Chiara De Riggi e Maria Caputo Orientale, iscritte al terzo anno del Corso in Economia delle Imprese Finanziarie, hanno presentato, durante l’incontro, tesine di approfondimento dedicate a due figure del calcio d’altri tempi. Chiara si è occupata della storia di Árpád Weisz, calciatore ungherese degli anni ’20, uno dei primi stranieri ad arrivare in Italia, dove ritorna, al temine della parentesi uruguaiana, da allenatore per vincere, nel 1930 a soli trentaquattro anni (il più giovane ancora oggi ad avere mai ottenuto un risultato simile), uno scudetto sulla panchina dell’Inter e due su quella del Bologna (1936 e 1937). Di origini ebraiche, pertanto colpito dalle leggi razziali, è costretto a fuggire prima a Parigi, poi nei Paesi Bassi, dove continua la propria attività di allenatore vincente. Con l’occupazione nazista dell’Olanda, Weisz e la sua famiglia furono dapprima rinchiusi nei campi di lavoro e, successivamente, deportati ad Auschwitz dove, insieme con la moglie Elena e i figli Roberto e Clara, è morto nelle camere a gas. “Nel 1930, insieme ad Aldo Molinari, ha anche scritto un libro sul calcio. Un manuale con schemi innovativi, una cosa rivoluzionaria per l’epoca. È stata una figura affascinante con una vita tragica, che sapeva motivare i calciatori anche allenandosi con loro”, racconta Chiara, che ha deciso di fare del calcio la propria tesi di laurea: “Si tratta di una passione, ma soprattutto di un tema poco dibattuto dal punto di vista economico. Interessante e, speriamo, anche ricco di possibilità”.
Maria, invece, si è occupata di Italo Allodi: “un genio del calcio italiano. Un vero innovatore e un modello di imprenditore e manager, per competenza, strategia, fiuto per gli ingaggi e sensibilità”. Allodi, originario di Asiago, figlio di una famiglia ordinaria, dopo una breve carriera da giocatore professionista, decide di lasciare l’agonismo e dedicarsi agli studi per diventare giornalista, ma abbandona anche questo settore per lavorare come segretario amministrativo al Mantova ottenendo dei risultati così sorprendenti da essere chiamato, nel 1959, dall’Inter di Angelo Moratti, storico patron della Società. Ben presto ne diventa direttore sportivo contribuendo alla nascita di quella che le pagine di storia calcistica definiscono la ‘Grande Inter’. In seguito passa alla Juventus, alla Fiorentina e al Napoli, dove è rimasto fino al 1987, anno in cui viene colpito da un ictus. Coinvolto dagli scandali sulle scommesse nel calcio, ne esce completamente assolto. A lui sono legati alcuni dei nomi più ricorrenti delle cronache sportive dell’ultimo mezzo secolo: Suarez, Jair Da Costa, Bettega, Causio, Furino, Zoff, Cuccureddu, Oriali e un buon contributo al primo scudetto partenopeo. È morto a Firenze nel 1999.
Maria, invece, si è occupata di Italo Allodi: “un genio del calcio italiano. Un vero innovatore e un modello di imprenditore e manager, per competenza, strategia, fiuto per gli ingaggi e sensibilità”. Allodi, originario di Asiago, figlio di una famiglia ordinaria, dopo una breve carriera da giocatore professionista, decide di lasciare l’agonismo e dedicarsi agli studi per diventare giornalista, ma abbandona anche questo settore per lavorare come segretario amministrativo al Mantova ottenendo dei risultati così sorprendenti da essere chiamato, nel 1959, dall’Inter di Angelo Moratti, storico patron della Società. Ben presto ne diventa direttore sportivo contribuendo alla nascita di quella che le pagine di storia calcistica definiscono la ‘Grande Inter’. In seguito passa alla Juventus, alla Fiorentina e al Napoli, dove è rimasto fino al 1987, anno in cui viene colpito da un ictus. Coinvolto dagli scandali sulle scommesse nel calcio, ne esce completamente assolto. A lui sono legati alcuni dei nomi più ricorrenti delle cronache sportive dell’ultimo mezzo secolo: Suarez, Jair Da Costa, Bettega, Causio, Furino, Zoff, Cuccureddu, Oriali e un buon contributo al primo scudetto partenopeo. È morto a Firenze nel 1999.