“Complimenti a voi che avete sollecitato questo incontro”. Sono queste le prime parole rivolte da Giuseppe D’Antonio, professore di Ingegneria sanitaria-ambientale, agli studenti che riempiono l’Aula Arrigo Croce, al piano terra del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale di via Claudio.
Il Seminario “I motivi della crisi nella gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Campania”, svoltosi venerdì 29 novembre, scaturisce, quindi, dalla richiesta dei più giovani di approfondire questioni che interessano tutti.
“La vostra istanza nasce da un sentimento di dispiacere”, continua il professore, ed è un dispiacere che coinvolge anche lui, visto che, subito dopo, aggiunge con aria amareggiata: “L’Ingegneria sanitaria è nata a Napoli e non vorrei che morisse a Napoli”. D’Antonio, però, cerca di trasmettere ai suoi studenti anche un senso di consapevolezza rispetto alla reale condizione del Paese e, in conclusione della sua introduzione, afferma: “Non crediate che le altre regioni d’Italia stiano meglio di noi. La Campania è sempre al centro dell’attenzione perché è quella che si vende meglio sui giornali”.
La parola, poi, passa al prof. Francesco Pirozzi, Presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio, al quale sono state affidate le redini del seminario. Dopo aver manifestato il piacere con cui ha accolto la sollecitazione degli studenti nell’organizzare questo incontro, il docente riprende subito un discorso già intrapreso dal collega D’Antonio: “Quando si parla di gestione del ciclo dei rifiuti in Campania sembra subito che la situazione sia critica e drammatica. Voglio che sia ben chiaro che stiamo affrontando un argomento critico, ma non è una situazione che non ha eguali”.
Si passa al seminario vero e proprio. Un seminario che non ha ragion d’essere se non si ha chiara la definizione del termine rifiuto: “Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi, abbia deciso di disfarsi o abbia l’obbligo di disfarsi”. Ma quanti e quali tipi di rifiuto ci sono? Un quesito che il prof. Pirozzi non lascia senza risposta: “Nella classificazione dei rifiuti vi sono due distinzioni parallele. Da una parte bisogna distinguere i Rifiuti Solidi Urbani da quelli Speciali (provenienti da attività produttive), dall’altra i rifiuti Pericolosi da quelli Non Pericolosi”. C’è, però, anche una terza distinzione da fare, questa volta a livello temporale e in termini di “smaltimento rifiuti”: “Dal 1982, anno dell’emanazione della normativa sugli impianti da adottare per lo smaltimento, al 2000 in Campania i rifiuti solidi urbani, seppure gli impianti non erano sempre gestiti in maniera appropriata, sono sempre stati smaltiti secondo la norma. Nonostante ciò, oggi lo smaltimento è la causa principale della cosiddetta Emergenza rifiuti”, afferma il professore. Ma bisogna fare una precisazione: “La causa non è da ricercare nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ma in quello dei rifiuti speciali”, chiarisce il docente.
Con l’ausilio di diapositive Pirozzi passa ad illustrare varie statistiche. La prima riguarda la produzione assoluta dei rifiuti solidi urbani: “Il maggior produttore in assoluto è la Germania. L’Italia, comunque, rientra tra i maggiori con una produzione di 30 milioni di tonnellate l’anno”, fa notare il professore. La seconda, invece, mostra la produzione pro-capite dei rifiuti solidi urbani: “In Italia ogni abitante produce 500/550 Kg di rifiuti all’anno, circa 1 Kg al giorno. Da tener conto che le regioni del centro sono quelle che producono di più, quelle del sud di meno. In Campania sono prodotti circa 2 milioni e 600mila rifiuti all’anno. La maggior parte provengono dalla Provincia”.
E per quanto riguarda la produzione dei rifiuti speciali? “Se ne parla poco – esordisce il docente – ma dal 2000 al 2006 in Italia sono stati prodotti dagli 80 ai 100 milioni di rifiuti speciali, in Campania dai 4 a 4 milioni e mezzo. Da tener conto che molto spesso il conteggio dei rifiuti di questo tipo sfugge al controllo”.
Se all’inizio dell’incontro era stata fatta una distinzione sui vari tipi di rifiuto, ora si analizzano le modalità di raccolta. “La raccolta può avvenire per via indifferenziata o differenziata. Quest’ultima consente di separare una o più frazioni merceologiche. Dal 2007 al 2012 si è avuto un incremento della raccolta differenziata. Oggi in Italia il 40% dei rifiuti si raccoglie per via differenziale. Da non trascurare che da essa nasce un rifiuto del rifiuto procurato dal trattamento stesso. Quando si fa la raccolta differenziata il 30% di un rifiuto torna ad essere rifiuto”, sottolinea il professore. Poi, fornisce altri dati: “Al nord la raccolta differenziata è al 50%, al sud al 25-30%. È ovvio che più un comune è piccolo meglio si riesce a gestire questo tipo di raccolta. I comuni con più di 150 mila abitanti non riescono a superare il 50% della raccolta differenziata. E non dimentichiamo che essa ha anche un costo”.
Dopo tutte queste informazioni si arriva al nocciolo della questione: “Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 la Campania era invasa di spazzatura. Come è potuto accadere? Per avere una risposta bisogna indietreggiare sino al 2006 quando Campania e Valle d’Aosta erano le uniche due regioni italiane con un massimo di 5 discariche nel loro territorio. Per la Valle d’Aosta la motivazione è rintracciabile nelle dimensioni territoriali, per la Campania no. Quest’ultima era stata, invece, l’unica regione che si era adeguata al Decreto Ronchi del ’97, che proponeva una riduzione delle discariche a favore di impianti alternativi per lo smaltimento. Impianti alternativi che nel nostro territorio hanno tardato ad arrivare, procurando l’accumulo di un’ingente quantità di rifiuti. E, poi, la presenza di discariche resta sempre fondamentale. Solo alcuni anni dopo si è potuto assistere alla nascita di 7 impianti CDR (per la selezione e trasformazione rifiuti) e di 2 termovalorizzatori. In ogni caso non si è ancora riusciti a dare piena attuazione ad un ciclo integrato dei rifiuti, unico modo per risolvere i problemi in questo ambito”.
A conclusione del seminario il prof. Pirozzi esordisce con un “Basta Monnezza” e l’invito ad ognuno ad impegnarsi nel suo piccolo per un territorio più pulito.
Fabiana Carcatella
Il Seminario “I motivi della crisi nella gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Campania”, svoltosi venerdì 29 novembre, scaturisce, quindi, dalla richiesta dei più giovani di approfondire questioni che interessano tutti.
“La vostra istanza nasce da un sentimento di dispiacere”, continua il professore, ed è un dispiacere che coinvolge anche lui, visto che, subito dopo, aggiunge con aria amareggiata: “L’Ingegneria sanitaria è nata a Napoli e non vorrei che morisse a Napoli”. D’Antonio, però, cerca di trasmettere ai suoi studenti anche un senso di consapevolezza rispetto alla reale condizione del Paese e, in conclusione della sua introduzione, afferma: “Non crediate che le altre regioni d’Italia stiano meglio di noi. La Campania è sempre al centro dell’attenzione perché è quella che si vende meglio sui giornali”.
La parola, poi, passa al prof. Francesco Pirozzi, Presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio, al quale sono state affidate le redini del seminario. Dopo aver manifestato il piacere con cui ha accolto la sollecitazione degli studenti nell’organizzare questo incontro, il docente riprende subito un discorso già intrapreso dal collega D’Antonio: “Quando si parla di gestione del ciclo dei rifiuti in Campania sembra subito che la situazione sia critica e drammatica. Voglio che sia ben chiaro che stiamo affrontando un argomento critico, ma non è una situazione che non ha eguali”.
Si passa al seminario vero e proprio. Un seminario che non ha ragion d’essere se non si ha chiara la definizione del termine rifiuto: “Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi, abbia deciso di disfarsi o abbia l’obbligo di disfarsi”. Ma quanti e quali tipi di rifiuto ci sono? Un quesito che il prof. Pirozzi non lascia senza risposta: “Nella classificazione dei rifiuti vi sono due distinzioni parallele. Da una parte bisogna distinguere i Rifiuti Solidi Urbani da quelli Speciali (provenienti da attività produttive), dall’altra i rifiuti Pericolosi da quelli Non Pericolosi”. C’è, però, anche una terza distinzione da fare, questa volta a livello temporale e in termini di “smaltimento rifiuti”: “Dal 1982, anno dell’emanazione della normativa sugli impianti da adottare per lo smaltimento, al 2000 in Campania i rifiuti solidi urbani, seppure gli impianti non erano sempre gestiti in maniera appropriata, sono sempre stati smaltiti secondo la norma. Nonostante ciò, oggi lo smaltimento è la causa principale della cosiddetta Emergenza rifiuti”, afferma il professore. Ma bisogna fare una precisazione: “La causa non è da ricercare nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ma in quello dei rifiuti speciali”, chiarisce il docente.
Con l’ausilio di diapositive Pirozzi passa ad illustrare varie statistiche. La prima riguarda la produzione assoluta dei rifiuti solidi urbani: “Il maggior produttore in assoluto è la Germania. L’Italia, comunque, rientra tra i maggiori con una produzione di 30 milioni di tonnellate l’anno”, fa notare il professore. La seconda, invece, mostra la produzione pro-capite dei rifiuti solidi urbani: “In Italia ogni abitante produce 500/550 Kg di rifiuti all’anno, circa 1 Kg al giorno. Da tener conto che le regioni del centro sono quelle che producono di più, quelle del sud di meno. In Campania sono prodotti circa 2 milioni e 600mila rifiuti all’anno. La maggior parte provengono dalla Provincia”.
E per quanto riguarda la produzione dei rifiuti speciali? “Se ne parla poco – esordisce il docente – ma dal 2000 al 2006 in Italia sono stati prodotti dagli 80 ai 100 milioni di rifiuti speciali, in Campania dai 4 a 4 milioni e mezzo. Da tener conto che molto spesso il conteggio dei rifiuti di questo tipo sfugge al controllo”.
Se all’inizio dell’incontro era stata fatta una distinzione sui vari tipi di rifiuto, ora si analizzano le modalità di raccolta. “La raccolta può avvenire per via indifferenziata o differenziata. Quest’ultima consente di separare una o più frazioni merceologiche. Dal 2007 al 2012 si è avuto un incremento della raccolta differenziata. Oggi in Italia il 40% dei rifiuti si raccoglie per via differenziale. Da non trascurare che da essa nasce un rifiuto del rifiuto procurato dal trattamento stesso. Quando si fa la raccolta differenziata il 30% di un rifiuto torna ad essere rifiuto”, sottolinea il professore. Poi, fornisce altri dati: “Al nord la raccolta differenziata è al 50%, al sud al 25-30%. È ovvio che più un comune è piccolo meglio si riesce a gestire questo tipo di raccolta. I comuni con più di 150 mila abitanti non riescono a superare il 50% della raccolta differenziata. E non dimentichiamo che essa ha anche un costo”.
Dopo tutte queste informazioni si arriva al nocciolo della questione: “Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 la Campania era invasa di spazzatura. Come è potuto accadere? Per avere una risposta bisogna indietreggiare sino al 2006 quando Campania e Valle d’Aosta erano le uniche due regioni italiane con un massimo di 5 discariche nel loro territorio. Per la Valle d’Aosta la motivazione è rintracciabile nelle dimensioni territoriali, per la Campania no. Quest’ultima era stata, invece, l’unica regione che si era adeguata al Decreto Ronchi del ’97, che proponeva una riduzione delle discariche a favore di impianti alternativi per lo smaltimento. Impianti alternativi che nel nostro territorio hanno tardato ad arrivare, procurando l’accumulo di un’ingente quantità di rifiuti. E, poi, la presenza di discariche resta sempre fondamentale. Solo alcuni anni dopo si è potuto assistere alla nascita di 7 impianti CDR (per la selezione e trasformazione rifiuti) e di 2 termovalorizzatori. In ogni caso non si è ancora riusciti a dare piena attuazione ad un ciclo integrato dei rifiuti, unico modo per risolvere i problemi in questo ambito”.
A conclusione del seminario il prof. Pirozzi esordisce con un “Basta Monnezza” e l’invito ad ognuno ad impegnarsi nel suo piccolo per un territorio più pulito.
Fabiana Carcatella