“Gli ingegneri non vivono, funzionano!”. Recita così un vecchio adagio, diffuso fra gli studenti ed i laureati in Ingegneria. È anche il titolo di uno spassoso libro umoristico, scritto da Federico Bellucci e pubblicato nel 2010 dalla Fazi Editore. Romano, laureato presso La Sapienza in Ingegneria Elettronica, ha voluto raccontare, in maniera dissacratoria, le disavventure di un ingegnere dall’infanzia alle prime esperienze lavorative e con il libro successivo, ‘Gli ingegneri non procreano, ma costruiscono!’, la sua vita familiare e i piccoli vezzi privati. “Ho voluto esplorare il lato comico di una professione che all’esterno appare sempre molto seriosa”, spiega Bellucci. Molti associano gli ingegneri a robot che, all’occorrenza, intervengono nel momento del bisogno. Secondo l’autore, vero tratto distintivo della categoria è la mania di spiegare, con dovizia di particolari, tutti i fenomeni collegati ad episodi della vita quotidiana, per esempio un incidente stradale, catalogandoli secondo un certo ordine. “E se la realtà risulta essere un’altra, è lei che sbaglia!”, dice ironicamente. Sono fondamentalmente tre i motivi per i quali una persona decide di intraprendere questi studi: inclinazione, darsi l’aria di fare qualcosa d’importante, seguire il flusso del momento per restare accanto ad amici e fidanzati. Solo i primi arrivano fino in fondo. “Serve tanta passione per andare avanti. Ho frequentato l’università agli inizi degli anni ’90, in un momento di transizione in cui non si era ancora diffusa l’informatica di largo consumo, i personal computer costavano molto e i cellulari erano in fase sperimentale. Si trattava, se vogliamo, ancora di ‘macchine volanti’. Me ne innamorai subito ed il mio profilo si è evoluto da elettrico ad elettronico ed, infine, in informatico”. Fra le situazioni più divertenti da raccontare ci sono, ovviamente, quelle d’esame: “all’esame di Fisica mi fu chiesto di studiare la traiettoria di una palla di neve, ma si tratta di episodi. La maggior parte dei professori è molto disponibile verso gli studenti”.
A chi, se non ad un ingegnere con il dono della scrittura, chiedere dei consigli per affrontare le materie cruciali, a cominciare da Analisi? “Gli studi scientifici richiedono umiltà, soprattutto rispetto alla preparazione precedente, perché i primi a cadere sono i ragazzi che vengono dal Liceo Scientifico, che non affrontano la materia con la giusta apertura mentale, senza guardarsi intorno, trasformando la realtà in formule. Come il nome stesso suggerisce, la disciplina prevede di analizzare le situazioni in dettaglio, ma è sbagliato partire con l’idea che sia impossibile da superare. Come in prima elementare, si parte dalle quattro operazioni”. Lo spartiacque più importante è Scienza delle Costruzioni, a detto dello scrittore, ‘esame fondamentale per professori ed una certa categoria di studenti, orrido mattonazzo per tutti quelli che hanno una vita’. Insegna a costruire tenendo conto non solo dei legami e dei vincoli fisici, ma approfondendo le correlazioni tra le parti anche a livello antropologico perché le strutture condizionano il comportamento umano. Declinato in maniera diversa a seconda dei settori, è affetto da alcune patologie trasversali a tutti: le lacrime dello studente all’esame, la vetustà del docente di riferimento che tiene lo stesso corso da anni, la mancanza di un testo unico di riferimento. “Il materiale disponibile è enorme. Forse, in tempi in cui dilaga l’informatica, anche troppo. È utile cercare di capire quello che vuole il professore. In generale, in tutto il percorso di studi, per qualunque dubbio, la cosa migliore è rivolgersi agli insegnanti”. Al termine di tanta sofferenza, quando si conquista l’agognato pezzo di carta, si entra a far parte di una delle categorie più invidiate. “Quando completi gli studi, pensi di avere il mondo ai tuoi piedi. La realtà è che i laureati in Ingegneria, soprattutto all’inizio e in questo momento in cui manca un regolare turn-over generazionale, sono sottoinquadrati e sottopagati. A suo tempo, sono capitato in un momento di boom dell’informatica, poi la bolla è scoppiata e le certezze sono svanite. È un po’ diverso dove il management ha meno di sessant’anni, o nella libera professione, ma in Italia non ci sono molte grandi realtà. E l’estero non è per tutti”. Anche gli ingegneri sono precari, come il nostro autore che, dopo anni di attività in azienda, oggi lavora presso un ente di ricerca del Ministero del Lavoro. Nonostante tutto, continua ad essere uno dei titoli di studio più richiesti. “Gli ingegneri acquistano la visione d’insieme necessaria a prevedere problemi e necessità, anche in termini finanziari e di controllo di gestione. Una specie di avvocato del Diavolo, che preannuncia il peggiore dei mondi possibili per alzare la parcella”, scherza Bellucci parlando dell’antipatia che spesso un ingegnere suscita nel direttore generale ed in quello amministrativo. Come vivere al meglio il percorso universitario? In primo luogo affrontando lo studio in compagnia: “da soli non sappiamo valutarci, capire a quale livello di preparazione siamo arrivati e trovare un nostro metodo”. Infine, cercando di trovare spazio per se stessi: “si tratta di un grande investimento, che richiede molta dedizione, ma bisogna sapersi destreggiare, trovando anche spazio per divertirsi. Senza valvole di sfogo, si finisce con l’odiare quello che si fa. Alla fine, non ci si ricorda tanto degli esami, quanto del tempo trascorso con i colleghi e le esperienze vissute insieme”.
Simona Pasquale
A chi, se non ad un ingegnere con il dono della scrittura, chiedere dei consigli per affrontare le materie cruciali, a cominciare da Analisi? “Gli studi scientifici richiedono umiltà, soprattutto rispetto alla preparazione precedente, perché i primi a cadere sono i ragazzi che vengono dal Liceo Scientifico, che non affrontano la materia con la giusta apertura mentale, senza guardarsi intorno, trasformando la realtà in formule. Come il nome stesso suggerisce, la disciplina prevede di analizzare le situazioni in dettaglio, ma è sbagliato partire con l’idea che sia impossibile da superare. Come in prima elementare, si parte dalle quattro operazioni”. Lo spartiacque più importante è Scienza delle Costruzioni, a detto dello scrittore, ‘esame fondamentale per professori ed una certa categoria di studenti, orrido mattonazzo per tutti quelli che hanno una vita’. Insegna a costruire tenendo conto non solo dei legami e dei vincoli fisici, ma approfondendo le correlazioni tra le parti anche a livello antropologico perché le strutture condizionano il comportamento umano. Declinato in maniera diversa a seconda dei settori, è affetto da alcune patologie trasversali a tutti: le lacrime dello studente all’esame, la vetustà del docente di riferimento che tiene lo stesso corso da anni, la mancanza di un testo unico di riferimento. “Il materiale disponibile è enorme. Forse, in tempi in cui dilaga l’informatica, anche troppo. È utile cercare di capire quello che vuole il professore. In generale, in tutto il percorso di studi, per qualunque dubbio, la cosa migliore è rivolgersi agli insegnanti”. Al termine di tanta sofferenza, quando si conquista l’agognato pezzo di carta, si entra a far parte di una delle categorie più invidiate. “Quando completi gli studi, pensi di avere il mondo ai tuoi piedi. La realtà è che i laureati in Ingegneria, soprattutto all’inizio e in questo momento in cui manca un regolare turn-over generazionale, sono sottoinquadrati e sottopagati. A suo tempo, sono capitato in un momento di boom dell’informatica, poi la bolla è scoppiata e le certezze sono svanite. È un po’ diverso dove il management ha meno di sessant’anni, o nella libera professione, ma in Italia non ci sono molte grandi realtà. E l’estero non è per tutti”. Anche gli ingegneri sono precari, come il nostro autore che, dopo anni di attività in azienda, oggi lavora presso un ente di ricerca del Ministero del Lavoro. Nonostante tutto, continua ad essere uno dei titoli di studio più richiesti. “Gli ingegneri acquistano la visione d’insieme necessaria a prevedere problemi e necessità, anche in termini finanziari e di controllo di gestione. Una specie di avvocato del Diavolo, che preannuncia il peggiore dei mondi possibili per alzare la parcella”, scherza Bellucci parlando dell’antipatia che spesso un ingegnere suscita nel direttore generale ed in quello amministrativo. Come vivere al meglio il percorso universitario? In primo luogo affrontando lo studio in compagnia: “da soli non sappiamo valutarci, capire a quale livello di preparazione siamo arrivati e trovare un nostro metodo”. Infine, cercando di trovare spazio per se stessi: “si tratta di un grande investimento, che richiede molta dedizione, ma bisogna sapersi destreggiare, trovando anche spazio per divertirsi. Senza valvole di sfogo, si finisce con l’odiare quello che si fa. Alla fine, non ci si ricorda tanto degli esami, quanto del tempo trascorso con i colleghi e le esperienze vissute insieme”.
Simona Pasquale