“Sono entrambi miei amici. Se dovessi fare un pronostico direi Betta. Il Rettore di Cassino è un ottimo tennista”. È stato profetico il prof. Francesco D’Andrea il quale, da docente di Chirurgia plastica della Federico II, ha portato Napoli a giocarsi la semifinale del Trofeo Tennistico accademico organizzato dal Centro Universitario Sportivo.
La seconda edizione della manifestazione è andata al prof. Giovanni Betta: il 15 ottobre, sul rettangolo rosso si è ripreso quello che l’anno scorso gli è sfuggito solo in finale. Medaglia d’argento al prof. Andrea Abbagnano Trione dell’Università degli Studi del Molise. Proprio lui, nel turno precedente, aveva eliminato il prof. D’Andrea, probabilmente reduce da un disguido con la dea bendata: “è stata una partita combattuta (7- 5 e 6-3 il risultato dei due set) fino al primo set. Poi, per motivi fisici, ho dovuto cedere. Ho accusato un dolore al polpaccio, giocando il secondo set con una gamba sola. Lui è più giovane, ma con la giusta strategia potevo portarla a casa”. Convinzione di chi dà del tu alla racchetta: “ho iniziato a giocare a tennis da ragazzino. In seguito, per motivi di studio e di carriera, non ho mai abbandonato questo sport, pur vivendolo solo come un diversivo”. Studio e carriera lo hanno portato a vivere diverse realtà accademiche a Napoli, ma anche a Roma e in Calabria. Mondi che, attraverso il torneo di tennis, si sono ritrovati a via Campegna: “l’evento del CUS è stato l’occasione per ritornare in
campo in maniera agonistica. È una bella iniziativa che, a mio avviso, andrebbe pubblicizzata di più per aumentare la partecipazione. L’evento è organizzato bene e la struttura è bellissima”. Indossati i pantaloncini, tutto cambia: “il torneo dà l’opportunità di confrontarsi a livello sportivo, vivendo un momento di condivisione di un piacere. Al primo turno ho incontrato un amministrativo, poi ho sfidato dei colleghi. È bello instaurare un rapporto extra istituzionale con personale universitario di vario tipo. Lo sport livella tutto. Il ruolo di professore rimane fuori, sul campo c’è solo lo sportivo”. Il 2016, per lui, è l’anno degli esordi, al CUS ma non solo. Da docente, infatti, dopo una lunghissima
esperienza alla Seconda Università, si è trasferito alla Federico II: “nel ’94 sono arrivato alla SUN come professore associato, diventando ordinario nel 2001. Ci sono rimasto fino al 30 dicembre 2015, quando mi sono trasferito alla Federico II. Terrò quest’anno le prime lezioni”. Inizia un’altra sfida: “è un rimettersi in gioco. A 59 anni non è semplicissimo, ma dà motivazioni nuove”. Il trasferimento risponde “a un’esigenza accademica. La Federico II era scoperta nella mia materia. Sostituisco il prof. Guido Molea che è andato in pensione nel 2011. È rimasta una vacanza di ruolo per ben quattro anni. Adesso stiamo riattivando tutto ciò che gira intorno alla mia disciplina in termini di formazione e di assistenza. Chiamato a poter dare una mano, mi sono subito prestato”. Non manca un pizzico di nostalgia per ciò che lascia: “negli anni alla SUN abbiamo creato dal nulla un reparto e una Scuola di
Specializzazione, abbiamo istituito Master e formato allievi. Andare via è sempre un dispiacere, ma guardo tutto nell’ottica di un’espansione della disciplina a livello territoriale. Ho lasciato comunque il prof. Gianfranco
Nicoletti, garantendo una continuità al lavoro fatto. Il mio impegno è ridare lustro a questa disciplina anche alla Federico II”. Una disciplina, la Chirurgia plastica, che va conosciuta fino in fondo per non rinchiuderla all’interno di confini spesso tracciati da convinzioni inesatte: “fa parte di un corso integrato (Immunologia Clinica e Allergologia, Malattie Cutanee e Veneree, Chirurgia plastica, previsto al quarto anno). È fondamentale che venga studiata, perché non sempre è conosciuta pienamente. Si pensa spesso all’estetica. In realtà è tanto altro. Nasce come chirurgia ricostruttiva e come tale ha un suo ruolo specifico nel mondo della medicina”. Con gli studenti “il rapporto deve essere molto aperto. Possono venire da me quando vogliono, è un loro diritto. La cosa migliore per le materie chirurgiche è stare sul campo e frequentare i reparti. Il libro serve come approfondimento”. Tennista, chirurgo plastico, insegnante. I ruoli cambiano, ma l’approccio è lo stesso: “i tre ruoli mi danno soddisfazione quando ottengo risultati. Nel tennis se vinco un torneo, nell’ambito della ricerca con le scoperte scientifiche, nel campo
della docenza vedendo i miei allievi che si inseriscono nel mondo del lavoro con successo. Sono soddisfazioni sovrapponibili”.
La seconda edizione della manifestazione è andata al prof. Giovanni Betta: il 15 ottobre, sul rettangolo rosso si è ripreso quello che l’anno scorso gli è sfuggito solo in finale. Medaglia d’argento al prof. Andrea Abbagnano Trione dell’Università degli Studi del Molise. Proprio lui, nel turno precedente, aveva eliminato il prof. D’Andrea, probabilmente reduce da un disguido con la dea bendata: “è stata una partita combattuta (7- 5 e 6-3 il risultato dei due set) fino al primo set. Poi, per motivi fisici, ho dovuto cedere. Ho accusato un dolore al polpaccio, giocando il secondo set con una gamba sola. Lui è più giovane, ma con la giusta strategia potevo portarla a casa”. Convinzione di chi dà del tu alla racchetta: “ho iniziato a giocare a tennis da ragazzino. In seguito, per motivi di studio e di carriera, non ho mai abbandonato questo sport, pur vivendolo solo come un diversivo”. Studio e carriera lo hanno portato a vivere diverse realtà accademiche a Napoli, ma anche a Roma e in Calabria. Mondi che, attraverso il torneo di tennis, si sono ritrovati a via Campegna: “l’evento del CUS è stato l’occasione per ritornare in
campo in maniera agonistica. È una bella iniziativa che, a mio avviso, andrebbe pubblicizzata di più per aumentare la partecipazione. L’evento è organizzato bene e la struttura è bellissima”. Indossati i pantaloncini, tutto cambia: “il torneo dà l’opportunità di confrontarsi a livello sportivo, vivendo un momento di condivisione di un piacere. Al primo turno ho incontrato un amministrativo, poi ho sfidato dei colleghi. È bello instaurare un rapporto extra istituzionale con personale universitario di vario tipo. Lo sport livella tutto. Il ruolo di professore rimane fuori, sul campo c’è solo lo sportivo”. Il 2016, per lui, è l’anno degli esordi, al CUS ma non solo. Da docente, infatti, dopo una lunghissima
esperienza alla Seconda Università, si è trasferito alla Federico II: “nel ’94 sono arrivato alla SUN come professore associato, diventando ordinario nel 2001. Ci sono rimasto fino al 30 dicembre 2015, quando mi sono trasferito alla Federico II. Terrò quest’anno le prime lezioni”. Inizia un’altra sfida: “è un rimettersi in gioco. A 59 anni non è semplicissimo, ma dà motivazioni nuove”. Il trasferimento risponde “a un’esigenza accademica. La Federico II era scoperta nella mia materia. Sostituisco il prof. Guido Molea che è andato in pensione nel 2011. È rimasta una vacanza di ruolo per ben quattro anni. Adesso stiamo riattivando tutto ciò che gira intorno alla mia disciplina in termini di formazione e di assistenza. Chiamato a poter dare una mano, mi sono subito prestato”. Non manca un pizzico di nostalgia per ciò che lascia: “negli anni alla SUN abbiamo creato dal nulla un reparto e una Scuola di
Specializzazione, abbiamo istituito Master e formato allievi. Andare via è sempre un dispiacere, ma guardo tutto nell’ottica di un’espansione della disciplina a livello territoriale. Ho lasciato comunque il prof. Gianfranco
Nicoletti, garantendo una continuità al lavoro fatto. Il mio impegno è ridare lustro a questa disciplina anche alla Federico II”. Una disciplina, la Chirurgia plastica, che va conosciuta fino in fondo per non rinchiuderla all’interno di confini spesso tracciati da convinzioni inesatte: “fa parte di un corso integrato (Immunologia Clinica e Allergologia, Malattie Cutanee e Veneree, Chirurgia plastica, previsto al quarto anno). È fondamentale che venga studiata, perché non sempre è conosciuta pienamente. Si pensa spesso all’estetica. In realtà è tanto altro. Nasce come chirurgia ricostruttiva e come tale ha un suo ruolo specifico nel mondo della medicina”. Con gli studenti “il rapporto deve essere molto aperto. Possono venire da me quando vogliono, è un loro diritto. La cosa migliore per le materie chirurgiche è stare sul campo e frequentare i reparti. Il libro serve come approfondimento”. Tennista, chirurgo plastico, insegnante. I ruoli cambiano, ma l’approccio è lo stesso: “i tre ruoli mi danno soddisfazione quando ottengo risultati. Nel tennis se vinco un torneo, nell’ambito della ricerca con le scoperte scientifiche, nel campo
della docenza vedendo i miei allievi che si inseriscono nel mondo del lavoro con successo. Sono soddisfazioni sovrapponibili”.