Si chiama Structural and Geotechnical Engineering ed è il titolo del percorso formativo biennale (Laurea Specialistica) che la Facoltà di Ingegneria del Parthenope ha istituito in collaborazione con il New York Polytechnic University. Una grande opportunità per i laureati triennali più volenterosi e preparati i quali studiano a Napoli, per il primo anno, e a New York al secondo anno. Gianluca Nestovito a fine maggio ha concluso il suo percorso di studio statunitense. Al suo rientro in Italia, avrà un bagaglio di esperienze e conoscenze molto più ricco di quello di un anno fa. “Mi sono lanciato in questa avventura senza sapere bene le difficoltà che avrei dovuto affrontare – ammette Gianluca, 23enne di S. Giorgio a Cremano, laureato alla Triennale in Ingegneria civile e ambientale con il massimo dei voti – Mi affascinava il fatto di poter studiare a New York. Ho voluto provarci anche se, fin dall’inizio, l’ho presa molto seriamente, impegnandomi al massimo”. Durante il primo anno della Specialistica, oltre ai corsi di Ingegneria tenuti in lingua inglese, è necessario seguirne uno di inglese al fine di prepararsi all’esame per il conseguimento della certificazione TOEFL. “Ero in Facoltà tutti i giorni, non potevo permettermi di perdere una lezione in lingua – racconta Gianluca – i professori avevano proiettato i corsi in relazione alla nostra partenza e si esprimevano esclusivamente in inglese. Di pomeriggio, studiavo la lingua presso un istituto privato e, per accelerare i tempi, seguivo il mio insegnante madrelingua anche il sabato e la domenica quando teneva le lezioni presso la base Nato di Gricignano di Aversa”. La selezione è rigida. Partono solo coloro che superano tutti e sei gli esami del primo anno con una media superiore al 28 e ottengono la certificazione TOEFL. “Non è assolutamente semplice, ma la vera batosta arriva a New York”, avverte Gianluca, il quale, come gli altri studenti, ha potuto usufruire di una borsa di studio della Regione Campania di 12mila euro (vitto e alloggio erano a carico dei ragazzi). “Sono partito insieme ad altri tre studenti del Parthenope, con i quali divido l’appartamento, ma devo ammettere che l’inizio è stato davvero tragico”. “Appena arrivati, – racconta – ci siamo resi conto di essere stati imbrogliati riguardo la casa, ci siamo ritrovati a dormire in un sottoscala con diverse altre persone… e pensare che, dopo due giorni, avrei dovuto sostenere l’ennesimo esame di Inglese!”. Prima dell’inizio delle lezioni, infatti, è prevista un’ulteriore prova in lingua: “Difficilissima. Bisogna rispondere a circa cinquanta domande in quindici minuti. Non ce l’ho fatta e sono stato obbligato a seguire un corso di inglese”. Il primo semestre si è rivelato abbastanza duro, ma Gianluca non si è scoraggiato. “Ogni mattina, seguivo il corso di Inglese, mentre di pomeriggio ero alle lezioni di Ingegneria, visto che, a fine semestre, dovevo sostenere tre esami. Mi sono impegnato molto e ho superato con successo tutte le prove”. Il metodo di insegnamento e di studio statunitense differisce molto da quello italiano ed è molto complicato entrare nel meccanismo. “Seguire le lezioni è fondamentale – dice Gianluca – i docenti assegnano un homework (progetto) ogni settimana che, diverse volte, mi è capitato di dover presentare in aula a studenti di ogni nazionalità. Ci sono, poi, le prove intercorso e l’esame finale scritto. Il colloquio orale, come in Italia, non esiste. C’è da dire che gli esami finali sono programmati tutti nella stessa settimana, quindi ciò che più conta è l’organizzazione e la costanza. Perdere più di una lezione significa pregiudicare la riuscita dell’esame, e non superarlo vuol dire riiscriversi per la seconda volta al medesimo semestre”. Tanto studio in visione di una buona futura occupazione. “Tutto è improntato a inserirsi presto nel mondo del lavoro, anzi l’Università è vista come un canale preferenziale. Basti pensare che, ogni settimana, vengono organizzati corsi gratuiti di preparazione ai colloqui di lavoro o sulle modalità di redazione del proprio curriculum vitae”. L’impegno e la volontà di Gianluca l’hanno aiutato ad entrare ed integrarsi nel gruppo di ingegneri che lavora al progetto del nuovo World Trade Center. “Sono andato più volte in cantiere e ho partecipato ai meeting di programmazione dei lavori, oltre ad essere diventato membro dell’ASCE (American Society of Civil Engineers). E’ stata una grande opportunità che, nel tempo, mi ha fatto crescere, acquisendo una maggiore autostima e consapevolezza delle mie potenzialità”. A qualche giorno dalla cerimonia di laurea (il 24 maggio), Gianluca pensa al suo ritorno in Italia. “Ho imparato tanto ma c’è ancora altro da fare. Però mi mancano tante cose dell’Italia: in primis la famiglia, le amicizie, e poi il cibo, le tradizioni, lo stile di vita. Spero, a breve, di svolgere la libera professione nel mio Paese”.
Maddalena Esposito
Maddalena Esposito