In campo ambientale il 59% dei nuovi posti di lavoro

Formazione e futuro dell’ingegnere ambientale, il tema del convegno organizzato da AIAT (Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio), dal Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale (DICEA) con il patrocinio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e Gitisa (Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale). “L’evento ha
rappresentato un’occasione di incontro tra esponenti di mondi diversi – università, aziende, istituzioni – che hanno presentato agli studenti e ai laureati in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio le esperienze maturate sul campo, rendendoli partecipi delle proprie riflessioni sul futuro di questa figura professionale”, spiega Marco Race, membro di AIAT e tra gli organizzatori del convegno che si è svolto il 10 ottobre a Piazzale Tecchio. Dall’incontro tra queste realtà è emersa una sempre più urgente necessità della figura dell’ingegnere ambientale, in una realtà come
quella italiana dove le criticità sono evidenti anche ad un pubblico di non esperti. “Le politiche ambientali in
Italia sono necessarie per la tutela dell’ambiente, della salute cittadina e rappresentano anche delle opportunità di sviluppo – si legge nel comunicato inviato dall’on. Ermete Realacci, Presidente Commissione Ambiente della Camera, assente dell’ultimo minuto per sopraggiunti impegni istituzionali – Ad oggi alcuni dati ci dicono che hanno a che fare con l’ambiente il 59% dei nuovi posti di lavoro e che l’Italia produce il 40% di energia rinnovabile. Quindi,
affrontare i mutamenti climatici e i dissesti ambientali, così come il rischio sismico, non significa solo affrontare un pericolo, ma cogliere un’opportunità: l’intelligenza umana è l’unica fonte rinnovabile che può dare un futuro al Pianeta. Serviranno politiche nuove che non saranno possibili senza l’impegno degli ingegneri ambientali”. “Il nostro è il Parco più grande d’Europa, ha un patrimonio straordinario – interviene Tommaso Pellegrino, Presidente
del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano – Per cui è importante avere professionisti come gli ingegneri ambientali con competenze specifiche ed esperienze in merito alla tutela del territorio. Nell’ambito di una pianificazione e di una programmazione su temi importanti come l’acqua, il dissesto idrogeologico, è utile creare una sinergia”. Per questo, annuncia, la disponibilità dell’Ente Parco “affinché si attivino relazioni per una formazione sul campo e rapporti di lavoro attraverso stage e tirocini”. La poliedricità di impieghi e di supporto che può offrire la figura di ingegnere che emerge da questo Corso è raccontata dal dott. Claudio Andrea Gemme, Presidente del Gruppo Tecnico Industria e Ambiente di Confindustria e AD di Fincantieri, il quale nella sua lunga carriera ha ricoperto tanti incarichi da top manager: dalle centrali nucleari del basso Lazio, alla riconversione degli anni ’80-’90, fino ai processi di saving energetico e alle energie rinnovabili. “L’industria inquina, non c’è dubbio! – esclama Gemme – Ma uno dei temi che occupa i nostri tavoli a Fincantieri è quello di avere una cantieristica con un sistema ambientale sostenibile. Il tema ambiente-industria in Confindustria è nuovo. Ma con il Presidente Boccia si è pensato di fondare questo Comitato da me presieduto, mettendo la sostenibilità al centro e dandole un impulso in più”. Essenziale puntare sulla conoscenza delle norme Il rapporto industria/ambiente è diventato imprescindibile, come sottolinea anche il prof. Maurizio Giugni, Direttore del DICEA: “E questo si riflette in opportunità di lavoro
per i nostri laureati”, che devono essere sempre più attenti anche agli aspetti normativi. È quanto emerge dalla testimonianza di Delia Di Monaco, laureata nel 2008 e attualmente ricercatrice presso il Ministero dell’Ambiente: “Mi sono sempre occupata di problematiche relative alla gestione dei rifiuti. Oggi sembra che l’ambiente sia un tema di grande attualità, ma è spostato troppo su un piano ideologico-politico, mentre andrebbe analizzato sul piano tecnico, e noi ingegneri dobbiamo riprenderci il nostro ruolo. Finora si parlava di Economia lineare, oggi di Economia circolare e tutto ciò che fa l’ingegnere ambientale incide su questo sistema. L’industria deve riciclare, altrimenti si chiude il circuito, e sul territorio bisogna individuare strategie di raccolta condivise dai cittadini”. Di Monaco, tra le sue attività, si occupa di dare supporto alle Regioni. Cita il caso della Sicilia “dove ora c’è una grave emergenza nel settore rifiuti: io sto lavorando agli interventi normativi. Un mio suggerimento ai docenti è, quindi, di puntare di più sulle norme, perché noi dobbiamo essere parte del processo normativo. Chi governa, infatti, spesso non ha le competenze necessarie e non conosce la realtà su cui va ad impattare. Il ruolo dell’ingegnere deve essere quello di creare una sintesi e trovare soluzioni innovative per problemi nuovi”. Antonella Luciano, laureata a La Sapienza di Roma nel 2008, è, invece, la testimonianza di come l’Ingegnere ambientale sia in grado di cambiare lavoro durante la sua carriera senza difficoltà: “La mia esperienza vi può dare l’idea delle variegate opportunità che ci vengono offerte. È fondamentale il ruolo della formazione universitaria e post laurea per fornire modelli e approcci, per fare analisi e trovare soluzioni. Io ho svolto un dottorato a Roma e ho lavorato per alcuni
anni nella ricerca accademica, diciamo fino al 2008. Poi sono stata occupata al SOGESID e dal 2013 sono ricercatrice all’ENEA. Mi sono occupata di diversi ambiti di ricerca: dagli impianti di gestione rifiuti, alla progettazione per trattamento acque e delle bonifiche di siti contaminati. Sono stata quasi sul punto di dover partire per l’Antartide per gestire i rifiuti e i reflui di una base di ricerca dell’Enea. Noi ingegneri siamo davvero pronti a tutto! Adesso, invece, mi sto occupando della gestione dei sistemi produttivi e territoriali, quindi di economia circolare. Questa mia ultima esperienza rappresenta un po’ la sintesi della formazione elastica che deve avere
un ingegnere ambientale”. Giovanni De Simone è il più anziano dei laureati (2000) che hanno voluto raccontare il loro percorso e quellon più vicino alla nostra realtà territoriale: “Sono dipendente della GORI, anche se prima avevo svolto attività in Ateneo e la libera professione. Noi ci occupiamo di gestire il ciclo integrato delle acque su 76 comuni tra le province di Napoli e Salerno, uno degli atri più grandi d’Italia in termini di abitanti. La competenza multidisciplinare dell’ingegnere mi è stata molto utile perché mi ha permesso di approcciare a settori diversi: una formazione olistica mi ha dato un ‘inoculo’ per l’approccio alla soluzione di problemi e una notevole duttilità nel confrontarsi con gli stake holders. Questi ‘inoculi’, per usare un termine idraulico, vanno rafforzati attraverso
stage e tirocini. Io mi sono occupato di gestire dei laureati che svolgevano uno stage in GORI e ho notato
che, all’inizio, non avevano neanche l’approccio comportamentale giusto. Essenziale, inoltre, è la formazione continua e la conoscenza delle normative giuridiche”. Durante la giornata sono stati consegnati i Premi di Laurea Luigi Mendia ai due laureati (tra quanti hanno concluso gli studi dal primo settembre 2015 al 31 luglio 2016) più meritevoli del Corso Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio: Lucia Mele e Domenico De Sarno.
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