L’avventura newyorchese di Alessandra e Giorgio, laureandi in Ingegneria Civile

Stanno per rientrare dagli Stati Uniti Giorgio Parisi e Alessandra Daniele, i due studenti di Ingegneria che hanno seguito il percorso formativo congiunto tra l’Università Parthenope e la New York Polytechnic University denominato ‘Structural and Geotechnical Engineering’, nell’ambito della Specialistica in Ingegneria Civile. Come previsto dal programma didattico, conclusi gli esami entro il 20 maggio, torneranno in Italia per discutere la tesi. Il risultato sarà un sostanzioso doppio titolo: la Laurea Specialistica in Ingegneria Civile e il Master of Science in Civil Engineering. Dopo un primo anno di corso alla Parthenope con lezioni ed esami in lingua inglese, i ragazzi sono partiti alla volta di New York per seguire il secondo anno e terminare il percorso. 
La preparazione
in Italia “è molto
più elevata”
Un’esperienza unica, che ha regalato loro molte sorprese, come ad esempio la scoperta di partire in vantaggio rispetto ai colleghi americani sul piano della preparazione. “In Italia ci viene data una preparazione molto più elevata di quella che si acquisisce in America, dove si fanno meno ore di didattica e lo studio viene lasciato un po’ a se stesso”, dice Giorgio Parisi. Giorgio compirà 24 anni a giugno, ha conseguito la Laurea Triennale in 2 anni e 9 mesi, cioè in tempi record, e non ha problemi a dire: “Io con gli esami in Italia mi sono distrutto”. Non ha problemi neppure ad ammettere che durante il periodo americano un po’ ha rimpianto la Parthenope, “con la sua sede bellissima e i professori sempre disponibili. Negli Stati Uniti i docenti mettono meno nell’insegnamento e molto di più nella ricerca”. Però i mesi trascorsi alla New York Polytechnic University gli hanno dato modo di venire a contatto con una realtà nuova e molto formativa non solo dal punto di vista scientifico. Sport, attività culturali, vita universitaria a trecentosessanta gradi come nel sistema italiano difficilmente si riesce a fare. Per non parlare della possibilità di assaggiare sul serio la Grande Mela, non da semplice turista ma da studente universitario, una specie di fuori sede sui generis. “All’inizio non è stato facile”, racconta, “sono partito il 27 agosto e sono rimasto a New York per ben 7 mesi, senza mai rientrare in Italia. A livello psicologico è stato pesante, io sono molto legato alla mia famiglia e al mio ambiente”. Poi però piano piano ci si abitua alla città che non dorme mai, “che viaggia a una velocità diversa”. “In America si riesce a fare cose che in poche altre parti del mondo si può fare. C’è la vera meritocrazia. Se sei in grado di fare 50 fai 50, se 100 fai 100. E la cosa bella è che se fai 100 ti pagano per 100. New York trasmette molta energia e io, anche se non so ancora dire cosa farò da grande, spero di riuscire a costruire qualcosa che contenga gli aspetti positivi del modello americano: la completa e minuziosa organizzazione, il rigore. Quest’esperienza mi ha aperto la mente e mi spalanca di fronte una miriade di opportunità. Conseguirò un Master in una delle più prestigiose Scuole di Ingegneria del mondo, il mio curriculum sarà appetibile ovunque. Europa, America, Cina, Brasile, India”. 
Borse di studio per retta e alloggio
Giorgio sottolinea che, grazie alla convenzione tra la Parthenope e la New York Polytechnic University, lui e Alessandra hanno fatto un colpaccio. Hanno risparmiato tempo e soldi. Tempo, perché altrimenti avrebbero dovuto prima affrontare due anni di Specialistica e poi provare ad accedere al Master americano. “Cosa non facile perché negli Stati Uniti le Università, in base al curriculum, possono anche rifiutarti. Fai l’application a 10 Università e te ne rispondono 2”. Soldi, perché circa 30mila dollari di retta e alloggio sono stati pagati dalla Regione Campania e da H2CU (Centro Interuniversitario per la Formazione Internazionale, www.h2cu.com). 
Ridotte al minimo le preoccupazioni economico-finanziarie, i ragazzi sono stati messi nelle condizioni ideali per dedicarsi con concentrazione allo studio. Impegno necessariamente al massimo, dato che alla New York Polytechnic gli esami, tutti scritti con qualche presentazione in power point, si concentrano nell’arco di una settimana o poco più. Alessandra Daniele, quando la contattiamo, è sotto esame. O sarebbe meglio dire sotto esami. Tre esami consecutivi, un giorno dopo l’altro. Lei ha una buona media, fino ad ora ha ottenuto una A e due B. “Qui i voti sono espressi in lettere”, spiega, “A, B, C, D, E, F. F significa bocciato. D vuol dire promozione, ma con deficienza. Durante la settimana degli esami si accumula molto stress, ma noi italiani siamo abituati a studiare meglio degli americani. Tra l’altro, quello che stiamo seguendo è un Master, e la maggior parte degli allievi sono lavoratori che hanno un metodo di apprendimento diverso dal nostro. Dedicano poche ore allo studio, ma in compenso fanno molta esperienza sul campo”. 
Un’esperienza
che dà chance in più
Alessandra, ventitreenne laureata Triennale col massimo dei voti, ha scelto di iscriversi al percorso per il titolo congiunto perché da sempre sognava di svolgere una parte degli studi all’estero. “Mi è sembrata un’opportunità più seria dell’Erasmus perché finalizzata a un obiettivo preciso. E’ un iter con i suoi insegnamenti, senza la necessità di particolari procedure di riconoscimento o convalida degli esami. Il Master è prestigioso e New York è un mondo da scoprire. Le sorprese sono state tante, sia positive che negative. Intorno mi sono vista molto individualismo, tantissima fretta, non c’è il tempo neanche di mangiare. Qualche delusione l’ho avuta. Ma ci sono stati anche momenti molto belli e piacevoli. All’Università si fanno tante attività interessanti, ad esempio abbiamo partecipato a una competizione di costruzioni in calcestruzzo, di cui abbiamo vinto la fase regionale. Alla fase successiva io non prenderò parte, perché sarò tornata in Italia”. Si percepisce che ad Alessandra piacerebbe rimanere ancora, magari per iniziare un’avventura nel mondo del lavoro. “Ci sono regole burocratiche piuttosto rigide che disciplinano il settore dei tirocini”, dice, “rimanere non è facile. Quindi per adesso torno in Italia. Con tante chance in più, però”.
Sara Pepe
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