“Quando L’Orientale vuole muoversi, sa essere al momento giusto nei luoghi di emergenza, umanitaria e sociale, che riguardano il nostro patrimonio artistico e geologico”, le parole del prof. Fabrizio Pesando, docente esperto in Archeologia classica, il quale ha illustrato, nel pomeriggio dell’11 novembre presso l’Aula T2 di Palazzo del Mediterraneo i lavori più di recente svolti sul territorio marchigiano: “Una zona di cui ci stiamo occupando già prima dell’evento sismico e appunto sottoposta a notevoli tensioni nell’ultimo periodo. Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, è uno dei punti toccato in maniera consistente dal terremoto del 24 agosto e successivamente”. La presentazione ha attirato un buon numero di studenti iscritti al Corso di Laurea Triennale in Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente. Presente in aula l’intera équipe che ha accompagnato il docente nei siti colpiti dal sisma. Ex studenti, dottorandi e ricercatori compongono un team di lavoro affiatato ed efficiente che ha agito
in collaborazione con il nuovo assetto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche. “Non è la prima volta che operiamo in queste situazioni”, conferma il docente rammentando il terremoto dell’Aquila nel 2009: “Allora eravamo presso l’area archeologica di Fossa, località famosa per la più ricca necropoli italica di
età orientalizzante che conosciamo nell’Italia centrale”. Finalità encomiabile della missione nelle aree a rischio: “organizzare un’adeguata documentazione scientifica di siti, monumenti archeologici e altre strutture visibili che sono privi di un archivio, sfruttando strumenti tecnologici più complessi e all’avanguardia”, quali laser scanner e
drone, alcuni di questi messi a disposizione dal CISA, Centro Interdipartimentale di Servizi di Archeologia dell’Ateneo. Inoltre, si doteranno le strutture di “localizzazione GPS per fornire un’ubicazione geografica
precisa, immediatamente utile per una ricognizione di tipo paesaggistico”. Tuttavia, restano comunque indispensabili “braccia, piccone e pala, gli usuali strumenti di conoscenza dell’archeologo”. Un’occasione di monitoraggio e ricerca sul campo che, “seppur concentrata in poche settimane, non ha serbato attimi di panico. Il team era presente quando lo scorso 26 ottobre forti scosse hanno attraversato l’Adriatico centro-settentrionale”. Il giorno successivo “ero già a fare un sopralluogo per constatare i danni agli edifici di interesse che mostravano
fessurazioni e crepe visibilmente aumentate all’esterno”. Che i terremoti facciano parte della storia d’Italia “chi abita in Campania lo sa bene. Nel Piceno si sapeva già in età antica. Testimonianze scritte riferiscono che il giorno fatidico della battaglia tra guerrieri piceni e romani un terremoto di proporzioni enormi scosse la terra tanto da incutere paura ai combattenti e condizionare l’esito della battaglia”. Le indagini realizzate nei Comuni della Riviera
“non consistono in un vero e proprio scavo. Ma si tratta di interventi non invasivi”. Coinvolte le città di Cupra Marittima e Grottammare. Non tutti sanno che la Regione, in primis la porzione prossima al mare stretta a nord tra l’area sannitica e quella umbra, riserva sorprese di un certo rilievo dal punto di vista archeologico: “Sopravvivenze straordinarie di borghi medioevali che si inseriscono in maniera singolare nell’ager di città romane”. A questi argomenti sarà dedicato un approfondimento mirato durante il corso di Archeologia dell’Italia Romana rivolto agli
studenti del percorso Magistrale in Archeologia: Oriente e Occidente e impartito analogamente dal docente, di pari passo alle lezioni di Antichità pompeiane ed ercolanesi e Archeologia della Magna Grecia. Benché si reputino in genere poco noti, “i rinvenimenti di Cupra – primi tra tutti, i ‘Fasti Cuprenses’ e le ‘Mura Mignini’ – sono famosi già dal Settecento”. Argomento ancora molto dibattuto è, infatti, l’ubicazione del Tempio della Dea Cupra: “enclave di fondazione etrusca mai identificata. Si dovrebbero riaprire gli scavi per risolvere la questione”. Altro centro coinvolto nelle ultime manovre di recupero e valorizzazione dei beni archeologici è Grottammare, dove la cisterna romana, nota come i ‘Bagni della Regina’, è stata sottoposta nel luglio scorso a bonifica. A cosa si deve l’abbondanza di vasche e conserve idriche nelle Marche meridionali? “Probabilmente alla necessità di accumulare acqua per le coltivazioni. Molti piccoli fiumi del Piceno sono tuttora di tipo torrentizio ed è quindi possibile che il suolo fosse afflitto da una forte dispersione d’acqua”. Insomma, Comuni piccoli ma molto attivi. Scatta all’istante il paragone con la nostra Regione: “In Campania abbiamo un patrimonio ricchissimo e non sappiamo come gestirlo, lì invece le amministrazioni cercano in tutti i modi di preservare i beni, anche se meno numerosi. Conservazione e Ricostruzione, queste devono essere le parole chiave a testimonianza dell’impegno – soprattutto in zone con pericolosità sismica – di tutela del territorio”.
Sa.Sa.
in collaborazione con il nuovo assetto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche. “Non è la prima volta che operiamo in queste situazioni”, conferma il docente rammentando il terremoto dell’Aquila nel 2009: “Allora eravamo presso l’area archeologica di Fossa, località famosa per la più ricca necropoli italica di
età orientalizzante che conosciamo nell’Italia centrale”. Finalità encomiabile della missione nelle aree a rischio: “organizzare un’adeguata documentazione scientifica di siti, monumenti archeologici e altre strutture visibili che sono privi di un archivio, sfruttando strumenti tecnologici più complessi e all’avanguardia”, quali laser scanner e
drone, alcuni di questi messi a disposizione dal CISA, Centro Interdipartimentale di Servizi di Archeologia dell’Ateneo. Inoltre, si doteranno le strutture di “localizzazione GPS per fornire un’ubicazione geografica
precisa, immediatamente utile per una ricognizione di tipo paesaggistico”. Tuttavia, restano comunque indispensabili “braccia, piccone e pala, gli usuali strumenti di conoscenza dell’archeologo”. Un’occasione di monitoraggio e ricerca sul campo che, “seppur concentrata in poche settimane, non ha serbato attimi di panico. Il team era presente quando lo scorso 26 ottobre forti scosse hanno attraversato l’Adriatico centro-settentrionale”. Il giorno successivo “ero già a fare un sopralluogo per constatare i danni agli edifici di interesse che mostravano
fessurazioni e crepe visibilmente aumentate all’esterno”. Che i terremoti facciano parte della storia d’Italia “chi abita in Campania lo sa bene. Nel Piceno si sapeva già in età antica. Testimonianze scritte riferiscono che il giorno fatidico della battaglia tra guerrieri piceni e romani un terremoto di proporzioni enormi scosse la terra tanto da incutere paura ai combattenti e condizionare l’esito della battaglia”. Le indagini realizzate nei Comuni della Riviera
“non consistono in un vero e proprio scavo. Ma si tratta di interventi non invasivi”. Coinvolte le città di Cupra Marittima e Grottammare. Non tutti sanno che la Regione, in primis la porzione prossima al mare stretta a nord tra l’area sannitica e quella umbra, riserva sorprese di un certo rilievo dal punto di vista archeologico: “Sopravvivenze straordinarie di borghi medioevali che si inseriscono in maniera singolare nell’ager di città romane”. A questi argomenti sarà dedicato un approfondimento mirato durante il corso di Archeologia dell’Italia Romana rivolto agli
studenti del percorso Magistrale in Archeologia: Oriente e Occidente e impartito analogamente dal docente, di pari passo alle lezioni di Antichità pompeiane ed ercolanesi e Archeologia della Magna Grecia. Benché si reputino in genere poco noti, “i rinvenimenti di Cupra – primi tra tutti, i ‘Fasti Cuprenses’ e le ‘Mura Mignini’ – sono famosi già dal Settecento”. Argomento ancora molto dibattuto è, infatti, l’ubicazione del Tempio della Dea Cupra: “enclave di fondazione etrusca mai identificata. Si dovrebbero riaprire gli scavi per risolvere la questione”. Altro centro coinvolto nelle ultime manovre di recupero e valorizzazione dei beni archeologici è Grottammare, dove la cisterna romana, nota come i ‘Bagni della Regina’, è stata sottoposta nel luglio scorso a bonifica. A cosa si deve l’abbondanza di vasche e conserve idriche nelle Marche meridionali? “Probabilmente alla necessità di accumulare acqua per le coltivazioni. Molti piccoli fiumi del Piceno sono tuttora di tipo torrentizio ed è quindi possibile che il suolo fosse afflitto da una forte dispersione d’acqua”. Insomma, Comuni piccoli ma molto attivi. Scatta all’istante il paragone con la nostra Regione: “In Campania abbiamo un patrimonio ricchissimo e non sappiamo come gestirlo, lì invece le amministrazioni cercano in tutti i modi di preservare i beni, anche se meno numerosi. Conservazione e Ricostruzione, queste devono essere le parole chiave a testimonianza dell’impegno – soprattutto in zone con pericolosità sismica – di tutela del territorio”.
Sa.Sa.