Grande successo per uno degli incontri più attesi della quarta edizione della rassegna Cinema Letteratura Diritto. Davanti alla Legge. Immaginare il Diritto, organizzata dalla Facoltà di Giurisprudenza, quello che ha visto, lo scorso 16 novembre, la presenza dell’avvocato e scrittrice Simonetta Agnello Hornby che ha parlato del suo ultimo romanzo, Vento Scomposto. “Un libro che si distacca dai primi tre romanzi ‘siciliani’ (La Mennulara, La zia marchesa, Boccamurata) per affrontare i problemi legati al sistema giudiziario in Gran Bretagna – ha spiegato il Preside Franco Fichera – E’ importante che i nostri studenti imparino a confrontarsi con lo sguardo sulla realtà offerto loro, oltre che dai manuali, anche da un’opera letteraria o cinematografica”.
A commentare il libro, da un punto di vista della critica letteraria, la prof.ssa Emma Giammattei, Preside della Facoltà di Lettere: “Un libro incredibilmente riuscito, perché non è facile trattare un tema come quello giudiziario in un romanzo contemporaneo. Si tratta di un genere difficile, in quanto deve afferrare la realtà ed esporla agli altri. Nel momento in cui si scrive un libro, si entra in una dimensione entro la quale il contenuto viene narrato secondo modalità complicate, che la Hornby mostra di adoperare con estrema consapevolezza”.
L’ultimo lavoro della scrittrice siciliana, trasferitasi quasi quarant’anni fa in Inghilterra, è ambientato a Londra e narra di una drammatica vicenda legale: una famiglia benestante, che vive serena nel ricco quartiere di Kensington, viene sconvolta dalle accuse di abuso sessuale da parte del padre nei confronti di una delle due figlie. Attraverso questa trama, l’autrice spiega in che modo delle accuse, che alla fine si rivelano infondate, influiscano negativamente sulla famiglia e ne mettano a rischio le fondamenta.
“Ogni mio romanzo nasce da un momento di rabbia – ha raccontato la scrittrice, rivolgendosi direttamente agli studenti – In questo caso, il riferimento è all’inadeguatezza di alcuni operatori dei servizi sociali. Alcuni psicologi, ad esempio, vengono chiamati in causa come esperti durante i processi. Lo stesso non avviene con le maestre, anche se queste ultime hanno sicuramente una migliore conoscenza dello stato mentale di un bambino, in quanto contribuiscono a formarne il carattere”.
L’autrice ha parlato ai futuri avvocati, suggerendo il giusto atteggiamento nei confronti della professione: “il consiglio che voglio darvi è quello di essere allo stesso tempo soggettivi e oggettivi. Ciò vuol dire portarvi sempre dietro ciò che siete, ma porvi di fronte ad ogni situazione come se ogni volta fosse nuova, senza pregiudizi”.
Oltre agli studenti di Giurisprudenza, all’incontro erano presenti anche allievi di alcune scuole superiori del napoletano. I giovani hanno interloquito con la Hornby ponendo domande inerenti alla professione dell’avvocato, con particolare curiosità alle differenze tra il sistema giuridico inglese e quello italiano. Un’allieva all’ultimo anno di un Liceo Classico di Castellammare di Stabia ha chiesto se in Gran Bretagna, durante i processi in cui sono coinvolti minori, si parla della vicenda in televisione o sui giornali, oppure c’è più discrezione intorno a determinati argomenti. “I giudici e gli avvocati inglesi non hanno il divieto di parlare dei casi in questione ma, a differenza di quanto succede qui in Italia, non lo fanno – ha chiarito la Hornby – quindi la privacy viene sicuramente rispettata di più”. Un’altra domanda più specifica, da parte di una studentessa di Giurisprudenza, sul Children Act. L’avvocato Hornby, specializzata in Diritto di Famiglia, ha spiegato che si tratta di una legge introdotta nel Regno Unito a partire dal 1989, che ha modificato la legge precedente riguardo ai minori. “Uno dei cambiamenti più significativi riguarda la cosiddetta ‘parental responsibility’, ossia la custodia da parte dei genitori, che però in molti casi, purtroppo, non aiuta a difendere gli interessi dei più piccoli”.
Anna Maria Possidente
A commentare il libro, da un punto di vista della critica letteraria, la prof.ssa Emma Giammattei, Preside della Facoltà di Lettere: “Un libro incredibilmente riuscito, perché non è facile trattare un tema come quello giudiziario in un romanzo contemporaneo. Si tratta di un genere difficile, in quanto deve afferrare la realtà ed esporla agli altri. Nel momento in cui si scrive un libro, si entra in una dimensione entro la quale il contenuto viene narrato secondo modalità complicate, che la Hornby mostra di adoperare con estrema consapevolezza”.
L’ultimo lavoro della scrittrice siciliana, trasferitasi quasi quarant’anni fa in Inghilterra, è ambientato a Londra e narra di una drammatica vicenda legale: una famiglia benestante, che vive serena nel ricco quartiere di Kensington, viene sconvolta dalle accuse di abuso sessuale da parte del padre nei confronti di una delle due figlie. Attraverso questa trama, l’autrice spiega in che modo delle accuse, che alla fine si rivelano infondate, influiscano negativamente sulla famiglia e ne mettano a rischio le fondamenta.
“Ogni mio romanzo nasce da un momento di rabbia – ha raccontato la scrittrice, rivolgendosi direttamente agli studenti – In questo caso, il riferimento è all’inadeguatezza di alcuni operatori dei servizi sociali. Alcuni psicologi, ad esempio, vengono chiamati in causa come esperti durante i processi. Lo stesso non avviene con le maestre, anche se queste ultime hanno sicuramente una migliore conoscenza dello stato mentale di un bambino, in quanto contribuiscono a formarne il carattere”.
L’autrice ha parlato ai futuri avvocati, suggerendo il giusto atteggiamento nei confronti della professione: “il consiglio che voglio darvi è quello di essere allo stesso tempo soggettivi e oggettivi. Ciò vuol dire portarvi sempre dietro ciò che siete, ma porvi di fronte ad ogni situazione come se ogni volta fosse nuova, senza pregiudizi”.
Oltre agli studenti di Giurisprudenza, all’incontro erano presenti anche allievi di alcune scuole superiori del napoletano. I giovani hanno interloquito con la Hornby ponendo domande inerenti alla professione dell’avvocato, con particolare curiosità alle differenze tra il sistema giuridico inglese e quello italiano. Un’allieva all’ultimo anno di un Liceo Classico di Castellammare di Stabia ha chiesto se in Gran Bretagna, durante i processi in cui sono coinvolti minori, si parla della vicenda in televisione o sui giornali, oppure c’è più discrezione intorno a determinati argomenti. “I giudici e gli avvocati inglesi non hanno il divieto di parlare dei casi in questione ma, a differenza di quanto succede qui in Italia, non lo fanno – ha chiarito la Hornby – quindi la privacy viene sicuramente rispettata di più”. Un’altra domanda più specifica, da parte di una studentessa di Giurisprudenza, sul Children Act. L’avvocato Hornby, specializzata in Diritto di Famiglia, ha spiegato che si tratta di una legge introdotta nel Regno Unito a partire dal 1989, che ha modificato la legge precedente riguardo ai minori. “Uno dei cambiamenti più significativi riguarda la cosiddetta ‘parental responsibility’, ossia la custodia da parte dei genitori, che però in molti casi, purtroppo, non aiuta a difendere gli interessi dei più piccoli”.
Anna Maria Possidente