L’esperienza di Remus, studente in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali

A cimentarsi in un viaggio da solo in Benin e ancora prima che esistesse qualsiasi accordo ufficiale tra le università è stato Remus Vianello, napoletano, 27 enne con la passione per la zootecnia. Oggi Remus è iscritto alla Magistrale in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali, ma nel 2018 in Benin ha svolto una ricerca per la tesi di Laurea Triennale in Tecnologie delle Produzioni Animali. Dal titolo “Utilizzo di sottoprodotti durante la stagione secca nell’Africa Subsahariana individuando criticità e nuove ipotesi”, il lavoro è stato seguito come relatrice dalla prof.ssa Serena Calabrò, docente di Nutrizione e Alimentazione Animale, e portato avanti con la collaborazione del professore beninese Ivan Bossima Koura che ha affiancato Remus per tutto il periodo di ricerca e di analisi dei dati e che per alcuni studi aveva già collaborato con la prof.ssa Calabrò. La tesi si è incentrata sull’individuazione delle migliori strategie alimentari e allevatoriali in zone difficili come quella del Benin. Un contributo importante Remus lo ha ricevuto anche dalla prof.ssa Bianca Gasparrini, docente di Clinica Ostetrica e Ginecologia Veterinaria, che lo ha guidato nello studio, soprattutto dal punto di vista genetico, delle razze animali presenti sul territorio beninese e della gestione allevatoriale, in vista della sua partenza.
La scelta di iscriversi all’università arriva alcuni anni dopo gli studi superiori, ma questo tempo ha dato al ragazzo la possibilità di riflettere davvero su ciò che lo incuriosiva e che avrebbe voluto approfondire. Dopo una Laurea Triennale in corso, ottenuta lo scorso ottobre, e aver sostenuto con ottimi voti quattro esami del percorso Magistrale, Remus spera in futuro di fare della sua passione un lavoro, magari per un’azienda agro-zootecnica in territorio campano.
La scelta di partire per l’Africa “è arrivata dopo un incontro organizzato in Dipartimento dalla prof.ssa Gasparrini con il prof. Ivan Bossima Koura sulle problematiche della zootecnia e dell’agricoltura in Benin. Mi ha molto interessato soprattutto il tema della sicurezza alimentare degli animali e delle micro-tossine e delle aflatossine. Ho quindi preso contatto con il prof. Bossima Koura per partire per il Benin, quando non c’era ancora nessun accordo Erasmus. Desideravo poter mettere in pratica le conoscenze che avevo acquisito durante il mio percorso accademico”. Una decisione coraggiosa quella di avventurarsi in un posto totalmente sconosciuto senza contatti diretti sul posto, ma Remus non è d’accordo: “il mio non è stato coraggio ma semplice interesse per lo studio. Coraggioso è quello che fanno i professori Di Salvo e Gasparrini e tutti gli altri che partono con loro, persone che lavorano e che potrebbero vivere nella comodità e invece scelgono di occuparsi del prossimo. Adesso hanno creato anche delle connessioni Erasmus ed è un’azione molto importante sia per il Benin che per noi, perché ci permette di capire e conoscere meglio nuove realtà. Viaggi del genere hanno lo scopo di migliorare entrambe le parti, è una questione di crescita reciproca”.
Un’esperienza, quella dell’Africa, che tocca chi la vive ed emoziona anche chi ne sente solo parlare. Ed emozione e affetto sono i sentimenti che si percepiscono nelle parole di Remus, un giovane studente con la voglia di conoscere senza filtri e intermediari. Racconta: “ho lasciato in Benin un pezzo di cuore e quattro amici davvero speciali. Il primo giorno all’università non ero riuscito a fare la spesa, ero senza nulla da mangiare. Tre ragazzi hanno bussato alla mia porta, a cui ammetto di aver aperto con molta apprensione. I primi giorni ero sempre sulla difensiva, per quella paura che da occidentali ci portiamo dietro in quei posti che non conosciamo e sui quali abbiamo moltissimi pregiudizi. Questi ragazzi, invece, mi stavano offrendo  da mangiare, arachidi e qualche altra piccola cosa, dopo ho capito che quello che avevano offerto a me era la loro cena. Mi hanno ospitato a casa loro nei giorni di chiusura dell’università, senza mai chiedermi niente. Ho trascorso lì solo un mese, ma in quel mese credo di aver avuto la connessione mentale, psicologica e di studio maggiore e migliore di sempre, più di quanto ne abbia mai avuto in tutti gli anni dell’università”. La giornata tipo di uno studente ospite in Benin: “La mattina mi svegliavo alle 7.30, cercavo di lavarmi e di fare un minimo di colazione. Andavo a seguire le lezioni in università e, dopo una breve pausa perché il caldo era davvero forte, andavo con i miei colleghi a seguire le lezioni di pratica. Ho visitato molti allevamenti e seguito diversi esperimenti che i professori volevano riproporre in Benin dopo il successo in altre zone vicine. La sera cercavo di fare un resoconto di tutto quello che avevo visto e ascoltato, segnando le mie considerazioni”.
Un’esperienza di crescita accademica e personale significativa, che permette a chi la vive di conoscere meglio contesti e argomenti nuovi, ma anche se stessi: “Ho viaggiato abbastanza – in Europa, in Nord Africa e in Inghilterra – e mi ha stupito come abbia avuto più paura per le strade di Londra che in Benin. Ovviamente, non si esce indossando la croce d’oro, non per la paura di poter essere derubati, quanto per una questione di rispetto verso la comunità che ti ospita. È stato il mio desiderio di avvicinarmi al loro modo di vivere, alle loro abitudini che mi ha permesso di instaurare con alcuni ragazzi l’amicizia che ancora oggi ci lega. Voglio bene al prof. Bossima Koura perché per me rappresenta la bellezza dell’insegnamento all’università, una didattica che va oltre le spiegazioni della disciplina perché si apre alle considerazioni sulle tematiche sociali cui è connessa. Questa esperienza mi ha dato la pragmaticità dello studio, mi ha consentito di capire come la salute degli animali implica la salute degli alimenti e quindi delle persone”. Al rientro “ti rendi conto di quanto sia semplice riconoscere che siamo davvero tutti uguali e che dal confronto ci può solo essere ricchezza”.

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