Penalizzanti gli esami dei corsi integrati

Impegno full-time per gli studenti del primo anno della Specialistica in Biotecnologie Mediche. Seguono i corsi dal lunedì al giovedì dalle 11 alle 17. “Dalle 9 alle 11 siamo in laboratorio e anche dalle 17 alle 19”, raccontano. Il venerdì lo trascorrono in laboratorio e così per lo studio non rimangono che le sere ed il sabato e la domenica.  “Le lezioni dovrebbero essere concentrate solo di mattina o di pomeriggio. Nel primo semestre andava meglio perché seguivamo solo i giorni pari – afferma Valentina mentre addenta un panino durante la pausa pranzo – Abbiamo mezzora di spacco. Non c’è il tempo per andare a mangiare a mensa. E’ a due passi ma a quest’ora c’è sempre una fila lunghissima”. “Meno male che abbiamo solo mezzora, altrimenti perderemo altro tempo – interviene l’amica Vera – Sarebbe meglio cominciare alle 8.30 e andare a casa un po’ prima”.
“Pensavo che il programma di studi di Biotecnologie fosse più affine a quello di Medicina. Il primo anno è  praticamente in comune ma poi da noi mancano le cliniche – Delia confessa di essersi iscritta a Biotecnologie dopo aver tentato invano il test a Medicina – Durante la Triennale non ho mai svolto attività di laboratorio. So di colleghi che sono capitati meglio. E’ una questione di fortuna”. Ai triennalisti raccomanda di fare attenzione alla preparazione in Biologia molecolare, Biochimica clinica e Patologia clinica: “Sono esami che non possono essere presi sotto gamba”.
Gli studenti ritengono che gli argomenti da affrontare durante la Specialistica siano approfondimenti di quelli studiati nei tre anni precedenti. Il maggior problema è costituito dai diversi moduli accorpati negli esami integrati: “Occorre avere la sufficienza allo scritto e all’orale di ciascun modulo per passare un esame – afferma Genny – E non c’è la possibilità di congelare i voti. Se superi due moduli su tre, devi rifare interamente l’esame. I corsi integrati andrebbero aboliti, ci penalizzano. Rendono il percorso molto stressante e rallentano il cammino”.
I docenti fissano gli appelli in date molto ravvicinate tra loro: “Tra il 15 e il 18 del mese si condensa il grosso degli esami. Può capitare  per corsi di anni differenti ma non per quelli dello stesso semestre! Così diventa impossibile dare più esami”. 
“Alcuni professori se non superi l’esame ti consigliano di non ripresentarti il mese successivo – racconta Vera – Abbiamo organizzato una raccolta di firme per chiedere un appello straordinario e non l’abbiamo ottenuto. Ai  fuori corso di Monte Sant’Angelo per avere un appello straordinario basta chiederlo, a noi no perché le aule non sono sufficienti. Io però penso che se un professore vuole farti sostenere un esame può sempre organizzare i candidati a gruppetti nel suo studio”.
La difficoltà delle prove non è mai oggettiva, perché correlata non solo alla predisposizione individuale, quanto alla capacità didattica del docente. “E’ importante avere un professore che ti faccia appassionare. Aldo Galeone, Gennaro Piccialli, Maria Assunta Bevilacqua e Paola  Costanzo sono Maestri in questo – rilevano Alfonso, Angelo e Mimmo, iscritti al III anno della Triennnale – Alcuni programmi sono talmente vasti che se non frequenti sprechi energie inutili a memorizzare argomenti su cui il professore non ti interrogherà”.
“Quando ti iscrivi leggi sulla guida che è previsto un determinato numero di ore di laboratorio e poi scopri che non è così. Dicono che tutto si risolverà con la nuova struttura”, afferma Valentina a cui chiediamo se si riscriverebbe al medesimo Corso di Laurea. “Per i contenuti sì, per l’organizzazione no – risponde – Il curriculum medico è quello che lascia più a desiderare in quanto ad organizzazione. I laboratori noi non sappiamo neanche come sono fatti. Alcune amiche che hanno deciso di passare al curriculum farmaceutico ora si trovano meglio”.
Tra le note positive va menzionata la reperibilità dei professori che a volte sono disponibili anche fuori dell’orario di ricevimento. “La prof.ssa Gabriella De Vita, per esempio, una volta ha accettato di vedermi di sabato mattina – afferma Egidio, soprannominato dalle sue compagne di corso Ermellino, che ha già compilato i moduli per il tirocinio – E’ obbligatorio che duri almeno un anno. Ma è meglio cominciare prima, è un’esperienza importante”.
“Il mio sbaglio forse è stato fare una corsa per laurearmi il più presto possibile. Ci sono stati esami su cui non mi sono soffermata abbastanza. Il mio consiglio agli studenti è studiare in modo approfondito”, afferma Nicoletta Vitale che, dopo essersi laureata in corso in Biotecnologie Mediche, ha iniziato il dottorato di ricerca in Scienze della Vita indetto dall’Università del Sannio e continua a frequentare i laboratori del Policlinico per le sue ricerche in Fisiologia e Patologia cellulare e molecolare. “Tra i miei rimpianti c’è il non aver vissuto l’esperienza Erasmus. Sarei felice di continuare a lavorare all’Università ma sono piuttosto preoccupata per il futuro”.
Manuela Pitterà
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