“O si blocca la legge o noi blocchiamo il Paese!”

Dopo giorni di assemblee e di manifestazioni cittadine, l’Orientale, primo Ateneo in Campania, ha scelto l’occupazione. La decisione è scaturita al termine dell’affollatissima ed accesa assemblea del 22 ottobre convocata dagli studenti dalla ‘Stop-Gelmini’ cui hanno partecipato circa mille persone.
Tra i tanti ragazzi nel cortile, affacciati alle finestre o appollaiati sulle scale antincendio, anche tanti docenti, ricercatori, dottorandi e amministrativi. Ad essere colpito dalla legge 133/08 è l’intero sistema universitario. I tagli voluti dalla legge Tremonti di cui i provvedimenti della Gelmini sono logica conseguenza, si tradurrebbero, come denunciano i ragazzi dell’Assemblea in un documento, “in un aumento indiscriminato delle tasse e il numero di studenti per docente, ad un ulteriore peggioramento della qualità della didattica, della ricerca e di tutti i servizi con riduzione delle borse di studio, peggioramento o chiusura di mense, biblioteche, laboratori, segreterie, residenze universitarie”. Tra i motivi della protesta c’è anche il blocco del turn over, la trasformazione delle università in Fondazioni, con la penalizzazione dei piccoli Atenei e quelli del Sud in generale.
“Tagli 
allarmanti”
“Il nostro obiettivo è il blocco totale della Gelmini – spiega Salvatore – che è come una scure che si abbatte su tutto il mondo universitario. L’assemblea di oggi è stata convocata non per discutere ancora i motivi della protesta, ma per passare all’azione e decidere come muoversi nei prossimi giorni”. “La legge Tremonti – aggiunge con parole forti – vuole far cadere la crisi economica sull’Università, che è l’elemento più debole e non può piegarsi a logiche di mercato. E’ facile tagliare sulla scuola e sull’università: è un vizio di tutti i Governi, qualunque colore abbiano!”.
Più che un’interruzione, – spiega il Pro-Rettore Giuseppe Cataldo, presente all’assemblea, in rappresentanza dell’assente Rettore Lida Viganoni – quella degli studenti è stata un’integrazione del Senato. I tagli della Tremonti rappresentano, per chi vive nel mondo universitario, solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: “tra qualche anno si ritroveranno con dati allarmanti sulla formazione – avverte sempre Cataldo – Noi non attiriamo studiosi stranieri, esportiamo solo la nostra cultura”.
E a rincarare la dose ci pensa la prof.ssa Silvana Carotenuto: “non si tratta solo di dire stop ai tagli: noi non possiamo più vivere! Sono oltre dieci anni che si sta portando avanti un attacco alla cultura, ed è una semplice strategia di potere. E’ importante comprendere l’importanza di questo momento culturale nella storia del nostro Paese”. “Il momento storico è dalla vostra parte, – si rivolge agli studenti – voi dovete decidere quale tipo di cultura, di sapere, di pensiero, volete che vi venga trasmesso. Io sono stata all’estero per un anno sabatico ed ero terrorizzata all’idea di dover ritornare in Italia, per tutto quello che ho ascoltato sul nostro Paese. Quando sono tornata, poi, ho capito che non ero sola, non mi sento isolata!”.
Ma la denuncia più forte arriva dai dottorandi e dai ricercatori, che vivono da anni in condizioni di precariato. “Ricercatori e dottorandi sono sfruttati e vivono in un limbo – afferma Cristiana, dottoranda di ricerca – Noi chiediamo che anche il Rettore assuma una posizione”. E su questa questione torna più volte con insistenza anche Antonella, ricercatrice che chiede “chiarimenti da parte del Rettore”.
Gli studenti accusano la classe docente di poca chiarezza e di un atteggiamento ambiguo, anche in seguito alla lettura di un documento presentato dalla prof.ssa Luigia Melillo, in qualità di rappresentante dell’Associazione dei sindacati dei docenti, in cui si parla della possibilità di aprire un dialogo col Governo sulla 133/08: “il confronto deve essere aperto.- spiega Melillo – Berlusconi ha detto che non si vuole l’ammodernamento del Paese. Ma quale ammodernamento ci può essere in un Paese dove l’Università viene così maltrattata? Noi siamo, nella protesta, con gli studenti, e chiediamo ancora una maggiore apertura al territorio perché il problema non riguarda solo il mondo interno agli atenei”.
“Non facciamoci 
dividere”
In Assemblea sembrano prevalere due linee d’azione: una più morbida dei docenti, che rifiutano il blocco della didattica,  e una più dura che parte da ricercatori e studenti. “Non facciamo il gioco di chi vuole dividerci. Dobbiamo essere compatti: il blocco della didattica non serve a nulla perché noi dobbiamo far funzionare l’università. Il Rettore porterà la nostra voce alla CRUI. Siamo tutti nella stessa barca e non dobbiamo cedere a provocazioni”, è l’appello alla calma lanciato da Cataldi.
Ma gli animi sono già troppo bollenti e mentre dal personale docente parte il grido “come nel ’68, la parola d’ordine è ‘Resistenza’”. Se una posizione decisa da parte delle istituzioni tarda ad arrivare, tra gli studenti a metà riunione si iniziano ad alzare voci forti che chiamano ‘occupazione! occupazione!’.
Al termine dell’Assemblea durata circa tre ore, e dopo aver votato per l’occupazione dell’Ateneo ad oltranza, fino cioè all’abrogazione della Legge Tremonti, sono, dunque, emerse diverse proposte per continuare a mantenere viva la didattica e per portare la protesta tra le strade cittadine: cortei unitari anche con gli studenti delle scuole superiori, lezioni tenute nelle piazze cittadine con i docenti dell’Orientale, manifestazioni a Roma, sotto Palazzo Chigi, distribuzione di volantini e materiale informativo.
“Dobbiamo riprenderci il nostro futuro – dice Giovanni, studente dell’Assemblea stop-Gelmini – La crisi economica sta distruggendo il nostro futuro e noi adesso dobbiamo ricostruirlo. Insieme dobbiamo ricostruire un’altra Università. Dobbiamo uscire dagli atenei, unire la nostra lotta a quella dei lavoratori e riprenderci le nostre città. O si blocca la legge o noi blocchiamo il Paese!”. (Va. Or.)
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