‘Salviamo il nostro futuro’: lo slogan adottato dagli studenti di Giurisprudenza, per gridare il proprio dissenso nei confronti della riforma forense. La versione approvata alla Camera dei Deputati ha apportato alcune modifiche importanti al testo. Innovazioni che si ripercuoteranno duramente sulla carriera dei futuri principi del Foro. “L’idea di dar vita ad una raccolta firme – spiega Isabella Esposito, rappresentante degli studenti (Associazione studentigiurisprudenza.it) – è partita dalla necessità di dover tutelare il nostro futuro. La riforma ha punti controversi e incoerenti sui quali bisogna attirare l’attenzione”. La mobilitazione è avvenuta in massa. Le associazioni studentesche, indipendentemente dal colore politico, hanno manifestato accanto ai rappresentanti, pronti a far sentire la propria voce. “Ci siamo divisi i compiti – continua Isabella – C’è chi prende contatti politici, chi si impegna nella raccolta firme, chi trova agganci nelle altre Università. Insomma, siamo davvero un bel gruppo”. Un lavoro di squadra che nei primi giorni ha portato circa 2000 studenti (la petizione si può firmare on-line o al piano terra di Porta di Massa) a dire no al nuovo testo.
Avvocati solo
con la Scuola
con la Scuola
“La riforma vuole rendere obbligatorio il percorso di formazione post-laurea – spiega la studentessa – Ogni studente, una volta laureato, dovrebbe frequentare la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali. Un percorso di 24 mesi, a pagamento. Non tutti potranno permetterselo. È questo il filtro che si vuole usare dopo la laurea? Chi non può ‘pagare’ non potrà più diventare avvocato? La selezione dovrebbe, a questo punto, avvenire in entrata e non in uscita. Quella del post- laurea dovrebbe essere una selezione per meriti e non una discriminazione per reddito”. Inoltre, “i 18 mesi di tirocinio previsti passano a 24 e si ritarda ancora l’ingresso nel mondo del lavoro”. La riforma contiene, in effetti, un refuso. Perché, pur indicando un periodo di 18 mesi per il tirocinio, impone l’obbligo di 24 mesi per la Scuola di specializzazione. “Una contraddizione palese e ingiustificata”. In questo lasso di tempo, il tirocinante avrà diritto ‘obbligatoriamente’ ad un rimborso spese. “Con un calcolo approssimativo, dalla laurea all’esame di abilitazione per l’avvocatura, trascorrerà un periodo non inferiore ai 3 anni. I rimborsi percepiti dai tirocinanti basteranno solo a pagare la rata della Scuola di specializzazione. Per il resto, a 30 anni, si rischia di non avere nemmeno quel minimo d’indipendenza tanto ambito”.
Esame: prova
scritta una
sola volta l’anno
scritta una
sola volta l’anno
Linea dura anche per lo svolgimento dell’esame di abilitazione. La prova scritta non potrà più essere svolta con accanto codici commentati. Inoltre, vengono rese obbligatorie per l’esame orale, il diritto civile e penale, sia sostanziale che processuale. “Una vergogna – dice la studentessa – I codici commentati sono indispensabili per la riuscita della prova. L’esame orale, poi, diventa ancora più ostico. Hanno creato dei filtri per arrestare le nostre carriere”. Altra modifica: l’esame potrà essere svolto una sola volta nello stesso anno. In precedenza, in attesa di conoscere l’esito della prova (occorre quasi un anno per la correzione) in vista dell’orale, i candidati potevano ripresentarsi allo scritto, pur non conoscendo il risultato dell’esame precedente. Secondo l’attuale sistema, invece, lo scritto si può riprovare solo dopo aver appreso l’esito della prima prova. Così facendo, fra uno scritto e l’altro intercorrono ben due anni. “Non si può obbligare una persona ad attendere – dichiara Michele Vitiello, rappresentante degli studenti di Università degli Studenti, gruppo Studenti per le Libertà – Almeno stabiliscano un tempo per la correzione, in modo che lo scritto si possa riprovare quante più volte è possibile. Quest’anno solo il 20% dei candidati ha superato la prova. Di questo passo il numero è destinato drasticamente a diminuire”. A questo va ad aggiungersi: la possibilità della presenza di un tariffario stabilito in ordine alle cause “limitando in questo modo la libera concorrenza” e l’iscrizione alla Cassa forense “limitando l’autonomia dell’ordine e dei suoi componenti”. La riforma così composta dovrà essere ripresentata per una terza lettura al Senato. “Stiamo formulando un documento per chiedere spiegazioni sulle modifiche, sulle contraddizioni presenti nel testo. La lettera partita dalla Federico II raggiungerà le altre Facoltà giuridiche italiane. Il Senato – conclude Vitiello – dovrà ascoltarci, non si può sminuire il lavoro di chi studia per tanti anni. Ci batteremo affinché vengano adottati emendamenti che favoriscano l’accesso alle professioni”.
Susy Lubrano
Susy Lubrano