Una “piccola isola felice” per i giovani ricercatori

Sono tanti, sono giovani e forti. Non sono i trecento di Pisacane ma i ricercatori che con il loro prezioso contributo stanno dando lustro al già brillante Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche (Dises) della Federico II. A chi lamenta un’università occupata solo da teste canute, la risposta arriva da questo centro di eccellenza dove, grazie a progetti finanziati, borse europee e assegni di ricerca, si è riusciti a dare spazio a giovani ricercatori che altrimenti sarebbero fuggiti all’estero. Raccontiamo le storie di tre di loro, emblematiche della vivacità del Dises.
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Immacolata Marino, laureata in Statistica a La Sapienza di Roma, ha seguito il Master in Economics and Finance alla Federico II, dove ha svolto anche il dottorato in Economia, con il prof. Tullio Jappelli. “Durante il Master mi sono trovata di fronte ad una scelta: indirizzarmi verso un lavoro privato o continuare gli studi e le mie ricerche? Ho
scelto la seconda opzione. Durante il dottorato ho svolto anche dei periodi come visiting all’estero, a Chicago e a Montreal. Inoltre, ho partecipato al Graduate Programme all’Einaudi Institut for Economics and Finance a Roma. Dopo, nel 2014, ho vinto una borsa di studi sull’internazionalizzazione delle piccole-medie imprese bandita da
Intesa San Paolo”, racconta. Oggi la dott.ssa Marino è assegnista presso il Centro Studi di Economia e Finanza (CSEF) presso il Dises e grazie a questi finanziamenti sta portando avanti ricerche innovative, tra cui quelle nell’ambito di un progetto internazionale coordinato dal prof. Colin Mayer dell’Università di Oxford e del CEPR. “La mia tesi di dottorato riguardava gli studi dell’effetto del Patto di Stabilità interno sulle imprese. Quindi, tutte le ripercussioni che ha avuto questa manovra, che ha imposto limiti di spesa, sulle imprese italiane – spiega – Attualmente sto continuando a lavorare sulla microeconomia applicata, attraverso l’analisi di dati e le politiche di valutazione, e lo scorso anno ho vinto il Premio del Baffi Carefin Centre per uno studio sui crediti deteriorati, tema molto attuale e di grande interesse”. Grazie al prof. Marco Pagano, sottolinea, “sono entrata anche a far parte di
un grande progetto europeo, il Restart Long Terminal European Finances, in collaborazione con l’Università di Oxford, il Cepr (Centre for Economics Policy Reserch), il Reltif, e la Bocconi, nel quale sono aperti tantissimi ambiti di ricerca che riguardano la crisi sul credito bancario e il credito d’impresa. Si è già conclusa una prima fase, attraverso la pubblicazione di un volume e di un e-book on line sul sito UE. Si tratta di un’esperienza molto formativa, di largo respiro, che mi ha permesso di lavorare e confrontarmi con il gotha della finanza europea”.
“Da noi i top five dell’economia italiana”
Premi e concorsi sono fondamentali per riuscire a portare avanti le proprie ricerche, e in questo quadro un ruolo fondamentale lo gioca proprio il prestigio del Dipartimento: “Si può dire che la nostra fortuna è che i nostri senior riescono a competere con successo e ad ottenere ottimi finanziamenti. Ad esempio, ci sono stati attribuiti ben due Prin dei nove distribuiti in tutta Italia. Da noi ci sono i top five dell’economia Italiana, come i professori Jappelli e Pagano. Inoltre, il Dipartimento, con il Centro CSEF, è molto attivo. Fondamentale è la presenza di tanti giovani. Tra di noi si respira un clima internazionale e giovane, è un Dipartimento che guarda oltre la realtà cittadina, in un’ottica europea ed internazionale. Ogni settimana, ad esempio, abbiamo seminari con degli speakers che spesso vengono dall’estero. Forse è una piccola isola felice dove ci occupiamo di diversi ambiti di ricerca, tutti molto innovativi e di eccellenza”. Inoltre, è un Dipartimento in rosa con ben tre giovani ricercatrici in dolce attesa: “Io sono diventata mamma durante il dottorato e ho dovuto conciliare lo studio con gli impegni da genitore: non è stato sempre facile. Adesso sono in attesa del secondo figlio. Sicuramente ho ricevuto l’aiuto dei miei genitori, ma grazie anche alla collaborazione tra colleghe non mi è mai stato precluso nulla nello sviluppo della mia carriera”.
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“Sono napoletano e ho studiato alla Federico II, dove ho svolto anche il Master in Economics and Finance – racconta il dott. Tommaso Oliviero, professore a contratto di Economia bancaria – La mia aspirazione era insegnare nella mia università, e ci sono riuscito. Tutto il mio percorso era volto a poter accedere al dottorato e poi magari poter proseguire nella carriera accademica”. Dal 2010 al 2014 Oliviero ha così svolto il prestigioso dottorato in Economia presso l’European University Institute di Firenze, “grazie all’appoggio dei professori Pagano e Martino. Questo percorso mi ha aperto l’universo degli studi europei, del mondo accademico, delle più alte eccellenze. Di solito, soprattutto all’estero, il primo anno di dottorato è dedicato allo studio, una sorta di corsi ed esami, poi durante il secondo e terzo anno si sviluppa un tema di ricerca e all’ultimo anno si va sul job market, cioè si spendono questi mesi a cercare lavoro. Io ho fatto job market e sono riuscito ‘miracolosamente’ a vincere una borsa post-dottorato dalla Fondazione Unicredit University”. Un obiettivo molto ambìto, sottolinea Oliviero, perché offre un ottimo stipendio per quattro anni e la possibilità di trascorrere gli anni di ricerca in qualunque università nei paesi dove opera Unicredit. “Potevo scegliere tra diverse università anche straniere, ma io ho preferito Napoli. Era l’occasione giusta per dar vita alle mie ambizioni. Anche se nelle università italiane non è così facile farsi strada, ho avuto la possibilità di farmi conoscere dai professori napoletani non come studente ma come ricercatore”. I temi di ricerca di cui si occupa vertono: “sull’economia bancaria, di cui ho anche un insegnamento, e sull’economia dei mercati immobiliari. Il target accademico è legato a studi che possano essere pubblicati su riviste internazionali, con il giusto bilanciamento tra temi di interesse attuali per l’Europa e il rigore di settori più ampi che possano
interessare queste riviste. Sono riuscito ad ottenere questo equilibrio attraverso studi che analizzavano dinamiche economiche italiane che però hanno avuto un interesse più esteso. Ad esempio, un paper pubblicato da una rivista americana sull’andamento del credito in Italia durante la crisi finanziaria: in questo lavoro sono riuscito a catturare un andamento molto peculiare italiano, con il rigore che ha interessato anche riviste estere. Inoltre sto portando
avanti, con la dott.ssa Scognamiglio, anche un altro lavoro che ha generato un piccolo dibattito accademico, sull’impatto della tassazione immobiliare sui prezzi delle case. Sempre uno studio italiano, su dati italiani, che spero possa essere pubblicato all’estero”.
Si attirano i giovani grazie allo “scouting founding”
Grazie alle pubblicazioni di questi anni, “posso pensare di accedere ai concorsi per ricercatore. Io sono fortunato, ma c’è un limite insito nel sistema di reclutamento italiano: per accedere ai concorsi si deve già aver pubblicato. Il
mercato internazionale, invece, non valuta cosa hai pubblicato, ma l’impegno durante il dottorato. Grazie alla borsa Unicredit, sono riuscito a concentrarmi negli anni post-doc sulle mie ricerche e a pubblicare, avendo quindi un curriculum più solido. Molti ragazzi sono, invece, scoraggiati perché devono entrare nel sistema degli assegni di ricerca”. La Federico II e il Dises, però, aggiunge, “riescono – non solo con me che sono il primo vincitore di
questa borsa a Napoli, ma anche grazie a fondi come ERC (European Research Council) vinti dal prof. Marco Pagano, che fa scouting founding – ad attirare, con borse di post dottorato di durata più lunga e con ammontare maggiore, talenti che altrimenti non sarebbero tornati, perché avevano dottorati prestigiosi che li avrebbero spinti
all’estero. La vera sfida è questa: riuscire nei prossimi anni ad incardinare questi giovani che rappresentano il futuro del Dipartimento. Ognuno di noi, infatti, può trovare una ragione per rimanere definitivamente a Napoli nella presenza di un gruppo di ricerca giovane, che ha voglia di lavorare, con esperienze prestigiose. Se c’è un ambiente stimolante c’è voglia di restare, e questo crea un circolo virtuoso per la ricerca”.
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Laureata a Napoli, Master in Economia e Finanza, Annalisa Scognamiglio è una delle poche italiane ad aver svolto un dottorato al MIT, Massachusetts Institute of Technology: “Durante i primi mesi del Master – racconta – ho sostenuto i due test per accedere ai dottorati internazionali e a marzo 2009 sono partita per gli States”. Cinque anni di dottorato che hanno segnato profondamente la giovane economista napoletana sia dal punto di vista umano che professionale: “Ci si ritrova nella stessa aula con ragazzi provenienti da tutto il mondo e questo ti porta ad avere un’apertura mentale nuova e a conoscere meglio anche te stesso, scoprendo magari di avere pregiudizi che prima non sospettavi neanche. A volte, durante la lezione, mi guardavo intorno e pensavo che tra quei giovani ci sarebbe stato magari un futuro premio Nobel!”. All’inizio, confessa, “non parlavo bene inglese, quindi mi ero seduta accanto ad una spagnola che mi faceva da anello di congiunzione! Poi si è formato un piccolo gruppo composto, oltre che da me e la spagnola, anche da un finlandese, un uruguaiano e un americano. Per lo più, però,
gli europei tendono a riunirsi con gli altri europei e gli statunitensi con i loro compatrioti. Il fatto è che i ragazzi americani che arrivano al MIT sono studenti che hanno dedicato tutta la loro vita al conseguimento di questo obiettivo. Gli europei sono ragazzi ‘normali’: sono andati alle scuole pubbliche, hanno frequentato un’università pubblica e si trovano al Mit solo in una fase della loro vita”.
A lezione con due Premi Nobel al MIT
Emozionante l’incontro con due premi Nobel che hanno insegnato al MIT durante il suo periodo di dottorato: Peter Diamond e Beng Holmstrom. “All’incontro con i docenti, che avviene dopo alcune settimane, scatta la sindrome di Stendhal! Sono eccezionali. Poi si tratta per lo più di docenti giovani, che sono alle frontiere della ricerca. Il prof. Holmstrom, che è stato uno dei miei primi docenti, oltre che geniale è anche molto simpatico. Di Diamond, il primo
docente con cui sono entrata in contatto, ricordo con molto piacere, invece, la festa che organizzammo per celebrare il suo Nobel. Sono stati maestri che non dimenticherò”. E dopo il MIT, il rientro a Napoli, come assegnista al CSEF. “Sono partita con l’idea di tornare – ammette – Verso il secondo anno, in realtà, avevo pensato di trattenermi qualche anno negli Usa per poter rientrare, magari direttamente da associato. Vicissitudini familiari, poi, mi hanno spinto a tornare alla fine del dottorato. Quando decidi di tornare in Italia, sei consapevole di quello che dovrai affrontare. Alla Federico II abbiamo, per fortuna, un Centro Studi molto attivo che ci permette di avere assegni di ricerca più elevati, ma si tratta comunque di un reddito a termine e di una strada tortuosa”. Cosa spinge, allora, una giovane di talento a rinunciare alla carriera in un’università estera prestigiosa, per tornare in Italia, dove spesso per i giovani non c’è spazio? “La mia ambizione non è mai stata quella di diventare ricca o insegnare in chissà quale Ateneo. Volevo contribuire a migliorare e a dare prestigio all’Ateneo che mi ha cresciuto, che ha fatto di me quella che sono. Devo dire che al Dises è stato fatto un lavoro eccezionale, perché è stato permesso a tanti giovani di rientrare. Se fossi tornata da sola, sarei andata via subito. Invece, grazie a questo fermento, ho deciso di restare”. La dott.ssa Scognamiglio sta portando avanti diverse ricerche: “Con il prof. Pagano stiamo studiando le carriere in finanza, attraverso l’analisi alcuni CV. Inoltre, sto portando avanti uno studio sull’impatto dei tagli cesarei in Campania. Ho sempre affrontato ambiti di ricerca vari: economia sanitaria, economia pubblica, finance in labor. Il mio feed è ancora in fase di formazione e per ora abbraccia diversi ambiti dell’economia applicata”.
Valentina Orellana
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