Napoli, città-mondo, al centro del seminario dedicato a Elena Ferrante

“Di Napoli non ci si libera facilmente”. Una frase emblematica tratta da un’intervista alla più nota scrittrice italiana senza volto, Elena Ferrante, diventa il perno attorno al quale ruota il convegno che si terrà il 7 aprile presso l’Aula Piovani del Dipartimento di Studi Umanistici. Finalità del seminario, a cura delle docenti Mariella Muscariello e Tiziana De Rogatis, è promuovere una riflessione approfondita sull’opera dell’autrice, in questo momento simbolo della cultura italiana nel mondo, e sul legame con la sua città madre, Napoli. La metropoli partenopea è, infatti, lo scenario topografico che si staglia sullo sfondo (ma è molto più che un ‘puro fondale’) dei romanzi della Ferrante, sin dalla sua prima pubblicazione L’Amore molesto (1992), ed è ormai diventata per i lettori di ogni provenienza la città italiana per antonomasia, una meta cosmopolita da ripercorrere partendo anzitutto dalle strade e dai vicoli. A darne conferma durante il pomeriggio di studi sarà una prestigiosa ospite, Ann Goldstein, traduttrice americana (peraltro editor e Direttrice del copy editing del The New Yorker), affiancata da un team di studiosi impegnati in Italia e all’estero nella promozione dell’enorme successo di critica e di pubblico, consacrato dalla quadrilogia L’amica geniale (2011-2014). “La sua saga, ancor più dei romanzi precedenti, ha esportato un’immagine di Napoli, affascinante nella sua terribilità, determinando un considerevole afflusso di turisti alla ricerca dei luoghi in cui si snodano le vicende raccontate”, afferma la prof.ssa Muscariello, docente di Letteratura Italiana Contemporanea, invitando a scoprire il labirinto oscuro, triviale, irredimibile, in cui prende vita l’io narrante. “Come la stessa Ferrante afferma, il rione, Napoli, è ‘mondo appreso, mondo percepito, mondo immaginato’, un mondo ad alto tasso metaforico, in quanto è la concentrazione, come scrive ancora, ‘del meglio e del peggio dell’Italia e del mondo’”. Un notevole seguito nazionale e planetario quello riportato dal ciclo dei quattro romanzi de L’amica geniale, che è anche il nome del primo volume (seguito da: Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta, Storia della bambina perduta). Ci si potrebbe chiedere: feuilleton o metaromanzo? “Un testo talmente ricco, multiforme, che gli si farebbe torto ingabbiandolo sotto un’etichetta”, risponde a tono la docente. “I personaggi del feuilleton sono tagliati con l’accetta, buoni/cattivi, quelli de L’amica geniale, le protagoniste specialmente, sono personaggi complessi, sono tutto e il contrario di tutto in continua trasformazione. Ma metaromanzo sì, visto che Lenù non è voce narrante, ma l’autrice stessa del libro che parla della storia della sua amicizia con Lila dall’infanzia alla vecchiaia”.
Il volto americano della scrittrice
I mondi narrativi ‘ferrantiani’, grazie all’intermediazione linguistica di Ann Goldstein, che è a pieno titolo tra le più importanti traduttrici viventi della letteratura italiana, “hanno superato i confini dell’Italia e dell’Europa appassionando anche il pubblico americano, e hanno fatto sì che l’opera della Ferrante fosse al centro di dibattiti a Toronto e a Boulder, nell’Ohio”. Peraltro, le traduzioni in inglese sono “l’esito di un attraversamento ‘intestino’ del testo ma anche di una raffinata abilità nel trasportarlo in codici linguistici e contesti culturali differenti”. Fatti questi che stupiscono di gran lunga dato lo scarso numero di libri tradotti e venduti poi sul mercato anglofono negli ultimi tempi. “Diversamente da quanto si possa credere, la cultura di area anglofona è molto più interessata di quella italiana a quanto le donne hanno prodotto e producono da noi, dove ancora pesa sul destino della scrittura femminile un canone letterario patrilineare che continua, nonostante l’eccellenza di molte scrittrici del Novecento, a lasciarle spesso ai margini dei discorsi
sulla letteratura”. Un caso unico nel panorama editoriale italiano attuale quello di una scrittrice, volutamente lontana dalla scena mondana, la cui identità e fisionomia restano avvolte nell’ignoto. Ma un tale enigma può influire sulla percezione del romanzo? “Penso che la scelta dell’anonimato le faccia pagare un prezzo: sono tante le persone che, invece di immergersi nel piacere della lettura, cercano di svelare un mistero la cui risoluzione non aggiungerebbe né sottrarrebbe nulla al valore autonomo dei suoi libri”. Anzi, la storia della Ferrante chiama in causa altre storie di scrittrici che per sottrarsi all’invadenza dei media hanno preferito mantenere il riserbo biografico. “Negli anni ‘70 dell’Ottocento un folto numero di donne fu ammesso grazie ai periodici ad attraversare lo spazio letterario a loro lungamente interdetto. Molte adoperarono uno pseudonimo che le proteggesse dagli occhi del mondo e dagli attacchi della critica prediligendo nomi letterari o nomi maschili, che in qualche modo ai loro occhi rendevano più semplice l’inclusione nella società letteraria”. Qualche esempio? “Neera era all’anagrafe Anna Radius Zuccari, la Marchesa Colombi era Antonietta Torriani, Bruno Sperani era Beatrice Speraz e così via”. Il tempo e lo spazio del racconto saranno l’argomento prediletto dai relatori, tutti esperti dell’immaginario romanzesco architettato dalla Ferrante. Ciascuno proverà a scandagliarei percorsi espressivi racchiusi nella scrittura dirompente di una penna femminile con l’obiettivo di “fornire agli studenti-lettori della Ferrante alcuni strumenti per entrare nelle maglie dei suoi testi e a quelli che non li conoscono lo spunto per leggerli”.
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