Il racconto di chi ha scelto mete alternative alla Spagna

Destinazioni Erasmus alternative alla Spagna (la più richiesta in assoluto) hanno innumerevoli possibilità da offrire riguardo le opportunità lavorative e l’arricchimento culturale. A testimonianza, raccontano le loro esperienze tre studentesse di Corsi di Laurea differenti del Suor Orsola. “Ho scelto l’Inghilterra per la lingua e la cultura – afferma convinta Grazia Di Leo, al quinto anno di Giurisprudenza, che si è trattenuta tre mesi (da settembre a dicembre) a Derby, una piccola cittadina universitaria a due ore da Londra – Inoltre sono un’amante dei paesaggi e lì ce ne sono di bellissimi”. Grazia è andata in Erasmus in periodo di tesi, si rammarica infatti di non essersi trattenuta oltre: “Avrei potuto chiedere di prolungare l’esperienza, come hanno fatto mie colleghe, ma essendo in procinto di laurearmi non l’ho ritenuto opportuno. Questo per dire che per me è stato entusiasmante e ho stretto forti rapporti che posso mantenere grazie ai social network”. Non si riesce ad acquisire una vera apertura mentale, se prima non si conoscono realtà diverse dalla nostra: “a Derby ho conosciuto ragazzi statunitensi, brasiliani e provenienti un po’ da tutto il mondo. Così impari ad apprezzare culture, cibi e costumi. Insomma ad avere una visione completamente diversa dal tuo piccolo universo”. La diversità è principalmente nei comportamenti. “Sono stata a contatto con i veri inglesi, cosa più difficile nelle grandi metropoli come Londra, e ho scoperto che vivono con estremo rigore, cosa che da una parte apprezzi, perché in Italia manca, ma dopo un po’ inizi ad esserne quasi nauseato, perché è portato agli estremi”. Fa un esempio: “Ogni mattina si creano delle file lunghe chilometri per prendere l’autobus che porta all’Università, ma nessuno fa un passo avanti o indietro, c’è un’estrema calma, si sta in silenzio assoluto e si attende, cosa per noi italiani inconcepibile”. Grazia lamenta un’eccessiva volontà di conformarsi al comportamento della maggioranza: “Gli inglesi non sono chiusi, come tutti credono, ma raramente trasgrediscono alle regole”. La ragazza ha sostenuto tre esami di diritto in tre mesi e conferma che sono molto diversi rispetto a quelli italiani: “Me li sono sudati. Innanzitutto gli inglesi hanno un’ossessione per la frequenza ai corsi, che anche da noi è obbligatoria ma c’è più elasticità. Lì non puoi assolutamente saltare un giorno. Poi all’esame vieni trattato come uno studente inglese, non come un Erasmus. Devi conoscere alla perfezione la lingua”. Altra difficoltà, le spese: “L’esperienza mi è costata 4.000 euro in tre mesi, perché ho scelto di vivere in una specie di college, nello stesso appartamento con altre cinque ragazze. Paradossalmente, se avessi scelto di prendere casa da sola, avrei speso molto meno. Sono cose che s’imparano sul posto”.
Esperienza ugualmente entusiasmante e ricca di nuove scoperte, quella di Chiara Maria Forino, al terzo anno di Scienze dell’Educazione, che ha scelto la Norvegia. “Tornerei domani a Kristiansand, è bellissima, e completamente diversa da dove vivo. Basti pensare che a Pianura quando piove si allagano le strade, mentre lì percorrevo tre chilometri in bici per andare all’Università e non trovavo mai neanche una buca sul percorso”. La studentessa si è trattenuta cinque mesi, da agosto a dicembre dell’anno scorso, e racconta del clima, prima diversità consistente: “Sono arrivata con quindici gradi, e a dicembre le temperature sono scese a sette gradi sotto zero. Lì, però, il clima non è umido come da noi, quindi il freddo si avverte meno. Basta coprirsi bene”. In Norvegia c’è anche un modo alternativo d’intendere la didattica: “I docenti sono giovani rispetto ai nostri e li puoi chiamare per nome. In più sono disponibilissimi, ti lasciano il numero di cellulare e li contatti quando vuoi, anche alle dieci di sera”. I prezzi sono alti, ma anche le possibilità di occupazione elevate: “Pagavo quattro euro per un litro di latte, e la stanza 400 al mese. Risparmiavo sulle uscite serali perché tra Erasmus ci riunivamo nelle case a cenare insieme, lì esistono pochi locali. Però in Norvegia puoi diventare docente universitario anche dopo aver conseguito solo la laurea, mica con tutta la trafila che c’è da noi”. La ragazza si è molto divertita, pur sostenendo due esami: “Sono tornata a casa con 20 crediti e un bagaglio di esperienze non indifferente”.
Si discosta dalle prime due l’esperienza di Maddalena Zampitelli, che non sceglie il Nord Europa, ma il profondo sud, la Turchia. Racconta: “Sono rimasta ad Istanbul per tre mesi. Lì ho scritto parte della tesi sull’enogastronomia turca. L’ho scelta perché è un paese mediterraneo fortemente influenzato dalla cultura orientale e viene spesso considerato poco, anche se è in crescita”. Lo stile di vita è molto simile al nostro in alcuni quartieri, altri sono più tradizionalisti, lì si vedono girare le donne con il burqa. “Vorrei sottolineare che sono molto delusa dalla superficialità degli italiani nel giudicare dei luoghi senza conoscerli. Molti pretendono di sapere cosa vuol dire vivere in Turchia, quando non ne hanno assolutamente idea”. Maddalena racconta un singolare episodio, che “il pensiero comune” difficilmente assocerebbe alla Turchia: “Ero su un autobus per andare a scattare delle foto fuori Istanbul, quando mi accorgo di averlo preso nella direzione opposta a quella che mi serviva. Scendo di corsa, senza rendermi conto di aver perso il portafoglio. Rassegnata, aspetto lo stesso autobus nella direzione opposta e l’autista, appena entro, me lo porge senza che io gli chiedessi niente”. Maddalena ripartirebbe subito per la stessa destinazione, questa volta per restare più tempo.
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