I laureati del ramo Informatica e Telecomunicazioni sono insufficienti numericamente, rispetto alla richiesta da parte delle imprese. Lo dicono ad ogni piè sospinto i rappresentanti delle realtà produttive interessate; lo hanno confermato in occasione della giornata di studio sulla formazione svoltasi il 10 aprile a piazzale Tecchio, organizzata dall’AEI (Associazione Elettrotecnica ed Elettronica). “Gli ingegneri sono sempre troppo pochi”, ha sottolineato ad esempio la dottoressa Chambry, della Siemens. “Quest’anno contiamo di assumere tra i trecento ed i quattrocento laureati in Ingegneria”, ha annunciato l’ingegner Olimpo, responsabile risorse umane della Marconi Communications. Avanti c’è posto, dunque. A patto, hanno sottolineato all’unisono i vari responsabili delle aziende partecipanti, che siano soddisfatte alcune condizioni. Quelle, per esempio, indicate dall’ingegner Improta, responsabile delle Risorse e Sviluppo della Ericcson. “Da questa riforma vorremmo che gli studenti ci arrivassero un po’ meno stanchi. Ci piacerebbe, inoltre, che le Università adottassero programmi rispondenti alle esigenze del mercato. Io mi sono laureato 28 anni fa e da allora, sul piano formativo, non ci sono stati grandi mutamenti”. Il momento è comunque positivo. Lo ha ribadito la dottoressa Osimo, approdata alla Italtel con una laurea in Filosofia. “Tutte le aziende di telecomunicazioni stanno cercando di modificare il proprio profilo, di ridisegnare sé stesse. Le competenze dei giovani che vengono dall’università sono essenziali, per il buon esito di questi processi. Ai ragazzi consiglio di sfruttare il più possibile le opportunità di trascorrere all’estero periodi di studio e di lavoro. Serve non soltanto per imparare bene una lingua straniera, ma anche per confrontarsi con realtà diverse. Alle imprese direi di credere di più nella formazione continua. Oggi se uno esce dal mondo del lavoro a 32 anni e dedica uno o due anni allo studio ed all’aggiornamento trova difficoltà a rientrare nel giro. In altri paesi sono processi assolutamente normali. Alle università, poi, suggerirei di fare tutto il possibile per proporre programmi destinati all’aggiornamento di persone già adulte”. Quanto sia importante la formazione in un settore a così rapida obsolescenza lo si deduce anche dai lucidi proiettati dal dottor Perrucconi, della Alcatel. “Ben il 40% delle aziende piazzatesi ai primi 500 posti della classifica di Fortune ha deciso di impiantare una propria università, specificamente destinata alla formazione del personale. Nel decennio 1988 – 1998 negli Stati Uniti le Corporate University sono salite da 400 a 1000”. Possibilità, queste, che ovviamente non hanno le piccole e medie imprese, che al Sud rappresentano il 90% del settore Informatica e Telecomunicazioni. “Hanno esigenze particolari e specifiche -ha sottolineato l’ingegner Vassallo, presidente della sezione Telecomunicazione ed Informatica dell’Unione Industriali-. E’ vero che il mercato del lavoro per il settore Telecomunicazioni è particolarmente vivace, ma è altrettanto vero che esiste un problema di reclutamento da parte delle imprese. Le grandi possono formarsi i futuri dipendenti in casa; quelle piccole necessitano di persone già in possesso del bagaglio di conoscenze utili ad essere operative nel mondo del lavoro. Da una nostra indagine risulta che tra le piccole e medie imprese delle telecomunicazioni l’82% ha il problema del reclutamento di personale idoneo e qualificato”. Secondo il rappresentante degli industriali, su questo aspetto l’Università deve intervenire. “Deve fornire conoscenze specialistiche, capacità di comprendere se e come il mercato sia in grado di recepire un determinato lavoro, cultura della formazione continua. Oggi un laureato in Ingegneria Informatica oppure delle Telecomunicazioni, dopo la laurea, non può assolutamente permettersi il lusso di ritenere esaurito il suo percorso formativo. Se incappa in questo errore entro un anno al massimo è fuori dal mercato. Voglio dire, insomma, che l’Università ha il compito fondamentale di insegnare ad imparare. Questo è quello che resta, oltre alle competenze acquisite durante i corsi”. Alla giornata di studio ha partecipato anche il Preside della facoltà Vincenzo Naso, il quale ha delineato il profilo della nuova laurea in Ingegneria, quella che scaturirà dall’applicazione della riforma Zecchino. “Tutti coloro i quali decideranno di immatricolarsi ad Ingegneria dovranno immettersi in un unico percorso formativo, di durata triennale. Rispetto alla situazione attuale, nella quale la scelta tra laurea e diploma deve essere fatta subito, la situazione cambia radicalmente. Superati i primi tre anni e conseguita la laurea, il giovane potrà rivolgersi al mercato del lavoro, che almeno per Ingegneria continua ad offrire molte opportunità, oppure proseguire per altri due anni. Se anche deciderà di fermarsi al triennio, comunque, avrà poi sempre la possibilità di tornare periodicamente all’Università per aggiornarsi, acquisire altre conoscenze ed altri crediti”. La scommessa è insomma, secondo il Preside, quella di ridurre i tempi senza svuotare la laurea di contenuti. Che sono poi quelli particolarmente apprezzati dalla dottoressa Ruccitelli, di Raiway, azienda nata il primo marzo per la progettazione, la realizzazione, l’esercizio e la manutenzione della rete di trasmissione e diffusione. “I laureati in Ingegneria sono i migliori per modellizzare i fenomeni, individuare le variabili fondamentali e progettare il cambiamento”.
Fabrizio Geremicca
Fabrizio Geremicca