“L’obiettivo di questa giornata è aprire una riflessione su un dubbio che ci attanaglia da un po’ di tempo: l’utilità dei test d’ingresso”: il prof. Luigi Verolino, direttore del Sof-Tel Federico II, sintetizza da buon ingegnere l’idea che ha mosso l’organizzazione della ‘Mattinata di Studi su Esami di Stato e Test Universitari’, svoltasi il 10 dicembre presso la Facoltà di Giurisprudenza.
L’argomento sembra essere stato di grande interesse, soprattutto per il mondo della scuola che si è presentato numeroso all’appello: in sala non solo molti insegnanti, ma addirittura studenti medi attenti ad ascoltare gli interventi degli esponenti del mondo accademico e del Ministero dell’Istruzione ed Università (Miur).
“Bisogna innanzitutto sottolineare che ci sono varie tipologie di test – ricorda il prof. Luciano De Menna, direttore scientifico Sof-Tel – Una prima distinzione è tra quelli di selezione e quelli orientanti”. Ovvero tra quelli di Medicina, che limitano l’accesso alle immatricolazioni, e quelli di Giurisprudenza che hanno una funzione autovalutativa. “I test di orientamento – aggiunge De Menna – hanno lo scopo di ridurre il numero di abbandoni ed i tempi di permanenza nelle Facoltà per evitare inutili frustrazioni e sprechi di risorse. Il condizionamento che muove i test selettivi è subordinato, invece, alla quantità di risorse disponibili, alla richiesta sociale e a spinte corporativiste”.
Dal dibattito emerge una valutazione dei test orientanti non negativa in assoluto, ma che pone critiche severe sulle modalità di svolgimento e sulla tempistica. “Perché un ragazzo che ha preso il massimo dei voti alla maturità, magari con un 14 allo scritto di matematica, deve rifare la prova dopo trenta giorni? Cosa dovrebbe essere cambiato nella sua preparazione? – si domanda Verolino – La legge ci impone i test d’ingresso, ma noi spendiamo circa 30 mila euro solo per quelli di Ingegneria: soldi che potrebbero essere usati per pagare lo stipendio per un anno ad un ricercatore”. Allora perché non prendere in considerazione la carriera scolastica come parametro di riferimento? “I test rischiano di essere troppo nozionistici in alcuni casi, ma funzionano e sono testimoniate le correlazioni tra risultati alle prove e carriera scolastica. Al contrario, quest’ultima non sempre può essere presa come riferimento per la difformità di valutazione sul territorio nazionale”, spiega De Menna.
La scarsa correlazione tra carriera scolastica e profitto negli studi viene dimostrata anche dai grafici presentati dal Preside di Ingegneria Piero Salatino. “Nella nostra Facoltà – ricorda però Salatino – cerchiamo di pervenire ad un indice attitudinale che risulti dalla media tra voto del test e voto dell’Esame di Stato”.
Dall’Ufficio Scolastico Regionale, l’ing. Pietro Esposito guarda ancora più lontano avvertendo che “quello dell’orientamento è un problema che non si può risolvere all’ultimo momento. Da quest’anno inizieremo con le prove anche sul secondo e terzo anno delle superiori. Quando andremo a regime, potremo sfruttare l’idea di utilizzare la terza prova della Maturità per la valutazione universitaria”. Lavorare in stretta sinergia con le scuole sembra essere un obiettivo condiviso. Il Preside di Giurisprudenza Lucio De Giovanni ricorda come la Facoltà abbia visitato “negli ultimi due anni 120 scuole per illustrare il piano di studi e il nostro progetto culturale”. Un’accusa arriva da Luciano Favini, coordinatore della struttura tecnica Esami di Stato Miur, il quale evidenzia: “già con la Legge Fioroni veniva introdotta la valorizzazione degli esami di Stato per l’accesso all’Università, ma il decreto specifico non fu mai applicato per volontà del mondo accademico”.
Se i test rischiano di essere troppo nozionistici da un lato, dall’altro sembrano essere carenti la capacità di valutazione e i programmi scolastici, “problema che va risolto – suggerisce Emilio Ambrisi, ispettore tecnico del Miur – su due livelli di responsabilità: definire i programmi è un compito che spetta alla scuola, dietro le indicazioni del Ministero, ma agli Atenei sta il dovere di suggerire alcune delle tappe da inserire nell’itinerario della formazione”.
Alcune idee di ‘primo contatto’ sono nate proprio durante la giornata, come ad esempio le lezioni universitarie tipo che il prof. Verolino invita a registrare per consentire ai docenti delle scuole medie di poterle proiettare in aula e discuterle con gli studenti. Ancora, grazie ad un accordo tra il Sof-Tel e il Liceo Piero Calamandrei, da febbraio, partirà un corso di logica in cinque lezioni curato da Edises rivolto alla scuola, “perché è proprio sulla logica che cade la maggior parte degli studenti, in particolare degli istituti tecnici”, sottolinea il prof. Ferdinando Casolaro, dell’Università del Sannio. Presentato anche il nuovo sito web www.orientamento.unina.it, “che si vuole proporre come vero e proprio magazine dell’orientamento, con obiettivi più chiari e un dialogo maggiore con le scuole”, sottolinea il prof. Verolino.
Valentina Orellana
L’argomento sembra essere stato di grande interesse, soprattutto per il mondo della scuola che si è presentato numeroso all’appello: in sala non solo molti insegnanti, ma addirittura studenti medi attenti ad ascoltare gli interventi degli esponenti del mondo accademico e del Ministero dell’Istruzione ed Università (Miur).
“Bisogna innanzitutto sottolineare che ci sono varie tipologie di test – ricorda il prof. Luciano De Menna, direttore scientifico Sof-Tel – Una prima distinzione è tra quelli di selezione e quelli orientanti”. Ovvero tra quelli di Medicina, che limitano l’accesso alle immatricolazioni, e quelli di Giurisprudenza che hanno una funzione autovalutativa. “I test di orientamento – aggiunge De Menna – hanno lo scopo di ridurre il numero di abbandoni ed i tempi di permanenza nelle Facoltà per evitare inutili frustrazioni e sprechi di risorse. Il condizionamento che muove i test selettivi è subordinato, invece, alla quantità di risorse disponibili, alla richiesta sociale e a spinte corporativiste”.
Dal dibattito emerge una valutazione dei test orientanti non negativa in assoluto, ma che pone critiche severe sulle modalità di svolgimento e sulla tempistica. “Perché un ragazzo che ha preso il massimo dei voti alla maturità, magari con un 14 allo scritto di matematica, deve rifare la prova dopo trenta giorni? Cosa dovrebbe essere cambiato nella sua preparazione? – si domanda Verolino – La legge ci impone i test d’ingresso, ma noi spendiamo circa 30 mila euro solo per quelli di Ingegneria: soldi che potrebbero essere usati per pagare lo stipendio per un anno ad un ricercatore”. Allora perché non prendere in considerazione la carriera scolastica come parametro di riferimento? “I test rischiano di essere troppo nozionistici in alcuni casi, ma funzionano e sono testimoniate le correlazioni tra risultati alle prove e carriera scolastica. Al contrario, quest’ultima non sempre può essere presa come riferimento per la difformità di valutazione sul territorio nazionale”, spiega De Menna.
La scarsa correlazione tra carriera scolastica e profitto negli studi viene dimostrata anche dai grafici presentati dal Preside di Ingegneria Piero Salatino. “Nella nostra Facoltà – ricorda però Salatino – cerchiamo di pervenire ad un indice attitudinale che risulti dalla media tra voto del test e voto dell’Esame di Stato”.
Dall’Ufficio Scolastico Regionale, l’ing. Pietro Esposito guarda ancora più lontano avvertendo che “quello dell’orientamento è un problema che non si può risolvere all’ultimo momento. Da quest’anno inizieremo con le prove anche sul secondo e terzo anno delle superiori. Quando andremo a regime, potremo sfruttare l’idea di utilizzare la terza prova della Maturità per la valutazione universitaria”. Lavorare in stretta sinergia con le scuole sembra essere un obiettivo condiviso. Il Preside di Giurisprudenza Lucio De Giovanni ricorda come la Facoltà abbia visitato “negli ultimi due anni 120 scuole per illustrare il piano di studi e il nostro progetto culturale”. Un’accusa arriva da Luciano Favini, coordinatore della struttura tecnica Esami di Stato Miur, il quale evidenzia: “già con la Legge Fioroni veniva introdotta la valorizzazione degli esami di Stato per l’accesso all’Università, ma il decreto specifico non fu mai applicato per volontà del mondo accademico”.
Se i test rischiano di essere troppo nozionistici da un lato, dall’altro sembrano essere carenti la capacità di valutazione e i programmi scolastici, “problema che va risolto – suggerisce Emilio Ambrisi, ispettore tecnico del Miur – su due livelli di responsabilità: definire i programmi è un compito che spetta alla scuola, dietro le indicazioni del Ministero, ma agli Atenei sta il dovere di suggerire alcune delle tappe da inserire nell’itinerario della formazione”.
Alcune idee di ‘primo contatto’ sono nate proprio durante la giornata, come ad esempio le lezioni universitarie tipo che il prof. Verolino invita a registrare per consentire ai docenti delle scuole medie di poterle proiettare in aula e discuterle con gli studenti. Ancora, grazie ad un accordo tra il Sof-Tel e il Liceo Piero Calamandrei, da febbraio, partirà un corso di logica in cinque lezioni curato da Edises rivolto alla scuola, “perché è proprio sulla logica che cade la maggior parte degli studenti, in particolare degli istituti tecnici”, sottolinea il prof. Ferdinando Casolaro, dell’Università del Sannio. Presentato anche il nuovo sito web www.orientamento.unina.it, “che si vuole proporre come vero e proprio magazine dell’orientamento, con obiettivi più chiari e un dialogo maggiore con le scuole”, sottolinea il prof. Verolino.
Valentina Orellana