Maurizio De Giovanni: “io sono uno che racconta storie”

Un docente d’eccezione per gli studenti del corso di Letteratura comparata del prof. Francesco De Cristofaro. A salire in cattedra, il 17 maggio, presso la Facoltà di Lettere, per parlare di ‘Scrittura creativa e scrittura seriale’, lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni. L’incontro rientra nell’ambito delle iniziative del concorso letterario ‘Inchiostro Digitale’. A salutare De Giovanni, insieme ad un cospicuo numero di studenti che ha affollato l’Aula Piovani, il Preside della Facoltà Arturo De Vivo. “Sono lieto di avere qui Maurizio De Giovanni, con il quale mi sono incontrato di recente in occasione della presentazione del concorso ‘Inchiostro Digitale’, della cui Giuria siamo entrambi membri – ha spiegato il Preside – In quella occasione l’ho invitato in Facoltà per un incontro con gli studenti. Potersi confrontare con un autore e parlare con lui di come si fa scrittura è per i giovani un’occasione unica, che io che studio i classici non potrò mai avere! Lui si è detto subito disponibile e oggi eccolo qua a raccontare come nascono le sue opere”.
Quella di De Giovanni, più che una lezione, è stata una simpatica chiacchierata, lunga più di un’ora e mezza, trascorsa forse troppo in fretta, durante la quale lo scrittore di romanzi gialli-noir ha cercato di trasmettere al suo uditorio la passione per la lettura, per le storie, per i personaggi immaginari a cui ognuno di noi può dar vita.
La lettura fa 
esercitare 
la fantasia
Più volte ha detto di sé “io sono uno che racconta storie”. Così anche in questa occasione per spiegare ai giovani cos’è la scrittura creativa ha usato delle storie, partendo proprio dalla sua. “Il mio istinto è quello di raccontare. L’istinto dell’uomo è quello di raccontare, è stata proprio la memoria dei racconti che ci ha portato a dominare questo pianeta. Noi siamo gli animali più deboli, non voliamo, non andiamo sott’acqua, non abbiamo artigli, ma c’è stato un momento nella nostra storia in cui, seduti attorno ad un fuoco, per esorcizzare la paura, un uomo ha iniziato a raccontare una storia. Il raccontare le esperienze è alla base della nostra evoluzione. Alla base di un racconto, quindi, ci deve essere una storia. La scrittura è solo un utensile, è al servizio della storia”, anticipa così la sua visione della scrittura, per poi raccontare che: “Io sono uno a cui piace leggere delle storie. La lettura ci fa esercitare quel ‘muscolo’ che è la fantasia. Leggere è una sorta di cazzeggio perché il libro ti porta via in spazi della pura immaginazione. Scrivere, invece, è un’attività molto più impegnativa: io non ho scritto mai nulla fino all’età 48 anni”.
E’ proprio nel 2005 che De Giovanni, di professione bancario, dà vita, spinto da alcuni amici che lo iscrivono ad un concorso, al suo riuscitissimo personaggio, il Commissario Ricciardi, che, come lui stesso racconta, sembra essere nato dalla smorfia di una zingarella e da qualche bicchiere in più di Ribolla Gialla. “La sede del concorso era al Gambrinus, nel mese di giugno, un caldo infernale. Dovevamo scrivere un racconto su un delitto di cronaca e quello che ci avevano assegnato era il delitto Grimaldi. Io stavo lì, pronto ad alzarmi e andare via, mentre vedevo gli altri concorrenti scrivere concentrati e bevevo bicchieri su bicchieri di questo vino gelato, sponsor dell’iniziativa. Guardando fuori vidi una zingara che mi fissava. Io fissai lei, mi fece una boccaccia e se ne andò. Mi girai subito per verificare se gli altri stessero guardando ma nessuno aveva visto niente. Così mi venne in mente di immaginare cosa poteva succedere se qualcuno aveva il dono di vedere cose che altri non vedevano. Ideai questo poliziotto e lo feci sedere al mio posto. Visto che il Gambrinus è in stile liberty, ambientai la storia negli anni ’30”. Così nasce il personaggio che poi ha dato vita a cinque romanzi (Le stagioni del Commissario Ricciardi e Per mano mia) e ha spinto De Giovanni a scrivere, poi, anche altri racconti sul calcio e un ultimo giallo con un nuovo protagonista, l’ispettore Lo Iacono. 
La scrittura
 seriale
“Per uno scrittore è davvero una scelta coraggiosa cambiare personaggio, lasciando stesso genere e stessa ambientazione – commenta De Vivo – Una sfida riuscita per De Giovanni con ‘Il metodo del coccodrillo’”.
“I personaggi – spiega De Giovanni – si insinuano dentro come un’espressione algebrica. Si è creativi nel momento in cui li si inventa, ma dopo si muovono da soli sulla base di quello che noi gli abbiamo dato. Ritrovare in ogni libro gli stessi personaggi è come tornare in vacanza sempre allo stesso posto e trovare tutto uguale eppure un po’ cambiato. Questa è la scrittura seriale”. Nell’ultimo libro: “ho voluto provare un personaggio nuovo, meridionale ma non napoletano, anche lui come Ricciardi, perché potesse capire la città, senza smettere di vederla, come succede a noi”.
A chi gli chiede perché scrive di pallone, invece, lo scrittore risponde: “oggi il calcio è l’unica fede che ci è rimasta: non si crede più nella politica, nelle ideologie, nella religione. Il pallone è come un’epopea popolare, è la fede in qualcosa di effimero che però riesce a risvegliare in alcuni momenti questa città. Forse non è un caso che la rinascita di Napoli, con la prima giunta Bassolino, sia arrivata poco dopo lo scudetto. A volte per farla esplodere ci vuole un detonatore, e quando scoppia e si sveglia dal torpore è il momento più bello”.
Al termine dell’incontro, De Giovanni legge un suo racconto che incanta il pubblico. Applausi scroscianti e qualche lacrima. La dimostrazione di come una storia possa toccare anima e pancia e trasportare fuori da un’aula universitaria per un quarto d’ora.
Valentina Orellana
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