Marco Carrano, ex studente alla SUN, professore per gli astronauti

Il giorno del proprio matrimonio, si sa, è più che normale ricevere telefonate di auguri da lontani parenti. Quel giorno però il numero di Marco Carrano, 30 anni e una laurea in Ingegneria aerospaziale alla SUN, lo compose un amico, ma un amico che non poteva essere più lontano di così. Era l’astronauta italiano Luca Parmitano e si trovava nello spazio a bordo dell’ISS, la Stazione Spaziale Internazionale.
È così che va adesso la vita dell’ingegnere cresciuto a San Nicola la Strada, che lunedì 22 settembre ha tenuto un incontro al Salone degli specchi della Reggia di Caserta, organizzato dall’Associazione Arma Aeronautica in collaborazione con l’Ente provinciale per il turismo e avente per tema i prodotti destinati all’alimentazione degli astronauti. Anche di questo infatti si occupa Argotec, la società aerospaziale per cui lavora Marco, che vanta una squadra quasi tutta italiana e la cui età media gravita intorno ai 28 anni. “Nel settembre 2009, quando ho cominciato questa esperienza, sono stato l’istruttore dei nostri astronauti, Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. Allora avevo 25 anni ed ero appena uscito dall’Università”, racconta Marco.
I lavori sono stati introdotti dal Presidente dell’Associazione, il generale Elio Rubino, che tra le altre cose ha ricordato proprio come la storia di Marco Carrano sia quella di uno studente del nostro territorio arrivato a risultati eccezionali. È in questa ottica che l’Associazione Arma Aeronautica di Caserta ha stretto accordi di stage sia con la SUN che con la Federico II, passando per il liceo Diaz; per essere un punto di contatto tra i giovani e queste esperienze di successo.
Un caffè nello spazio
Durante l’incontro, Marco ha accompagnato i presenti in un percorso nella storia contemporanea recente, rileggendo gli eventi chiave delle esplorazioni spaziali attraverso il cibo consumato in orbita dagli astronauti. Partendo dallo “spuntino” che Juri Gagarin mangiò nel suo viaggio attorno alla terra, con lo scopo di dimostrare la possibilità di deglutire senza l’ausilio della forza di gravità, passando per le varie fasi della corsa allo spazio durante la guerra fredda, per lo più caratterizzate da cibo tanto efficace quanto poco appetitoso, e per finire con le ultime sperimentazioni operate da Argotec nel nostro presente. Un viaggio verso la razionalizzazione di peso e volume degli alimenti, attraverso tecniche come la liofilizzazione, verso un bilanciamento nutritivo sempre più accurato e, aspetto importante, verso un miglioramento dell’esperienza del pasto. Certo, perché il cibo è anche gratificazione; e quando si passano mesi a fluttuare nello spazio, magari in non perfette condizioni di salute a causa delle condizioni di stress in cui si trova il proprio corpo, la componente psicologica assume un ruolo fondamentale. È questo il ragionamento alla base del concetto di “bonus food”, il cibo che gli astronauti possono richiedere una tantum per le occasioni speciali e la cui produzione è affidata proprio ad Argotec. “Luca ha chiesto cibi che gli ricordassero casa”, ha raccontato Marco parlando di Parmitano, “e per questo gli abbiamo preparato una lasagna e un tiramisù, molto apprezzato da tutti gli astronauti presenti a bordo”. Diverso il discorso affrontato con Samantha Cristoforetti, che ha messo il team di Argotec davanti ad una vera e propria sfida. “Samantha ha voluto lanciare un messaggio di sana alimentazione, e per questo abbiamo preparato cibo totalmente biologico e soprattutto senza alcun tipo di conservante”. La cosa non è da poco, perché un altro requisito di un alimento che vuole viaggiare nel cosmo è poter vantare un lungo periodo di conservazione. Questa caratteristica viene ottenuta ad esempio attraverso la termostabilizzazione, un processo che porta il cibo a temperature molto alte con lo scopo di eliminare ogni traccia di batteri. “La termostabilizzazione però ci porta a dover scegliere molto attentamente il tipo di cibo da proporre agli astronauti. La pasta, per esempio, sottoposta a questo tipo di processo, si distruggerebbe”.
Questi procedimenti di selezione e di taratura dei parametri vengono svolti da un team di esperti nello Space Lab di Argotec, che ha sede a Torino. Italia, quindi, e alla fama internazionale della cultura culinaria italiana sembra riallacciarsi in parte la scelta dell’azienda di rappresentare la cucina spaziale d’eccellenza, sempre aperta all’innovazione. Due in particolare le ultime novità messe in campo da Argotec. Nella sua prossima missione, l’astronauta Cristoforetti avrà infatti la possibilità di assemblare il proprio pasto mettendo insieme diversi ingredienti forniti dal team torinese, mentre il desiderio di offrire un’esperienza appagante a trecentosessanta gradi per chi naviga nello spazio ha spinto l’azienda a sviluppare una sofisticatissima macchina per il caffè, un tripudio del made in Italy nato dalla partnership con Lavazza.
Il futuro al Nord
o all’estero
Nonostante ciò è la Germania la residenza attuale di Marco, che lavora prevalentemente presso il Centro Europeo Astronauti di Colonia: “Il mio ruolo principale è di istruttore degli astronauti e dei controllori di volo della Stazione spaziale internazionale, e questa attività si svolge per forza di cose a Colonia, che è un po’ la casa degli astronauti europei. Ma rimango dipendente di una società italiana. Con il mio capo ho contatti su base giornaliera, e siccome sono anche responsabile tecnico delle attività educative e di comunicazione spesso organizziamo eventi come questo di Caserta in giro per l’Italia”. Un rapporto con il suo Paese ancora forte, quindi, anche se il suo lavoro implica pur sempre una vita all’estero. “Del resto da studente l’avevo preventivato. Un ingegnere aerospaziale deve pensare che il suo futuro potrebbe essere al nord, o ancora più probabilmente fuori dall’Italia. Esistono delle società che lavorano nel nostro campo nel meridione, e lavorano anche bene, ma la domanda è un po’ scarsa”. E proprio con realtà del nostro territorio Marco Carrano ha collaborato in occasione della sua tesi Triennale e della sua tesi Magistrale. Per la prima, sulla fluidodinamica, ha lavorato con il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali di Capua, mentre per la seconda, che aveva per tema la propulsione spaziale, ha operato in collaborazione con l’Avio di Pomigliano D’Arco. “All’Avio, nella sede di Rivalta di Torino, sono stato per la prima volta grazie ad una visita organizzata dall’Università”, racconta Marco. “Siamo stati anche all’Alenia, sempre a Torino. Queste esperienze sono state fondamentali, perché ci hanno fatto capire veramente la differenza tra l’Università e il mondo del lavoro”.
Il sogno di ogni
giovane ingegnere
aerospaziale
E bisogna dire che quello di Marco non è un lavoro come un altro. Lui stesso ammette: “Io sono molto realista, quindi non avrei mai sperato in un lavoro del genere. Lo spazio era qualcosa di molto improbabile ma che conservavo in un cassetto della mia testa. Poi Argotec, che era nella sua fase nascente, ha trovato il mio profilo nei database Almalaurea e mi ha contattato. Mi ero laureato col massimo dei voti e loro avevano bisogno di giovani leve. Inutile dire che ho colto questa occasione al volo. Ammetto di avere avuto anche una buona dose di fortuna, ma di sicuro ci ho messo del mio. Adesso ogni giorno ho la possibilità di avere a che fare con gli astronauti, e penso sia un po’ il sogno di tutti i giovani ingegneri aerospaziali”. Infine torna sulla sua esperienza universitaria e dice: “Ho scelto la SUN per una questione pratica, perché era più accessibile da Caserta, ma devo dire di aver ricevuto una formazione che giudico molto buona. A volte avrei preferito un approccio più pratico alle questioni, ma ricordo che c’erano comunque professori che riuscivano a darcelo. Il prof. Riccardi, ad esempio, docente di Aerodinamica. La materia era molto teorica, ma lui riusciva sempre a mostrarci cosa si nascondeva dietro un’equazione differenziale. Ricordo che era solito dire che non potevamo pretendere di imparare le equazioni a memoria, ma dovevamo ricordare il punto di partenza di un ragionamento e poi capire la fisica che c’è dietro. E questo è un principio che trovo efficace anche nel mio lavoro quotidiano. Con logica, buon senso e alcune conoscenze di base, si può davvero risolvere qualunque problema in maniera autonoma”. Un principio, insomma, che, vista la brillante carriera di questo trentenne casertano, sembra essere decisamente collaudato.
Valerio Casanova
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