Tre giorni di festa (il 7, l’8 e 9 maggio) per il ventesimo compleanno del Progetto Erasmus con convegni, proiezioni a tema, visite alla città, musica. Un’occasione presa al volo dai tanti ragazzi di tutta Europa che, in questo periodo, si trovano a Napoli per svolgere parte del loro percorso di studi accademico. Tra i vari momenti dell’iniziativa promossa dal Ceicc (Centro Europeo per l’Informazione, la Cultura e la Cittadinanza) del Comune di Napoli, l’Assessorato regionale all’Università, i cinque Atenei partenopei, il Conservatorio, l’Accademia di Belle Arti ed altre istituzioni, la proiezione all’Astra del film “Bambole russe” il 7 maggio. In questa occasione, incontriamo la prof.ssa Laura Fucci, delegata Erasmus e docente di Biologia molecolare presso la Facoltà di Scienze dell’Ateneo Federico II. La professoressa, molto attenta alle esigenze dei ragazzi stranieri, chiede loro le motivazioni che li hanno spinti ad intraprendere questa avventura. “Conoscere altra gente – rispondono in tanti – e riuscire ad inserirsi in un altro sistema accademico”.
Secondo la professoressa, “c’è una grossa implicazione professionale, di cui è importante tenere conto. A mio avviso l’Erasmus non è utile solo per imparare la lingua perché, per lo studio di un’altra lingua, è sufficiente una full immersion della durata di un mese nel Paese desiderato. Un curriculum vitae dove è menzionata l’esperienza Erasmus, ha una valenza maggiore rispetto a quello di un altro giovane che ha svolto l’intero percorso accademico nel proprio Paese”. In effetti, nessuno dei ragazzi presenti ha scelto questa esperienza solo per lo studio della lingua italiana. “Purtroppo non sono ancora certa dell’abbattimento delle barriere tra i Paesi dell’Unione Europea, tutt’oggi i titoli di laurea non sono riconosciuti a livello europeo, è proprio a questo che dobbiamo mirare. Poi, dovremmo cominciare a pensare che il proprio sistema didattico non è il migliore in assoluto… il grande vantaggio dell’Erasmus è la possibilità di confronto e miglioramento che ne scaturisce, solo la conoscenza permette di criticare”. Riguardo la durata di questa esperienza-percorso formativo: “personalmente, sono dell’idea che quattro o cinque mesi siano troppo pochi. Se fosse possibile, bisognerebbe chiedere il prolungamento ad un anno. Purtroppo, il prolungamento è difficile a causa di problemi didattici, l’applicazione del ‘3+2’ ha provocato uno sconquasso nelle nostre Facoltà. Si verifica sempre il problema dei crediti riconosciuti… ma almeno oggi in tutti i Paesi dell’Unione Europea si parla di ‘crediti’”.
Vediamo cosa pensano gli studenti Erasmus che hanno partecipato al ventennale. In linea di massima, nessuno è rimasto deluso. Non c’è però nessuno che spieghi loro il sistema universitario, gli esami, i vari curricula. “In Germania c’è un ente, costituito dagli stessi studenti universitari, che si occupa dell’accoglienza degli Erasmus – ci dice Christophe Stolz, studente ventiquattrenne di Storia dell’arte, tedesco di Marburg, ora all’Orientale – E’ sicuramente un aiuto importante, anche perché si crea un rapporto diverso se sono i ragazzi a spiegarti tutto, e non un tutor-docente. All’Orientale, per introdurmi nella vita universitaria e cominciare a capire il meccanismo, dovevo sempre chiedere in giro. Per il resto, mi sono trovato abbastanza bene, vivo con altri italiani e a Napoli sono tutti molto ospitali”. Christophe sembra proprio essersi ambientato bene, dice di avere molti amici italiani, non è sicuramente tra quelli che vivono solo il mondo Erasmus. La Fucci è completamente d’accordo con Christophe: “stiamo pensando a quello che viene definito ‘progetto Tandem’. Esempio: uno studente spagnolo verrà affiancato da un italiano che ha fatto l’Erasmus in Spagna”. Robin Martino, vent’anni, proviene dall’Università ‘Pierre Mondes’ di Grenoble, condivide l’appartamento con due studenti campani: uno di Ischia e l’altro di Sapri. “Spesso – aggiunge la Fucci – anche se si cambia Paese, si vive nel mondo Erasmus, nel senso che si hanno conoscenze e contatti solo con gli altri ragazzi Erasmus, si scelgono coinquilini della stessa nazionalità. Non è il modo giusto di affrontare questa esperienza. E’ bene inserirsi nella società, magari già dall’inizio facendo la scelta di vivere con altri italiani o comunque frequentandone all’Università”. “Sono al terzo anno di Sociologia, – dice Robin – mi trovo bene e penso che questa esperienza mi sarà molto utile, un domani, per entrare nel mondo del lavoro. Ed è grazie agli studi napoletani che ho individuato quale sarà il soggetto del mio lavoro di tesi. Questa tre giorni di festa è una gran bella iniziativa, dovrebbero organizzare più eventi del genere. Secondo me, per esempio, andrebbe istituita una riunione l’anno per la comunità Erasmus”. Entusiasta anche Miriam Bastisch, ventiquattrenne tedesca, di Düsseldorf: “Studio anche io Sociologia, darei un otto pieno alla facoltà che mi ospita”. “Appena arrivata, ho avuto un po’ di problemi a trovare un appartamento. Mi sono rivolta all’agenzia ‘Performance’ ma mi hanno risposto che non lavorano per gli studenti della Seconda Università, non mi è sembrato giusto”, dice Veronica Luzòn, proveniente dall’Universidad de Linares, Granada, ora ospite ad Ingegneria della Sun.
Ricordiamo che grazie al nuovo programma Long Life Learning (LLP), si può essere Erasmus più di una volta. Prima come studente, e poi come tirocinanti presso imprese, centri di ricerca e formazione.
Maddalena Esposito
Secondo la professoressa, “c’è una grossa implicazione professionale, di cui è importante tenere conto. A mio avviso l’Erasmus non è utile solo per imparare la lingua perché, per lo studio di un’altra lingua, è sufficiente una full immersion della durata di un mese nel Paese desiderato. Un curriculum vitae dove è menzionata l’esperienza Erasmus, ha una valenza maggiore rispetto a quello di un altro giovane che ha svolto l’intero percorso accademico nel proprio Paese”. In effetti, nessuno dei ragazzi presenti ha scelto questa esperienza solo per lo studio della lingua italiana. “Purtroppo non sono ancora certa dell’abbattimento delle barriere tra i Paesi dell’Unione Europea, tutt’oggi i titoli di laurea non sono riconosciuti a livello europeo, è proprio a questo che dobbiamo mirare. Poi, dovremmo cominciare a pensare che il proprio sistema didattico non è il migliore in assoluto… il grande vantaggio dell’Erasmus è la possibilità di confronto e miglioramento che ne scaturisce, solo la conoscenza permette di criticare”. Riguardo la durata di questa esperienza-percorso formativo: “personalmente, sono dell’idea che quattro o cinque mesi siano troppo pochi. Se fosse possibile, bisognerebbe chiedere il prolungamento ad un anno. Purtroppo, il prolungamento è difficile a causa di problemi didattici, l’applicazione del ‘3+2’ ha provocato uno sconquasso nelle nostre Facoltà. Si verifica sempre il problema dei crediti riconosciuti… ma almeno oggi in tutti i Paesi dell’Unione Europea si parla di ‘crediti’”.
Vediamo cosa pensano gli studenti Erasmus che hanno partecipato al ventennale. In linea di massima, nessuno è rimasto deluso. Non c’è però nessuno che spieghi loro il sistema universitario, gli esami, i vari curricula. “In Germania c’è un ente, costituito dagli stessi studenti universitari, che si occupa dell’accoglienza degli Erasmus – ci dice Christophe Stolz, studente ventiquattrenne di Storia dell’arte, tedesco di Marburg, ora all’Orientale – E’ sicuramente un aiuto importante, anche perché si crea un rapporto diverso se sono i ragazzi a spiegarti tutto, e non un tutor-docente. All’Orientale, per introdurmi nella vita universitaria e cominciare a capire il meccanismo, dovevo sempre chiedere in giro. Per il resto, mi sono trovato abbastanza bene, vivo con altri italiani e a Napoli sono tutti molto ospitali”. Christophe sembra proprio essersi ambientato bene, dice di avere molti amici italiani, non è sicuramente tra quelli che vivono solo il mondo Erasmus. La Fucci è completamente d’accordo con Christophe: “stiamo pensando a quello che viene definito ‘progetto Tandem’. Esempio: uno studente spagnolo verrà affiancato da un italiano che ha fatto l’Erasmus in Spagna”. Robin Martino, vent’anni, proviene dall’Università ‘Pierre Mondes’ di Grenoble, condivide l’appartamento con due studenti campani: uno di Ischia e l’altro di Sapri. “Spesso – aggiunge la Fucci – anche se si cambia Paese, si vive nel mondo Erasmus, nel senso che si hanno conoscenze e contatti solo con gli altri ragazzi Erasmus, si scelgono coinquilini della stessa nazionalità. Non è il modo giusto di affrontare questa esperienza. E’ bene inserirsi nella società, magari già dall’inizio facendo la scelta di vivere con altri italiani o comunque frequentandone all’Università”. “Sono al terzo anno di Sociologia, – dice Robin – mi trovo bene e penso che questa esperienza mi sarà molto utile, un domani, per entrare nel mondo del lavoro. Ed è grazie agli studi napoletani che ho individuato quale sarà il soggetto del mio lavoro di tesi. Questa tre giorni di festa è una gran bella iniziativa, dovrebbero organizzare più eventi del genere. Secondo me, per esempio, andrebbe istituita una riunione l’anno per la comunità Erasmus”. Entusiasta anche Miriam Bastisch, ventiquattrenne tedesca, di Düsseldorf: “Studio anche io Sociologia, darei un otto pieno alla facoltà che mi ospita”. “Appena arrivata, ho avuto un po’ di problemi a trovare un appartamento. Mi sono rivolta all’agenzia ‘Performance’ ma mi hanno risposto che non lavorano per gli studenti della Seconda Università, non mi è sembrato giusto”, dice Veronica Luzòn, proveniente dall’Universidad de Linares, Granada, ora ospite ad Ingegneria della Sun.
Ricordiamo che grazie al nuovo programma Long Life Learning (LLP), si può essere Erasmus più di una volta. Prima come studente, e poi come tirocinanti presso imprese, centri di ricerca e formazione.
Maddalena Esposito