La didattica va in Consiglio

Finalmente un Consiglio quasi del tutto dedicato ai problemi della didattica, quello del 7 febbraio. Dopo aver affrontato brevemente problematiche di altro genere, dunque, in CdiF si è aperto subito il focoso dibattito acceso dalla presentazione ufficiale del documento sulla riforma dei programmi d’esame redatto dai consiglieri Vittorio Pietropinto ed Antonio Esposito. Proprio Pietropinto ha tenuto a ribadire dinanzi al consesso, assumendosi la responsabilità delle sue dichiarazioni, il ruolo svolto in prima persona nel concepimento del testo presentato, a scanso delle incomprensioni sorte e delle proteste sollevate recentemente da altri consiglieri di facoltà. All’uopo val la pena dire subito che oltre a Pietropinto c’era la sola Margherita Interlandi ad assistere alla discussione del documento.
Quali le reazioni dei docenti? In apertura il professor Jossa, presidente della Commissione didattica, ha fatto un proprio cappello personale alla discussione, denunciando il fatto che di didattica, in generale, si parla poco e proponendo (con successo) di inserire nell’ordine del giorno di ogni Consiglio di Facoltà almeno un punto riguardante i problemi trattati dall’organo da lui diretto.
Un primo commento, forse un po’ duro, al documento sui programmi d’esame è giunto dal professor Scudiero che pur tenendosi sulle generali (ha parlato in particolare dei ritardi nella laurea) ha puntato l’attenzione sul fatto che i programmi rappresentano un importante strumento di autonomia dei docenti. Proprio ai docenti, dunque, andrebbe lasciata la libertà di organizzare la didattica nella propria cattedra come meglio credono.
Il professor Mazzacane ha invece fatto notare che alcuni degli argomenti trattati dalla commissione sono già oggetto della riforma universitaria, per cui bisogna stare attenti a non far tracimare le competenze specifiche. In seguito è stata la volta del professor Pica che ha operato una macrodivisione tra studenti professionali e non professionali, richiamandosi alla necessità di un coordinamento interdisciplinare ed invocando una struttura modulare dei programmi, con la possibilità, cioè, di dividere l’esame in più fasi. Il professor Porzio si è invece schierato apertamente contro la possibilità, paventata dagli studenti, di istituire, a cominciare dal prossimo mese di settembre, dei corsi di introduzione alle scienze giuridiche per le matricole. Ancor più polemico l’intervento del professor Rusciano che ha difeso a spada tratta la validità dell’esame di Diritto sindacale (individuato dagli studenti come esempio lampante di insegnamento parzialmente ripetitivo del diritto del lavoro) ed ha rilanciato le proprie perplessità in merito al documento “che non deve rappresentare un mezzo per far studiare di meno gli studenti”. Ad assumersi la responsabilità di una risposta al professor Rusciano sono stati il professor Sparano, in prima battuta, ed il consigliere Pietropinto, in seconda. Entrambi hanno chiarito che l’intento palese del documento non è quello di far studiare di meno gli studenti, ma, semmai, di farli studiare meglio. L’esempio di una proposta di riduzione quantitativa e non qualitativa del programma è rappresentato dal Diritto costituzionale che, secondo gli studenti, non va stravolto ma modificato. I numeri e le statistiche, che parlano di un altissimo numero di bocciati in ogni appello, devono pur significare qualcosa.
Da registrare anche un intervento dell’altra consigliera presente, Margherita Interlandi, la quale ha posto il problema più generale del ruolo della commissione didattica, chiedendo al Preside chiarimenti in merito. La Interlandi si è anche schierata contro le discussioni troppo demagogiche ed ha sollevato la questione tesi (che sarà dibattuta nel prossimo CdiF) chiedendosi come mai non sia ancora stato distribuito il relativo documento redatto mesi fa dalla commissione. Un cenno è stato fatto anche ai corsi ed ai seminari, giudicati assolutamente non esaustivi dei programmi d’esame.
Marco Merola
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