretta resta indispensabile la cultura, intesa come studio e conoscenza. La tecnica aiuta, è un sostegno formidabile, ma non è mai autosufficiente”.
Proprio il ruolo delle moderne tecnologie digitali nella valorizzazione dei beni culturali è stato al centro del convegno che si è svolto il 22 marzo al Suor Orsola Benincasa e che è stato organizzato in collaborazione con tre Dipartimenti dell’Università Federico II (Architettura; Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse e Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura) e con il patrocinio del Cluster nazionale per i beni culturali Tiche. 
Una giornata importante, nel corso della quale studiosi e ricercatori hanno raccontato le proprie esperienze. Prima dell’avvio del tavolo di discussione è stato ricordato l’archeologo Sebastiano Tusa, già assessore ai beni culturali della Regione Sicilia e docente di Paletnologia all’Università Suor Orsola Benincasa, scomparso il 10 marzo scorso nella tragedia del Boeing 737 Max dell’Ethiopian Airlines che da Addis Abeba avrebbe dovuto portarlo a Nairobi per un progetto dell’Unesco. Massimiliano Marazzi, fondatore del Centro Euromediterraneo per i Beni Culturali dell’Università Suor Orsola Benincasa, ha annunciato importanti iniziative dedicate a preservare la memoria degli studi di Tusa nel settore dell’archeologia del mare. Una di esse – come ha anticipato durante il convegno il Rettore del Suor Orsola Lucio d’Alessandro – sarà l’intitolazione al docente scomparso del Museo Civico di Procida, che è stato realizzato alcuni anni fa dal Suor Orsola e dalla Federico II in collaborazione con il Comune procidano. Scelta tutt’altro che casuale, quella di Procida. Era il 1975, infatti, quando Tusa, Marazzi ed altri ricercatori avviarono i primi interventi a Vivara per scoprire i resti dell’antico insediamento miceneo.
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