Ritorno al passato? Magari. Come un po’ in tutti gli atenei, un ritorno all’università pre-riforma 509 sarebbe molto gradito anche agli studenti del Parthenope. Adesso, in periodo di esami, è più che mai possibile incontrare tra le aule d’università ragazzi insoddisfatti del loro percorso di studi. In paziente attesa che inizi la seduta di esami di Diritto dell’economia, tre studenti al secondo anno della Specialistica in Management e controllo dicono la loro. E la dicono forti di una esperienza notevole sul campo da battaglia degli studi universitari: non solo hanno già completato la triennale, ma sono ex studenti di un corso di diploma universitario. A chi è passato dal diploma al corso di laurea triennale non si può non chiedere se si è pentito della sua scelta. “In realtà noi avremmo voluto passare alla vecchia laurea, non alla nuova”. Una risposta più secca di così non la si poteva ottenere. Poche chiacchiere, pochi giri di parole: “il sistema è del tutto sbagliato, quindi l’ateneo può fare tutti gli sforzi che vuole per rendere più accettabile l’ordinamento di studi, ma alla fine si tratta solo di palliativi”.
La triennale è
sconosciuta
nel mondo del lavoro
sconosciuta
nel mondo del lavoro
La musica non cambia, è la stessa che si ascolta girando per i corridoi degli altri atenei: alla triennale gli esami vanno sostenuti troppo velocemente e per questo si riesce a metabolizzare poco o niente di ciò che si studia. Inoltre la laurea di primo livello, secondo gli studenti, non serve a nulla, non solo perché i contenuti didattici scarsamente metabolizzati fanno dello studente un futuro laureato poco preparato, ma anche perché il mercato del lavoro non ha ancora aperto le porte a questo nuovo titolo. La laurea triennale, questa sconosciuta. Potrebbe essere il titolo dell’episodio raccontato da uno dei tre studenti di Management e controllo, sempre in attesa di poter sostenere l’esame di Diritto dell’economia: “sono stato chiamato per alcuni colloqui di lavoro. Durante la maggior parte della conversazione ho dovuto spiegare in cosa consisteva la mia laurea, perché chi mi stava di fronte non sapeva bene di cosa si trattasse, in che modo avrebbe potuto essere utile. In effetti mi avevano chiamato per il mio diploma, non per la laurea. E alla fine non mi hanno assunto comunque”. Il tempo di ascoltare questo racconto, e per i tre allievi della Specialistica giunge al termine l’attesa: un assistente avverte che la docente non verrà, è tutto rimandato all’indomani. “Ecco, questo proprio non lo sopportiamo! Fino a stamattina sul sito non c’era nessun avviso…”. Intoppi che capitano, al nuovo come al vecchio ordinamento. Piccoli disagi quotidiani che contribuiscono a fare dell’università un percorso con più ostacoli di quelli che ci dovrebbero essere.
Vecchio ordinamento
“Per noi né corsi
né informazioni”
“Per noi né corsi
né informazioni”
Antonella, Francesca e Aniello, ventiquattrenni fuoricorso, lamentano lo stato di abbandono di cui si sentono vittime per il fatto di appartenere al vecchio ordinamento. “Sono in molti coloro che, come noi, hanno consapevolmente e liberamente scelto di continuare con il vecchio ordinamento, che è sicuramente migliore rispetto a quello post riforma – dicono- Per noi, però, non solo non ci sono più corsi, ma non ci sono neppure più informazioni”. Francesca fa un esempio concreto: “sono di Salerno, e per sapere quel è il programma di Diritto pubblico che devo portare all’esame, sono dovuta venire fino a qui perché sul sito internet non vengono pubblicati i programmi per noi del vecchio ordinamento”. Ma i disagi, lo abbiamo detto, non mancano per nessuno dei due ordinamenti, e dunque è sempre meglio combattere per la vecchia laurea. Francesco Giobbe e Alessandro Riviezzo, al secondo anno fuori corso della triennale in International management, dicono di avere scelto il Parthenope per la sua grande tradizione nel campo degli studi di economia internazionale. Ma quando gli si chiede se hanno avuto modo di riscontrare l’effettività della fama dell’ateneo, appaiono titubanti. Non sembrano avere molto da dire sul valore aggiunto del corso di laurea che hanno scelto, e il motivo è sempre lo stesso. “E’ il nuovo ordinamento a sminuire i contenuti del corso- dicono- un esame di Statistica, ad esempio, non si può fare in due mesi”. “Nel nostro ordinamento è tutto irrazionale- dice Luigi d’Angelo, iscritto al terzo anno di International management- Esami spezzati, esami tutti in blocco, esami che valgono sei crediti e hanno un programma da dodici…”.
Rosanna De Martino, primo anno fuori corso di International management, offre un classico esempio di esame dalla difficile configurazione in termini di crediti: Diritto commerciale. “L’esame vale sei crediti, ma il professore tiene un corso da dodici ore perché dice che altrimenti non riesce a coprire tutto il programma”. E’ un problema comune soprattutto agli insegnamenti di diritto. Luigi d’Angelo, che si è trasferito da Giurisprudenza della Federico II, conferma che Diritto privato a International management non differiva quasi per niente, quanto a lunghezza del programma, dal corrispondente esame a Giurisprudenza. A quella che Luigi definisce “l’irrazionalità del nuovo ordinamento”, si aggiungono i soliti intoppi quotidiani, stavolta sì, caratteristici della Facoltà di Economia Parthenope.
Rosanna De Martino, primo anno fuori corso di International management, offre un classico esempio di esame dalla difficile configurazione in termini di crediti: Diritto commerciale. “L’esame vale sei crediti, ma il professore tiene un corso da dodici ore perché dice che altrimenti non riesce a coprire tutto il programma”. E’ un problema comune soprattutto agli insegnamenti di diritto. Luigi d’Angelo, che si è trasferito da Giurisprudenza della Federico II, conferma che Diritto privato a International management non differiva quasi per niente, quanto a lunghezza del programma, dal corrispondente esame a Giurisprudenza. A quella che Luigi definisce “l’irrazionalità del nuovo ordinamento”, si aggiungono i soliti intoppi quotidiani, stavolta sì, caratteristici della Facoltà di Economia Parthenope.
Esami in
contemporanea
contemporanea
Ne parla con veemenza Antonio Monaco, 22 anni, anche lui studente di International management. “Mi capita un mese sì e l’altro pure – dice- Mi organizzo per sostenere due esami e puntualmente sono nello stesso giorno ed alla stessa ora. Ultimamente avrei dovuto sostenerne uno in via Acton e uno a Villa Doria, contemporaneamente. Non è assurdo?”. Al Parthenope, il rischio legato alla scelta di affrontare due esami nella stessa giornata è elevato al quadrato per via degli appelli alternati. Infatti, la regola secondo la quale se non si supera un esame ci si può ripresentare solo alla sessione successiva vale anche per il caso in cui all’esame non ci si presenti affatto, ed è evidente che se si devono sostenere due esami allo stesso orario, a meno che non si possieda il dono dell’ubiquità, si dovrà rinunciare necessariamente ad uno dei due. Il meccanismo di prenotazione è tale da non consentire scampo. Si conoscono le date d’esame due settimane prima, si può cancellare la propria prenotazione fino a cinque giorni prima. Però l’orario viene reso pubblico solo due o tre giorni prima dell’esame. “Questo significa che se due esami sono in contemporanea, lo apprendo solo quando ormai non mi è più possibile cancellare la prenotazione – dice Antonio Monaco- Non presentandomi a uno dei due appelli, perdo la possibilità di sostenere un esame in quella sessione, dato che per la regola degli appelli alternati non ci si può ripresentare il mese dopo. Una volta ne ho parlato anche con il prof. Quintano junior che mi ha consigliato di esporre il problema in segreteria. Ma, a quanto pare, neppure la segreteria ha la bacchetta magica, le cose stanno così e basta”. Piccoli disagi quotidiani, che ci si vuol fare. E’ come per il ritorno al passato: non si può. Le cose, dicono dalla segreteria, stanno così e basta.
Sara Pepe
Sara Pepe