Inclusione sociale e prevenzione del disagio: i temi del Corso

Nasce dallo sforzo congiunto delle Università Parthenope e di Salerno Progettazione dei Servizi Educativi, Formativi, Media Education e Tecnologie per l’Inclusione nei contesti formali e non formali, il nuovo Corso di Laurea Magistrale che si occuperà di inclusione sociale e prevenzione del disagio, volto a formare i futuri operatori dei servizi educativi. 100 i posti disponibili, divisi tra i due Atenei, con possibilità di iscriversi fi no al 30 novembre. Alla Parthenope il Corso, inquadrato nel Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere, è coordinato dalla prof.ssa Maria Luisa Iavarone, docente di Pedagogia Sperimentale. Che spiega: “Il nuovo Corso è estremamente innovativo e noi lo abbiamo curvato sulla prevenzione del rischio. Da pedagogista sociale mi sono resa conto che, nelle istituzioni, c’è una carenza di figure educative che siano in grado di intercettare una potenziale devianza prima ancora che si manifesti, che sappiano creare raccordi tra la scuola e l’extra scuola e correggere la traiettoria del ragazzo a rischio anche attraverso lo strumento dello sport, dal momento che siamo il Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere”. Obiettivo di questa nuova Magistrale è, infatti, quello di formare “operatori dei servizi educativi che possano trovare collocazione nella scuola come anche in strutture di assistenza e accoglienza, carceri minorili, case famiglia, comunità di recupero, strutture di assistenza per l’infanzia, e che siano in grado di lavorare con bambini, adolescenti da 0 a 16 anni, ma anche oltre”. Quali discipline affronteranno gli studenti? “Il percorso è composito e multidisciplinare e mette insieme discipline afferenti agli ambiti socio-psico-pedagogico, economico e tecnico-sportivo”. Due, poi, gli indirizzi in cui si articolerà il secondo anno: Progettazione e gestione dei servizi per la prevenzione educativa, più incentrato sullo sport etico, e Progettazione e gestione della media education e delle tecnologie per l’inclusione, più incentrato sulle tecnologie. I ragazzi svolgeranno anche attività tecnico-pratiche e avranno l’opportunità di effettuare stage/tirocini “presso, ad esempio, case famiglia, istituti penitenziari minorili come l’IPM di Nisida, centri di accoglienza per minori dove i ragazzi vedranno in presa diretta come si costruisce un intervento educativo”. Gli studenti, inoltre, potranno avvalersi dell’esperienza di importanti personalità del mondo dello sport: “Gianni e Pino Maddaloni, Patrizio Oliva, i nuotatori Massimiliano Rosolino e Franco Porzio, grandi campioni che vedono nello sport un’occasione di cambiamento sociale. Ci saranno anche personalità del mondo dello spettacolo come Patrizio Rispo e Marco Zurzolo, anche loro attenti al sociale. Terranno dei seminari, racconteranno la loro esperienza e spiegheranno ai ragazzi come intervenire in diversi contesti sociali”. Il nuovo Corso, un unicum nel panorama campano dal momento che “c’è solo un altro come questo ed è alla Cattolica di Milano”, è tarato sulla nostra realtà socio-economica “in cui si ravvisa una maggiore povertà educativa”. Il progetto ha preso forma anche sulla scorta “di quanto la vita mi ha consegnato in termini di contatto con queste realtà. Sono la madre di Arturo – il giovane che nel 2017 fu brutalmente aggredito da una baby gang – I ragazzi che hanno aggredito mio figlio sono proprio l’espressione di questa povertà educativa che noi vogliamo contrastare”. Temi trattati anche nel testo fresco di stampa della prof.ssa Iavarone ‘Il coraggio delle cicatrici’, “un libro inchiesta in cui racconto un viaggio nella devianza minorile con tappe legate all’irresponsabilità degli adulti, alle istituzioni latitanti, in un terreno di incoltura in cui crescono le nuove leve criminali”. Chi è lo studente ideale per questo percorso? “Giovani che credono nel valore della responsabilità sociale della comunità, ma anche educatori che hanno voglia di riflettere sul loro potenziale formativo per adeguarlo al tempo che stiamo attraversando”.
Carol Simeoli
Massimiliano Rosolino
Stella del nuoto, Massimiliano Rosolino è stato campione olimpico a Sydney nel 2000. Sta per laurearsi in Scienze Motorie proprio alla Parthenope. Racconta: “Mi iscrissi all’università nel 2004. Vivo a Roma, quindi non ho frequentato lezioni e ho dato buona parte degli esami quando ero ancora in attività. Ho nuotato fino al 2013, spesso in concomitanza con gli eventi sportivi. Al momento mi manca Farmacologia, davvero impegnativo, e altri tre esami. Mi sono entusiasmato, mi sono appassionato ad esami legati all’alimentazione, alla fisiologia. Non sono uno studente super brillante, ma ci metto tutto l’impegno possibile e sono molto soddisfatto”. Aggiunge: “Studiare è come gareggiare in fondo. Non è solo questione di talento, occorrono forza di volontà e tanto allenamento”. Iscriversi all’università “da adulto è diverso che farlo da giovane ed è emozionante. Strada facendo ho incontrato generazioni di ragazzi e tanti professori diversi, da quello più tifoso a quello esigente e severo. Mi dispiace non essere ancora riuscito a concludere il percorso”. L’impegno nel sociale. C’è una storia che l’ha colpita di più? “L’anno scorso sono stato in visita in un carcere minorile, ho conosciuto i ragazzi, alcuni lì anche per crimini abbastanza pesanti, ma credo che non ci sia nessuna situazione che non possa essere ribaltata. Abbiamo fatto delle sfide di corsa nel cortile, alcuni avevano uno scatto davvero felino, preparato la pizza e mi hanno posto tante domande. Ho promesso che sarei ritornato e spero di poterlo fare”. Quanto contano lo sport e l’istruzione nella vita di un giovane? “Sono assolutamente alla base. Tanti campioni vengono dalla strada e, grazie allo sport, si sono salvati. Lo sport ci rende sensibili e rispettosi delle regole”. La professione dell’operatore dei servizi educativi. Un consiglio ai futuri laureati? “Imparare a dare il buon esempio. È fondamentale insegnare il rispetto delle regole, saper alzare la voce se e quando serve, senza intimorire i ragazzi. Ci si può far apprezzare con il sorriso e la disponibilità. La vita è piena di provocazioni ed è sbagliato cercare delle scorciatoie. Non bisogna essere dei luminari per farsi apprezzare. È quello che dico anche ai miei figli, l’educazione è fondamentale”.
Patrizio Oliva
Classe 1959, Patrizio Oliva è stato campione olimpico di pugilato a Mosca nel 1980. Attualmente è istruttore degli allenatori di pugilato per la federazione mondiale AIBA. Originario di Poggioreale, molto noto per il suo impegno a favore dei giovani meno abbienti, fa parte dell’Associazione Milleculure presieduta dallo schermidore Diego Occhiuzzi. L’impegno nel recupero dei giovani a rischio di devianza sociale: “Nella palestra Milleculure avviciniamo e avviamo giovani allo sport, soprattutto quelli che vengono da fasce più disagiate e che fanno sport gratuitamente. Questi ragazzi rischiano di essere catturati dalla criminalità organizzata; noi li togliamo dalla strada e cerchiamo di offrire loro un’alternativa”. C’è una storia che l’ha particolarmente colpita? “Sì, quella di un giovane che apparteneva ad una famiglia criminale e che girava per strada con il coltello e il tirapugni. Non sapeva leggere e non parlava italiano. Poi ha conosciuto me, ha cominciato a praticare la boxe e ha buttato coltello e tirapugni. Ha iniziato a leggere i libri sulla boxe che io gli portavo ed è diventato un influencer sui social”. Quanto contano lo sport e l’istruzione nella vita di un giovane? “Tantissimo. Lo sport è una metafora della vita, ti insegna il rispetto dell’avversario come di tutte le altre persone e il rispetto delle regole così come delle leggi”. Operatore dei servizi educativi, quale consiglio può dare ai futuri laureati affinché la svolgano al meglio questa professione? “È un lavoro complesso perché si sta a contatto con ragazzi difficili o che hanno delle disabilità. Va fatto con amore, dedizione ed equilibrio, altrimenti è meglio lasciar perdere. Ci vorranno tanta pazienza, dolcezza, ma anche polso perché è fondamentale farsi rispettare”.
Giovanni Maddaloni
Giovanni Maddaloni è stato atleta di judo negli anni ’70-80 e campione regionale nel 1978. Oggi è insegnante e direttore tecnico dello Star Judo Club Napoli, a Scampia. Ha già svolto in passato delle lezioni alla Parthenope per gli studenti di Scienze Motorie sul tema sport e legalità. Qual è il suo impegno attuale con lo Star Judo Club? “Che lo sport sia per tutti, che sia formazione, integrazione, inclusione sociale. Qui ci sono figli di poliziotti come ragazzi che hanno il padre in carcere e bambini autistici che lavorano insieme ai normodotati con grandi risultati. A chi mi chiede quanto mi serva io rispondo che non voglio soldi, ma strumenti che possano aumentare la forza dello sport e salvare i ragazzi”. C’è una storia che l’ha colpita di più? “Quella di Pio, un ragazzo che a 11 anni aveva otto-nove rapporti al giorno a scuola. Viveva una situazione difficile, con padre, fratello e cognato in carcere. Poi è venuto in palestra da me, si è dedicato al judo. Oggi lavora ed è anche un mio collaboratore”. Quella dell’operatore dei servizi educativi è una professione molto complessa. Che consiglio può dare ai futuri laureati affinché la svolgano al meglio? “Apprendere. La disciplina che questi ragazzi studieranno non è solo teoria, ma anche pratica”.

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