Scienze Motorie, arriva l’equipollenza con Fisioterapia

L’articolo 1-septies del disegno di legge pubblicato lo scorso 2 febbraio avrà fatto sobbalzare gli studenti, i laureandi e i laureati in Scienze motorie che vi si sono imbattuti. Recita: Equipollenza dei titoli di studio. Il diploma di laurea in Scienze Motorie è equipollente al diploma di laurea in Fisioterapia, se il diplomato abbia conseguito attestato di frequenza ad idoneo corso su paziente, da istituirsi con decreto ministeriale, presso le università. L’obiettivo per il quale gli studenti e i laureati in Scienze Motorie stanno combattendo da anni è stato finalmente raggiunto? Se si aprono bene gli occhi ci si rende conto che non è proprio così. Ci aiuta a leggere e capire meglio la disposizione Salvatore Compagnone, studente e segretario nazionale della PASSI, l’associazione dei Professionisti Associati in Scienze Motorie e Sportive Italiane. “L’articolo 1- septies è contenuto nel maxi emendamento delle mille deroghe, l’ultimo atto legislativo del governo Berlusconi – dice- sembra quasi che voglia gettare del fumo negli occhi alla nostra categoria, fatta di 120-130.000 laureati in Scienze motorie che cercano uno sbocco professionale, e che ha il suo bel peso politico. Infatti, se si analizza bene la disposizione, ci si rende conto che una serie di limitazioni svuotano di concreto significato il termine equipollenza. Il laureato, per far sì che il suo titolo sia considerato equipollente al diploma di laurea in fisioterapia, deve seguire un corso di perfezionamento, che va istituito con un decreto ministeriale. Inoltre, la norma richiede che il corso si svolga nelle università, il che significa che dovrà essere emanato un bando nazionale per la sua attivazione. Insomma, la procedura è lunga e complessa”. Compagnone invita tutti alla cautela, e sottolinea che di equipollenza con la fisioterapia non si potrebbe parlare per qualsiasi indirizzo di Scienze motorie, ma solo per quello della classe 76 S, cioè quello in attività motoria preventiva e adattata. “Si intende realizzare un corso aggiuntivo per i laureati di questa classe, non per tutti i laureati. E non è detto che realmente ci si riesca. Ammettiamo che effettivamente il Ministero emani il decreto per l’istituzione del corso, e ammettiamo che si indica un bando che consenta a tante università di attivarlo, non si sa neppure se nelle facoltà di Scienze motorie o di Medicina. In ogni caso sarebbe un percorso formativo per pochi, perché prevederà un numero di posti stabilito dalla regione in base al fabbisogno professionale. Il mio consiglio è di non entusiasmarsi troppo e di continuare a fare quello che si stava facendo”. Secondo Compagnone il merito di questa proposta è un altro: “per la prima volta in sessant’anni si è pensato alla nostra figura professionale come a una figura di tutela sanitaria”. Piuttosto che soffermarsi sull’equipollenza, di cui a quanto pare beneficeranno in pochi, bisognerebbe dunque accendere un nuovo fronte del dibattito anche scientifico sulle potenzialità dei laureati in Scienze motorie. 
Alla Conferenza dei Presidi che si è tenuta a Roma lo scorso 9 febbraio è giunto l’invito ad aumentare il numero dei laboratori e dei dottorati di ricerca per creare una vera letteratura scientifica nel settore. Ampliare gli orizzonti, questa potrebbe essere la parola d’ordine. Il prossimo 23 febbraio a Urbino si terrà un convegno dal titolo “La tutela della salute del cittadino, le competenze del laureato in Scienze motorie”. Verranno firmati dei protocolli di intesa tra la Conferenza dei Presidi e le associazioni di categoria, in particolare la PASSI. 
(Sa. Pe.)
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