Il legame tra Napoli e il mare nelle foto di 112 studenti iscritti a Scienze e Tecniche Psicologiche

‘La psicologia di comunità guarda il mare e la città’: è il nome del concorso fotografico indetto dal Community Psychology Lab dell’Università federiciana nell’ambito dell’evento “Porto Aperto 2019”. L’iniziativa, organizzata dalla prof.ssa Caterina Arcidiacono, ha visto la partecipazione di 112 studenti iscritti al secondo anno di Scienze e Tecniche Psicologiche. Qual è il nesso profondo tra la psicologia dell’individuo e i luoghi? Tra i due poli è racchiuso il campo della Psicologia di comunità, il cui obiettivo è “promuovere il benessere delle persone che interagiscono all’interno di determinati contesti socioculturali e organizzativi”, spiega la docente. Da qui l’idea di coinvolgere gli studenti lo scorso 19 maggio in una giornata trascorsa al Molo San Vincenzo nell’area del Porto di Napoli. “Un bene che deve essere restituito alla città e valorizzato in un’ottica di impegno comunitario per creare momenti di coesione sociale e incidere sulla riqualificazione del territorio”. Ed è sulla base di questo sforzo comune che gli studenti più motivati hanno preso parte al progetto, “dimostrando così una sensibilità per i temi dell’ambiente e il senso d’attaccamento al proprio Ateneo”. In particolare, “abbiamo chiesto loro di presentarsi di domenica mattina presso la zona porto e scattare durante il giro in battello qualche foto che esprimesse il legame tra Napoli e il mare, scegliendo come titolo una poesia o una frase rappresentativa”. Un’attività di terza missione che ha incontrato sin da subito l’entusiasmo dei partecipanti, accompagnati nel tour da Stefania Carnevale, dottoranda in Mind, Gender and Languages, insieme a due tirocinanti del Dipartimento, Barbara Agueli e Giovanna Celardo. “Si sono presentati più studenti del previsto – per giunta in un giorno festivo, sottolinea ancora la prof.ssa Arcidiacono – accolti per l’occasione da Pietro Spirito, Presidente dell’Autorità Portuale, e dal referente per la Città metropolitana di Napoli, il dott. Umberto Masucci, che li ha guidati in una visita del porto e delle sue infrastrutture. Alcuni, per esempio, non c’erano mai stati o l’avevano visto solo dalle isole”. In pochi sapevano, ad esempio, che il Molo si chiamasse così perché “era un tempo proprietà di monaci vincenziani eremiti, oggi inglobata nella struttura portuale”. Le fotografie selezionate raccontano attraverso luci, colori e inquadrature diverse il punto di vista con cui ciascuno guarda alla città. “Dinanzi a uno scatto si prospettano infinite possibilità espressive. Ogni foto custodisce un’anima, immortala un solo momento ed è in quel fermo immagine che bisogna rintracciare una narrazione, esplorare altri temi, collegarli alle nostre vite nel tentativo di educare gli altri e trasmettere emozioni”. Attraverso le foto, inoltre, “gli studenti acquisiscono un metodo per lavorare con le persone e nei luoghi, fare delle interviste, raccogliere dati ed elementi di una vicenda, realizzare analisi quantitative e qualitative: tutto ciò che rientra nei compiti di uno psicologo di comunità”. Senza tenere conto che anche dal punto di vista tecnico “non è semplice progettare una bella foto, immaginare il montaggio, adoperare la tecnica corretta per assicurare una qualità dell’immagine. Rientrerà, perciò, tra i loro compiti d’esame”. Il progetto, inoltre, dà l’idea di “un’Università attiva, dinamica e friendly che si muove negli spazi e anche sui mezzi informatici. Proprio su Facebook abbiamo una pagina dedicata al corso, sulla quale sono state caricate in un primo momento le foto dagli studenti”, e in seguito assemblate in un’unica presentazione inviata ai nove giurati. Si è svolta, infatti, lunedì 3 giugno la votazione da parte della giuria (composta, tra l’altro dai professori Alessandro Castagnaro e Fortuna Procentese). “Avevamo cinque voti a disposizione ed è stato molto interessante avviare un dibattito per giudicare le singole fotografie. Per esempio, abbiamo ragionato sulla presenza ricorrente del gabbiano, un simbolo di libertà, o del battello, che richiama alla mente moltissime storie e leggende della città napoletana”, racconta la prof.ssa Arcidiacono. Una di queste: “l’usanza di lanciare il gomitolo dal molo alla balaustra della nave, dove un filo rappresenta l’ultimo legame con la terra”. Ma anche l’immagine stessa del Porto, “inteso come porto di viaggio e luogo di migrazione”. In attesa della cerimonia di premiazione, che si svolgerà tra giugno e luglio, sarà realizzato un dossier fotografico, vi è un altro progetto in corso “che si terrà il 14 e il 15 giugno, nel corso della manifestazione ‘È festa a Capuana’. Ci siamo inventati per l’evento che ‘baciarsi a Porta Capuana porta bene!’ e speriamo che siano in tanti a venirci a trovare”, conclude la dott.ssa Carnevale.
Sabrina Sabatino
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