Alla Federico II insegna da circa 35 anni, prima ancora è stato docente a Roma ed a Palermo. Ha compiuto da poco 75 anni e dal prossimo 31 ottobre andrà in pensione. Il 15 giugno la sua Facoltà gli dedica una mostra, nella sede storica di Palazzo Gravina. Salvatore Bisogni, napoletano, docente di Composizione Architettonica, è uno dei protagonisti dell’architettura degli ultimi decenni. Ha collaborato a progetti importanti – anche discussi – (per esempio lo Zen di Palermo) ed ha formato migliaia di allievi.
“Mi sono laureato nella metà degli anni Sessanta a Napoli – racconta- Ho avuto l’opportunità e la fortuna di seguire le lezioni di maestri, personaggi che hanno fatto la storia di questa disciplina: Marcello Canino, Carlo Cocchia, Giulio De Luca, per citarne solo alcuni. Era un’università indubbiamente diversa da quella attuale. Non c’era ancora l’accesso di massa e la facoltà di caratterizzava soprattutto per un rapporto direi quasi da padre a figlio che si stabiliva tra i docenti e noi allievi. Lo dico senza rimpianti, era semplicemente un altro periodo storico. Dopo la laurea a Napoli, mi sono trasferito a Roma, dove ho fatto per tre anni l’assistente. Collaboravo col professore Ludovico Quaroni, un altro dei grandi dell’architettura italiana. Di lui ricordo anche che, pur essendo sostanzialmente un accademico, teneva in grandissima considerazione il rapporto con gli studenti.”. Nella Capitale incontra, da giovane docente, i venti del Sessantotto. “Ricordo bene quel giorno degli scontri tra polizia e studenti a Valle Giulia e ricordo quel clima che si respirava in facoltà, dove istanze sacrosante si mescolavano a fughe in avanti, ingenuità. Capitò naturalmente pure a me di subire qualche contestazione. Un giovane rampollo di una ricca famiglia romana un pomeriggio mi impedì di entrare all’università, definendomi servo dei padroni”.
Da Roma, prima di approdare alla Facoltà di Architettura di Napoli, Bisogni si trasferisce temporaneamente all’Università di Palermo. “Un bel periodo, per me, ed una bella città. Lo ricordo con grande piacere”.
A Napoli, ha avuto 4 Presidi: uno da studente e 3 da docente. “Quando ancora non mi ero laureato, il preside di Architettura era un docente di Scienze delle Costruzioni, il professore Franco Iossa. Aveva buone capacità di governo, ma forse a quell’epoca era meno difficile gestire una facoltà. I numeri erano diversi, non capitava una riforma ogni tre anni. Poi ci sono i presidi che hanno retto la Facoltà nel periodo in cui ho insegnato: Uberto Siola, Arcangelo Cesarano ed ora Benedetto Gravagnuolo. Siola ha cercato di fare, Gravagnuolo oscilla tra l’essere progettista e storico. Su Cesarano, il giudizio unanime è che non abbia operato male”.
Il 15 giugno sarà forse un po’ emozionato, per la mostra che gli dedica Architettura. “Mi piacerebbe passasse anche qualche mio vecchio studente. Ne ho avuti tanti e con tutti credo di avere stabilito un buon rapporto. Ancora oggi, se mi incontrano in strada, vengono a salutarmi con calore e con affetto. Per uno che ha dedicato tutta la vita all’insegnamento, oltre che alla ricerca, direi che è un bel riconoscimento”.
Fabrizio Geremicca
“Mi sono laureato nella metà degli anni Sessanta a Napoli – racconta- Ho avuto l’opportunità e la fortuna di seguire le lezioni di maestri, personaggi che hanno fatto la storia di questa disciplina: Marcello Canino, Carlo Cocchia, Giulio De Luca, per citarne solo alcuni. Era un’università indubbiamente diversa da quella attuale. Non c’era ancora l’accesso di massa e la facoltà di caratterizzava soprattutto per un rapporto direi quasi da padre a figlio che si stabiliva tra i docenti e noi allievi. Lo dico senza rimpianti, era semplicemente un altro periodo storico. Dopo la laurea a Napoli, mi sono trasferito a Roma, dove ho fatto per tre anni l’assistente. Collaboravo col professore Ludovico Quaroni, un altro dei grandi dell’architettura italiana. Di lui ricordo anche che, pur essendo sostanzialmente un accademico, teneva in grandissima considerazione il rapporto con gli studenti.”. Nella Capitale incontra, da giovane docente, i venti del Sessantotto. “Ricordo bene quel giorno degli scontri tra polizia e studenti a Valle Giulia e ricordo quel clima che si respirava in facoltà, dove istanze sacrosante si mescolavano a fughe in avanti, ingenuità. Capitò naturalmente pure a me di subire qualche contestazione. Un giovane rampollo di una ricca famiglia romana un pomeriggio mi impedì di entrare all’università, definendomi servo dei padroni”.
Da Roma, prima di approdare alla Facoltà di Architettura di Napoli, Bisogni si trasferisce temporaneamente all’Università di Palermo. “Un bel periodo, per me, ed una bella città. Lo ricordo con grande piacere”.
A Napoli, ha avuto 4 Presidi: uno da studente e 3 da docente. “Quando ancora non mi ero laureato, il preside di Architettura era un docente di Scienze delle Costruzioni, il professore Franco Iossa. Aveva buone capacità di governo, ma forse a quell’epoca era meno difficile gestire una facoltà. I numeri erano diversi, non capitava una riforma ogni tre anni. Poi ci sono i presidi che hanno retto la Facoltà nel periodo in cui ho insegnato: Uberto Siola, Arcangelo Cesarano ed ora Benedetto Gravagnuolo. Siola ha cercato di fare, Gravagnuolo oscilla tra l’essere progettista e storico. Su Cesarano, il giudizio unanime è che non abbia operato male”.
Il 15 giugno sarà forse un po’ emozionato, per la mostra che gli dedica Architettura. “Mi piacerebbe passasse anche qualche mio vecchio studente. Ne ho avuti tanti e con tutti credo di avere stabilito un buon rapporto. Ancora oggi, se mi incontrano in strada, vengono a salutarmi con calore e con affetto. Per uno che ha dedicato tutta la vita all’insegnamento, oltre che alla ricerca, direi che è un bel riconoscimento”.
Fabrizio Geremicca