Un evento nazionale di grande risonanza che è ritornato a Napoli dopo più di 80 anni, segnatamente
dal 1930, per parlare di ‘mediterraneità’. È stato il paesaggio della città partenopea lo scenario dell’edizione 2016 delle “Giornate della Geografia”, svoltesi a L’Orientale presso l’aula Mura Greche di Palazzo Corigliano in collaborazione con l’Associazione dei Geografi Italiani dall’8 al 10 settembre. “Abbiamo scelto di affrontare iltema Mediterraneo declinandolo sui due fronti di grandissima attualità in quest’epoca: da un lato, le visioni geopolitiche dei conflitti e delle migrazioni, e dall’altro quello delle città”, commenta la prof.ssa Lida Viganoni, docente di Geografia politica del Mediterraneo e coordinatrice dell’evento, insieme al prof. Rosario Sommella, docente di Geografia politica ed economica. “Il Mar Mediterraneo, perché non solo è una delle aree geografiche sulla quale molti dei docenti del nostro Ateneo fanno convergere studi e ricerche – si pensi che abbiamo ben due Corsi di Laurea innestati su scala mediterranea – ma soprattutto perché l’intenzione era quella di coinvolgere, assieme al cospicuo gruppo di geografi dell’Università, i colleghi di altre discipline”, unanimemente convinti del forte valore dell’interdisciplinarità. “Il punto di vista di altri approcci metodologici, paralleli alla geografia, e di specialismi diversi costituiscono uno stratagemma fondamentale per la comprensione delle difficoltà a livello territoriale”. Giornate ricche di contributi da parte di specialisti di primissimo livello sul bacino del Mediterraneo, nonché ospiti d’eccezione, tra cui il prof. Franco Farinelli, Presidente dell’A.Ge.I, e il prof. Carles Carreras Verdaguer dell’Università di Barcellona. Nella prima giornata, gli interventi hanno esplorato le due coste del Mediterraneo
per indagare la questione delle ‘frontiere’: dai confini dell’Asia islamica, oggetto della relazione del prof. Michele Bernardini, docentedi Lingua e Letteratura Persiana, fin oltre gli stretti alla visione russa del Mediterraneo, di cui ha parlato il prof. Fabio Bettanin, docente di Storia delle relazioni internazionali, passando per un dibattito sulle
spinte geopolitiche in Nord Africa. “Al di là dei limiti geografici, ci sono visioni del Mediterraneo stesso e interessi rilevanti che non si possono trascurare – continua la prof. ssa Viganoni – primo tra tutti, quello delle migrazioni, dunque la tutela dei diritti umani e il controllo delle frontiere”, argomento quest’ultimo illustrato dal prof. Giuseppe Cataldi, docente di Diritto internazionale. Nella seconda giornata, invece, si è discusso di territorialità urbana “in
merito ai ricordi che gli spazi conservano dei conflitti, indelebili nella memoria delle città mediterranee”, come hanno spiegato il prof. Luigi Mascilli Migliorini, docente di Storia moderna, e la prof.ssa Monica Ruocco, arabista, esponendo il punto di vista degli scrittori prima e dopo il fenomeno delle primavere arabe. In ultimo, si è tenuto un
forum sul sapere geografico e le attuali prospettive della disciplina nella formazione e nella ricerca in Italia, coordinato dalla prof.ssa Floriana Galluccio, docente di Geografia umana.
dal 1930, per parlare di ‘mediterraneità’. È stato il paesaggio della città partenopea lo scenario dell’edizione 2016 delle “Giornate della Geografia”, svoltesi a L’Orientale presso l’aula Mura Greche di Palazzo Corigliano in collaborazione con l’Associazione dei Geografi Italiani dall’8 al 10 settembre. “Abbiamo scelto di affrontare iltema Mediterraneo declinandolo sui due fronti di grandissima attualità in quest’epoca: da un lato, le visioni geopolitiche dei conflitti e delle migrazioni, e dall’altro quello delle città”, commenta la prof.ssa Lida Viganoni, docente di Geografia politica del Mediterraneo e coordinatrice dell’evento, insieme al prof. Rosario Sommella, docente di Geografia politica ed economica. “Il Mar Mediterraneo, perché non solo è una delle aree geografiche sulla quale molti dei docenti del nostro Ateneo fanno convergere studi e ricerche – si pensi che abbiamo ben due Corsi di Laurea innestati su scala mediterranea – ma soprattutto perché l’intenzione era quella di coinvolgere, assieme al cospicuo gruppo di geografi dell’Università, i colleghi di altre discipline”, unanimemente convinti del forte valore dell’interdisciplinarità. “Il punto di vista di altri approcci metodologici, paralleli alla geografia, e di specialismi diversi costituiscono uno stratagemma fondamentale per la comprensione delle difficoltà a livello territoriale”. Giornate ricche di contributi da parte di specialisti di primissimo livello sul bacino del Mediterraneo, nonché ospiti d’eccezione, tra cui il prof. Franco Farinelli, Presidente dell’A.Ge.I, e il prof. Carles Carreras Verdaguer dell’Università di Barcellona. Nella prima giornata, gli interventi hanno esplorato le due coste del Mediterraneo
per indagare la questione delle ‘frontiere’: dai confini dell’Asia islamica, oggetto della relazione del prof. Michele Bernardini, docentedi Lingua e Letteratura Persiana, fin oltre gli stretti alla visione russa del Mediterraneo, di cui ha parlato il prof. Fabio Bettanin, docente di Storia delle relazioni internazionali, passando per un dibattito sulle
spinte geopolitiche in Nord Africa. “Al di là dei limiti geografici, ci sono visioni del Mediterraneo stesso e interessi rilevanti che non si possono trascurare – continua la prof. ssa Viganoni – primo tra tutti, quello delle migrazioni, dunque la tutela dei diritti umani e il controllo delle frontiere”, argomento quest’ultimo illustrato dal prof. Giuseppe Cataldi, docente di Diritto internazionale. Nella seconda giornata, invece, si è discusso di territorialità urbana “in
merito ai ricordi che gli spazi conservano dei conflitti, indelebili nella memoria delle città mediterranee”, come hanno spiegato il prof. Luigi Mascilli Migliorini, docente di Storia moderna, e la prof.ssa Monica Ruocco, arabista, esponendo il punto di vista degli scrittori prima e dopo il fenomeno delle primavere arabe. In ultimo, si è tenuto un
forum sul sapere geografico e le attuali prospettive della disciplina nella formazione e nella ricerca in Italia, coordinato dalla prof.ssa Floriana Galluccio, docente di Geografia umana.
Napoli, capitale euro-mediterranea?
Itinerari di ricerca che, passandoper le regioni del mondo, conducono, infine, alla città partenopea. “Abbiamo voluto chiudere il convegno parlando di Napoli e dei problemi che si prospettano all’orizzonte per il governo di questa città, europea per certi versi e mediterranea per altri”, insieme all’architetto Bruno Discepolo. Napoli ha il dovere
di riappropriarsi della sua identità di capitale mediterranea “per proporsi come ponte tra Europa e Mediterraneo, ruolo che al momento, purtroppo, non riesce a svolgere, perciò ha bisogno di mettere in campo azioni per rendersi protagonista e valorizzare la sua grande bellezza”. È necessaria una visione d’insieme per guardare la città con occhi diversi. “Quando si parla di Napoli, si parla solo della città metropolitana, trascurando i problemi delle province e delle periferie”. Sono, infatti, tematiche di una certa urgenza “la rivalorizzazione del patrimonio abitativo e la sua destinazione, nonché quello della rigenerazione urbana, che invece potrebbe rappresentare una chiave di volta per una nuova visione della città in rapporto alle aree più esterne”. Da qui la scelta di fare un’escursione fuori dalla città percorrendo l’asse a nord di Napoli. “Abbiamo visitato Scampia, una ‘città dentro la città’, e ragionato sul problema delle Vele, della stratificazione problematica del quartiere. Poi abbiamo proseguito nel basso casertano, un’area che si contraddistingue per un’agricoltura di qualità e, nel contempo, la presenza di criminalità e fenomeni complessi, quali la Terra dei fuochi”. Nello specifico, la provincia casertana è “caratterizzata ancora da realtà commerciali, nate nel decennio 1960-70, alcune di queste sopravvissute a grandi fallimenti e trasformate dai centri commerciali, concentrate intorno alla grande viabilità”. In altre parole, “abbiamo voluto mostrare la ‘Campania intermedia’, continentale alla regione ma centrale nel Mezzogiorno, fatta di presenze industriali antiche e
recenti, dotazioni infrastrutturali e servizi molto buoni ma grandi potenzialità ancora da sfruttare”, conclude la prof.ssa Viganoni.
s.s.
Itinerari di ricerca che, passandoper le regioni del mondo, conducono, infine, alla città partenopea. “Abbiamo voluto chiudere il convegno parlando di Napoli e dei problemi che si prospettano all’orizzonte per il governo di questa città, europea per certi versi e mediterranea per altri”, insieme all’architetto Bruno Discepolo. Napoli ha il dovere
di riappropriarsi della sua identità di capitale mediterranea “per proporsi come ponte tra Europa e Mediterraneo, ruolo che al momento, purtroppo, non riesce a svolgere, perciò ha bisogno di mettere in campo azioni per rendersi protagonista e valorizzare la sua grande bellezza”. È necessaria una visione d’insieme per guardare la città con occhi diversi. “Quando si parla di Napoli, si parla solo della città metropolitana, trascurando i problemi delle province e delle periferie”. Sono, infatti, tematiche di una certa urgenza “la rivalorizzazione del patrimonio abitativo e la sua destinazione, nonché quello della rigenerazione urbana, che invece potrebbe rappresentare una chiave di volta per una nuova visione della città in rapporto alle aree più esterne”. Da qui la scelta di fare un’escursione fuori dalla città percorrendo l’asse a nord di Napoli. “Abbiamo visitato Scampia, una ‘città dentro la città’, e ragionato sul problema delle Vele, della stratificazione problematica del quartiere. Poi abbiamo proseguito nel basso casertano, un’area che si contraddistingue per un’agricoltura di qualità e, nel contempo, la presenza di criminalità e fenomeni complessi, quali la Terra dei fuochi”. Nello specifico, la provincia casertana è “caratterizzata ancora da realtà commerciali, nate nel decennio 1960-70, alcune di queste sopravvissute a grandi fallimenti e trasformate dai centri commerciali, concentrate intorno alla grande viabilità”. In altre parole, “abbiamo voluto mostrare la ‘Campania intermedia’, continentale alla regione ma centrale nel Mezzogiorno, fatta di presenze industriali antiche e
recenti, dotazioni infrastrutturali e servizi molto buoni ma grandi potenzialità ancora da sfruttare”, conclude la prof.ssa Viganoni.
s.s.