Musica e storia: un approccio metodologico innovativo a Scienze Politiche

Il mondo non ha mai smesso di essere in fermento e numerosissimi sono gli squilibri che si sono avuti in passato, e che si hanno ancora oggi, a livello politico-sociale. Da sempre l’arte si è fatta promotrice delle istanze delle categorie colpite, o semplicemente rappresentativa di questi squilibri, attraverso le più svariate forme: dal romanzo alla pittura, dalla poesia alla musica. Ed è proprio quest’ultima che è stata oggetto dell’incontro del 6 novembre, il CantaStorie. Incontro svoltosi sulla piattaforma online Zoom e che, a causa di alcuni imprevisti, ha visto la partecipazione di alcuni ospiti in meno. “Ringrazio principalmente gli studenti del Corso di Laurea in Relazioni e organizzazioni internazionali – dice la prof.ssa Francesca Canale Cama, docente di Global history – in particolare Federica Giaccio, per aver riportato l’idea di creare una playlist su Spotify con una raccolta di brani rappresentativi dal punto di vista storico”. Il rapporto tra musica e Storia si è fatto più intenso in alcuni periodi rispetto ad altri: nel Novecento la corrispondenza è con il boom economico degli anni Sessanta e con gli eventi storici degli anni Novanta. In questi ultimi la caduta del muro di Berlino, la crisi dell’equilibrio bipolare e Tangentopoli in Italia hanno nuovamente strappato il tessuto sociale, le cui parti sono emerse e si sono fatte sentire per mezzo dell’arte, tra cui la musica. Anche l’attualità è notoriamente segnata da profonde fratture, le quali originano in un luogo e velocemente si diffondono oltreoceano. È il caso delle movimentazioni della comunità afroamericana statunitense contro le ingiustizie della società cosiddetta WASP (acronimo per White Anglo-Saxon Protestant, cioè quella parte di società privilegiata). Ecco, dunque, che la musica diventa la voce per raccontare e farsi ascoltare, ed è per questo che al Dipartimento di Scienze Politiche Jean Monnet si è deciso di affrontare l’argomento in modo decisamente innovativo. Gli studenti delle superiori (cui il seminario era rivolto principalmente) si sono infatti connessi alla piattaforma Zoom, dove hanno potuto accedere alla playlist e scegliere i brani da riprodurre. Ad interessare l’incontro non si sono avuti solo brani italiani, bensì anche pezzi che hanno caratterizzato il panorama pop di inizio millennio, come ‘Where is the love’ dei Black Eyed Peace: “un testo densissimo, che racchiude in sé una feroce critica alla globalizzazione, nata con il Popolo di Seattle ed estesasi poi nei vari movimenti No Global – racconta la prof.ssa Canale Cama – Il testo include inoltre una critica non meno virulenta alla politica statunitense successiva agli attentati dell’11 settembre 2001, quando i paesi della Nato si trovarono ad affiancare gli Stati Uniti in una guerra motivata da fini imperialistici”. E come non menzionare il grande brano dei Cranberries, ‘Zombie’, “votato a una condanna del terrorismo secessionista irlandese, che negli anni ha mietuto numerose vittime. Il conflitto risale al 1916 – spiega la docente – quando alcuni territori irlandesi furono ceduti all’Inghilterra, impedendo ogni pacificazione fino al 1994, anno della tregua e di pubblicazione del testo che abbiamo analizzato”. Altro brano importante è certo “Pride” degli U2, “che pone l’ascoltatore di fronte al problema della segregazione razziale e della differenza di status che ancora oggi persiste tra WASP e afroamericani negli States. Occorre ricordare che l’anno decisivo per una parziale conquista dei diritti da parte della comunità afroamericana è stato il 1964, quando Martin Luther King arrivò al Congresso degli Stati Uniti”. Affacciandoci invece sul panorama italiano si incappa in “Curre curre guaglió” dei 99Posse: “è una canzone molto rappresentativa per la nostra società. I 99Posse sono un gruppo i cui membri afferivano al centro sociale Officina99 e si ispiravano al rap americano, raccontando il grande fermento sociale e politico in corso nel nostro paese negli anni Novanta. È la musica della riscoperta delle piazze da parte dei collettivi universitari, dopo la lunga pausa degli anni Ottanta, il racconto dell’ingiustizia sociale”. Brano dunque diverso da quello successivo, “Generale” di Francesco De Gregori, “che invece parla della guerra dal punto di vista di una generazione che la guerra non l’ha vissuta, una generazione unita alla precedente dal filo rosso della Memoria, che tramanda valori come quelli della Resistenza. Si tratta inoltre di un brano che caratterizza il cantautorato di quegli anni, che procede in una direzione decisamente antimilitarista”. Poi troviamo una perla dialettale, “‘O surdato ‘nnammurat”, “brano tratto da una delle tante lettere che ci sono pervenute dai soldati che combattevano nelle trincee della Grande Guerra. Per quanto si parli della prima guerra moderna per antonomasia – spiega la docente – io direi che per modalità era più simile a una crociata, piuttosto che alla più recente Seconda Guerra Mondiale. Gli aerei venivano utilizzati perlopiù a scopo ricognitivo e i soldati, poco più o poco meno che ventenni, combattevano ancora con le baionette. Questi giovani, che nei loro diari racchiudevano tutti i timori della guerra e gli orrori di cui erano testimoni, scrivevano lunghe lettere rassicuranti alle madri e alle fidanzate, come nel caso di questa canzone. Una canzone che non conobbe neanche grande fortuna perché venne censurata; dal momento in cui l’immagine del soldato doveva rappresentare la forza della nazione ed era usata per scopi propagandistici, l’aspetto sentimentale della canzone non era gradito”. Il seminario, che rientra nelle attività previste per la Notte dei Ricercatori del prossimo 27 novembre, “si propone di mostrare agli studenti quanto ci sia da raccontare della Storia, e quanto la musica sia stata finalizzata a questo nel tempo. È chiaro che non tutti i brani musicali si rifacciano ad eventi storici, ma tutti sono riconducibili ad anni ben precisi: se ascoltiamo ‘Abbronzatissima’ la ricolleghiamo subito agli anni del boom economico, mentre ‘Parlami d’amore Mariù’ all’epoca fascista. Lo scopo dell’incontro è stato quello di fornire un approccio metodologico innovativo agli studenti, per far comprendere loro quanto gli eventi storici siano suscettibili dell’interpretazione dei diversi strati sociali anche attraverso l’arte”. Un evento per cui si prevede almeno una replica: “proprio per l’imprevisto che abbiamo avuto con la piattaforma Zoom diverse persone sono rimaste escluse, per cui probabilmente replicheremo per loro. A prescindere, tuttavia, credo che si tratti di un’idea interessante, capace di includere un gran numero di persone e di analizzare una grande varietà di testi, grazie anche alle proposte che di volta in volta ci pervengono”.
Nicola Di Nardo
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