Giurisprudenza tra internazionalizzazione e attualità, le idee del prof. Lucarelli

Internazionalizzazione, con scambi in uscita, ma anche in entrata; tutela della antica e gloriosa tradizione degli studi giuridici ma con l’apertura a metodi innovativi; analisi delle carriere dei laureati e serrato confronto con il mondo del lavoro: la direzione verso cui dovrebbe tendere il Dipartimento di Giurisprudenza federiciano nel prossimo futuro secondo il prof. Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto Costituzionale. 
Quali sono oggi i punti di forza del Dipartimento?
“È molto apprezzata la nostra capacità di continuare a studiare il diritto con delle radici molto profonde. Per me, però, è importante che ci si apra  all’economia, al territorio, al sociale e ai processi di globalizzazione. Questo si può fare solo intessendo rapporti intensi di internazionalizzazione”. 
In che modo?
“L’accordo una tantum non basta. È necessario un processo sistematico di co-formazione, che coinvolga studenti, dottorandi e docenti su progetti che abbiano una certa continuità e che favoriscano gli scambi. Bisogna abbandonare l’idea di convenzioni internazionali random che vengono finanziate dall’Ateneo e mettere a sistema questi rapporti, affinché  costituiscano la base per uno scambio continuativo e per ipotesi di placement e, quindi, possibilità di trovare occupazione anche prima di laurearsi ai ragazzi che fanno esperienze all’estero”. 
Rapporti di scambio solo con Atenei stranieri?
“No. L’internazionalizzazione non deve essere legata solo ai rapporti tra Università, ma anche tra Università e imprese, multinazionali e istituzioni europee. Sono una possibilità per i docenti di aprire nuove piste di ricerca, che significa di riflesso migliore qualità della didattica. L’outgoing è importante, ma lo è pure l’incoming, cioè essere appetibili per gli studenti stranieri. Stiamo raggiungendo dei risultati in uscita, ma dobbiamo lavorare moltissimo nell’altro senso”.
Cosa può essere d’aiuto?
“Intanto più corsi di inglese e, nello stesso tempo, la caratterizzazione degli studi giuridici con una proiezione in avanti, ma con un forte radicamento nella tradizione”.
E nel lungo periodo?
“Bisogna costituire una rete permanente con Ordini professionali, Unione Industriali e Camera di Commercio per attività di placement. Inoltre, con una commissione mista, composta anche da docenti, serve monitorare l’attività dei laureati per almeno cinque anni. Questo ci permetterà di lavorare con dati statistici”.
A proposito di laureati, cosa può aiutare a incrementare le prospettive occupazionali?
“Master internazionali a doppio titolo, che vengono valutati molto anche in sede Anvur. La mia idea, che ha portato all’istituzione di un Master a doppio titolo con l’Università di Grenoble, primo nella storia del Dipartimento, è di formare delle professionalità nuove come, ad esempio, il giurista dei beni culturali, figlio di un intreccio tra Università, Regione, enti locali e realtà territorali come Pompei ed Ercolano. In quest’ottica sono molto importanti i tirocini. Va creata una solida rete di rapporti con imprese, studi professionali, multinazionali, istituzioni. Il placement è importante non solo in uscita, ma anche in itinere”. 
Si parla sempre più spesso di Terza missione dell’Università. Qual è la sua idea in merito?
“Deve essere un collegamento tra università, territorio e grosse realtà imprenditoriali che dia la possibilità al corpo docente di fornire degli studi a queste società, in termini di risorse, e nello stesso tempo coinvolga anche i giovani. Vanno notevolmente incrementati gli accordi con GESAC, EAV, ABC, Museo Archeologico Nazionale, istituzioni locali”. 
Ha parlato di professioni e ruoli nuovi. In cosa dovrebbe cambiare la didattica per stare al passo con i tempi?
“Uso del linguaggio e delle tecnologie, interazione forte tra docente e discente, risoluzione di casi pratici, queste devono essere, secondo me, le modalità di insegnamento. Oggi non è più sostenibile lo studio della materia sui manuali. Per Diritto Costituzionale, per esempio, bisogna partire da temi attuali, come riforma del sistema elettorale, jobs act, manovra di bilancio, per capire che la materia è un grande insieme dei fatti, con risoluzione anche di casi pratici. Sto cercando di spingere molto sui ‘role playing’, nuovi metodi didattici in cui si attribuiscono ruoli da protagonisti anche agli studenti. Il centro di tutte queste attività è lo studente, resta lo studente e sarà lo studente, in nome di una migliore didattica che passa attraverso una migliore ricerca”. 
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