Dopo trent’anni di attività didattica e di ricerca condotta presso L’Orientale, il prof. Riccardo Maisano si appresta a trascorrere l’ultimo anno di insegnamento. 48 anni di carriera segnata da illustri precedenti in Università italiane, dalla laurea nel 1969 in Lettere classiche a Roma, alla docenza a Salerno di Lingua e Letteratura Latina prima e di Filologia Bizantina poi in Calabria. Dal 1987 la cattedra a L’Orientale in Filologia ed esegesi neoestamentaria. “Qui mi sono trovato benissimo. Tra le varie Università che ho frequentato, riconosco la particolarità di questo Ateneo e i suoi pregi: la specializzazione e la passione di docenti e studenti”. Numerosi gli incarichi accademici ricevuti nel corso degli anni. “Sono stato due volte Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, due volte Direttore di Dipartimento, una volta anche Coordinatore del Corso di Laurea in Filologia. Ma la mia dedizione più grande è l’insegnamento, insieme allo studio”. Assai eterocliti anche gli interessi del docente: dalla letteratura umanistica, biblica e cristiana antica, alla storia del cristianesimo e l’innografia, la retorica e la storiografia bizantine. “Sono sempre stato appassionato di manoscritti, seguivo la storia dei codici più antichi della Bibbia e pensavo a quanto fosse bello scoprirne di nuovi e ripercorrere le tappe dei filologi ottocenteschi che si recavano nei monasteri a setacciare i volumi”. Dall’amore per la paleografia, attraverso lo studio dei codici, “mi sono poi appassionato ai testi ereditati e alle loro variazioni. Quando due codici riportano parole diverse, non si tratta di un errore di copia, ma di un’interpretazione che un lettore o un copista hanno dato di quell’elemento. È questa differenza che a me interessa indagare”. L’unico rimpianto dopo un lungo impegno, arricchito da laboratori, seminari, viaggi d’istruzione organizzati con gli studenti per approfondire il percorso di studi, “non sarà certo il contatto con i libri, perché continuerò a fare ricerca, ma la vicinanza dei miei alunni. Alcuni di loro, anche di quarant’anni fa, ancora mi domandano consiglio. Questo con i più giovani non sarà possibile. Essendo uno studioso della Bibbia, cito l’Ecclesiaste: ‘C’è un tempo per ogni cosa’”. Ed è proprio nel tempo dedicato ai corsi che gli studenti hanno modo di confrontarsi direttamente col docente. “Ogni domanda è utile e ammessa, non ci sono mai domande sciocche. Gran parte delle mie lezioni sono dedicate al dibattito. D’accordo con gli altri professori, infatti, abbiamo deciso di unire le scrivanie nel mio studio per formare un lungo tavolo intorno al quale riunirsi in forma seminariale, abbandonando l’impostazione frontale con la cattedra da un lato egli uditori dall’altro. Questo suscita molto l’attenzione dei partecipanti”. Il corso è aperto a tutti, in gran parte sono iscritti ad Archeologia e a Culture e Civiltà Orientali. “Ho avuto studenti di ogni specie, sia alla Magistrale che alla Triennale, poiché l’interesse è trasversale. La mia materia è in genere appannaggio delle Facoltà di Teologia. L’Orientale è una delle pochissime Università in Italia che ne preveda l’insegnamento, rivolto però a studenti laici”. Principalmente due gli aspetti esaminati: da un lato, la struttura, i contenuti, gli autori e la datazione di appartenenza del corpus neotestamentario; dall’altro, la sua lettura critico-filologica. “Io intendo la filologia non in senso classico come ricostruzione del testo, ma come studio critico del materiale e della sua trasmissione dai manoscritti alle edizioni a stampa”. In altre parole, si studia il testo biblico con un’impostazione letteraria, anziché dottrinale. “La Bibbia è un ‘grande codice’, secondo il cui simbolismo si è sviluppata tutta la letteratura europea, l’arte antica, medievale e moderna. I padri della Chiesa attingevano difatti alle Sacre Scritture anche come prolifica riserva di figure retoriche. Quindi, è utile a tutti gli studenti – di Archeologia e Storia dell’arte, ma anche di Lingue e Letterature – conoscere gli argomenti neotestamentari, il problema dell’identità degli autori, le ipotesi di ritocco, la manipolazione dei testi e osservare raffigurazioni pittoriche, mosaici, statue, bassorilievi che fanno riferimento a episodi biblici”. Cosa si consiglia agli appassionati della materia? “La lettura diretta dei testi, e non della bibliografia sui testi. Ossia, in termini tecnici, della bibliografia primaria, costituita dalle fonti, e non di quella secondaria, cioè libri, saggi e monografie. Non leggere testi sui classici, bensì leggere direttamente i classici. Esistono collane a bassissimo prezzo, con traduzione a fronte, e li si può trovare spesso anche dal giornalaio”. Quel che si raccomanda a un giovane filologo è innanzitutto “un buon vocabolario cartaceo e una certa sapienza nel consultarlo senza però trascurare le nuove tecnologie, tra cui le banche dati on line”. I metodi della filologia da ieri a oggi sono cambiati radicalmente. “Ai tempi della mia formazione, la filologia mirava alla ricostruzione degli originali, o quantomeno del modello più antico, il cosiddetto ‘archetipo’. Attualmente, si tende invece a tener conto dei vari testimoni, adoperarne uno specifico per un’edizione e poi riportare il sistema di varianti”. Le ricerche scientifiche hanno condotto il professore in diversi luoghi: Roma, Vienna, Londra fino in Grecia. I ricordi più belli sono, però, sempre legati alle ‘scoperte’. “Ricordo, nel 1985, nella Biblioteca Nazionale di Napoli, mi è capitato di scoprire un codice inesplorato e sconosciuto di un copista bizantino di cui stavo appunto preparando l’edizione. Credevo che un’esperienza del genere fosse possibile solo per gli umanisti del Cinquecento. Invece, nel XX secolo, in una biblioteca cittadina, era nascosto un codice greco in mezzo a quelli latini di cui nessuno conosceva l’esistenza”. Tra i progetti all’attivo, la
pubblicazione dell’edizione italiana del Vangelo di Luca, letto, tradotto e commentato in funzione letteraria, non catechetica, “come se fosse un testo di Platone, Senofonte o Tucidide”, parallelamente allo studio “delle varie traduzioni greche e latine del Libro dei Salmi, indagandone usi e significati presso le differenti culture”, conclude il docente.
Sabrina Sabatino
pubblicazione dell’edizione italiana del Vangelo di Luca, letto, tradotto e commentato in funzione letteraria, non catechetica, “come se fosse un testo di Platone, Senofonte o Tucidide”, parallelamente allo studio “delle varie traduzioni greche e latine del Libro dei Salmi, indagandone usi e significati presso le differenti culture”, conclude il docente.
Sabrina Sabatino