Microeconomia e Macroeconomia: due materie “che aprono la mente”

L’Economia è un settore di studi che apre molte porte e al quale corrispondono tanti mestieri. Gli strumenti dei quali può dotare aiutano, nel complesso, a leggere il mondo circostante, interpretarlo e agire perseguendo uno scopo, o una serie di obiettivi che possono essere molto mutevoli. Quali sono le discipline che, nell’ambito di un contesto culturale votato alla società, forniscono strumenti rivelatori rispetto al proprio percorso? Lo abbiamo chiesto ai ragazzi iscritti ad Economia, inaugurando un piccolo ciclo di approfondimenti sulle discipline di maggiore interesse e difficoltà, da sviluppare in collaborazione con i docenti, per raccontare come si diventa economista e come si rinnova questa scelta, giorno dopo giorno. In cima ai pensieri dei ragazzi c’è l’Economia Politica nel suo complesso, articolata nei due insegnamenti Microeconomia e Macroeconomia e le discipline ad esse collegate. “Per me sono essenzialmente due le materie che aprono la mente, offrendoti nuove prospettive, e sono Macroeconomia e Economia Monetaria – dice Carmela Di Giacomo, iscritta alla Triennale di Economia e Commercio – Sono fortemente correlate fra loro; la prima parla del sistema economico dal punto di vista reale, l’altra da quello finanziario, e ti fanno ragionare su tutti i processi che riguardano i rapporti fra imprese, Stato, banche e Unione Europea, le politiche monetarie delle Banche Centrali, le scelte economiche e se sono giuste o meno. Cambia anche l’ascolto delle notizie, che da passivo diventa attivo, e si comprende molto di più sulle crisi che ci sono state in questi anni”.
“È come guardare attraverso un microscopio”
“I nostri studi sono così eterogenei che la scelta sulla disciplina più formativa potrebbe ricadere su una qualsiasi delle materie affrontate. Sicuramente fra queste c’è Microeconomia – spiega Alessandro Iovine, Triennale di Economia Aziendale – Introduce una nuova visione, più analitica, porta la Matematica nel cuore dell’Economia, mostra l’evoluzione grafica delle attività. Fa abbandonare l’aspetto superficiale, puramente esteriore, delle cose per entrare negli aspetti impliciti degli scambi e delle scelte. È come guardare attraverso un microscopio”. “Dopo aver affrontato queste due materie, si capisce meglio come funziona il mondo e quanti sono i livelli e le interazioni dell’agire del singolo e dello Stato in generale. Impari anche, in un certo senso, a fartene una ragione”, sottolinea Rosario Scaramella, terzo anno di Economia Aziendale. C’è anche chi amplia il discorso. “Prima di studiare Macroeconomia vedevo l’Economia come un’entità astratta, creata dal genere umano. Dopo ho capito quanto fosse, invece, legata agli aspetti psicologici più nascosti. Non ho più pensato a questa laurea solo come un grimaldello per entrare nel mondo del lavoro, ma come ad uno strumento per capire meglio le persone”, commenta Giovanni Abronzino, secondo anno di Economia Aziendale. Sta seguendo, proprio in questi mesi, le lezioni di Macroeconomia. È un po’ turbato non perché teme l’esito dell’esame, piuttosto perché la disciplina “mi ha mostrato la complessità del mondo circostante e l’inevitabilità del compromesso, come parte integrante dell’essere. Sto capendo che in nessuna situazione esiste mai la soluzione migliore, ma c’è sempre solo un equilibrio che potrebbe, però, non essere la cosa eticamente più giusta”. Su un’analoga lunghezza d’onda si trova anche il suo collega Simone D’Alessio: “con la Microeconomia siamo passati da un ambiente pratico, in cui si osserva tutto in maniera funzionale, ad uno in cui, insieme con la Matematica, c’è spazio per fattori come il gusto e l’estetica. Ho capito quanto non sia tutto solo meccanico e automatico, ma quanto conti l’aspetto umano nella ricerca degli equilibri. Un aspetto cui ci siamo avvicinati solo con Sociologia. Estendo il discorso ad un piano statale, capisco quanto la ricerca dell’esclusivo tornaconto personale sia dannosa e quanto, invece, sia necessario fidarsi delle istituzioni, perché il loro funzionamento non è scontato – prosegue Simone – Anzi, la Macroeconomia incoraggia la fiducia delle istituzioni stesse e del loro lavoro nel gestire la domanda, in relazione alla spesa pubblica. È affascinante, si tratta di conquiste tutt’altro che immediate, che hanno richiesto molto tempo, ricerca ed evoluzione”.
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