Un bocciato su due, tra quelli che si presentano all’esame. E’ la media dell’esame di Scienza delle costruzioni con il professore Alessandro Baratta. Percentuali non dissimili per le altre cattedre di questa disciplina. Esattamente come venti anni fa, le materie scientifiche rappresentano un ostacolo particolarmente arduo, per gli studenti della Facoltà di Architettura.
“Un vecchio e difficile problema”, ammette il professore.
Da che cosa dipende?
“Le questioni sono due. La prima, che vale oggi esattamente come valeva un quarto di secolo fa, è legata alla natura della disciplina. Chi si iscrive alla Facoltà di Architettura non sempre ha una formazione di base di tipo matematico e tecnico adeguata ad affrontare questo insegnamento. Potrebbe recuperare, se si impegnasse senza pregiudizi. Purtroppo a volte lo studente si pone con l’atteggiamento di chi sa già che tanto non capirà, che quella materia non gli piace, che non è quello che aveva scelto di studiare”.
L’altra questione?
“E’ legata alla nuova organizzazione didattica. Da quando è stato introdotto il sistema dei crediti, dalla riforma in poi, gli studenti hanno sempre meno tempo per mettersi davanti ad un libro, leggere, se necessario più volte, ripetere, approfondire. Se uno non ha a disposizione un pomeriggio intero, ma solo un paio d’ore a fine giornata, in cui potrà leggere poche pagine, sapendo che riprenderà in mano quel libro tre giorni più tardi, probabilmente preferirà impiegare quelle ore per progettare. La linea resta sul foglio anche se la si riprende dopo una settimana. Un concetto letto una volta e non approfondito, quattro giorni dopo è come se non lo si fosse neanche letto. E’ dimenticato”.
Quindi?
“Sarà impopolare dirlo, ma io credo che cinque anni per Architettura siano pochi. Sarebbe meglio un anno in più, con ritmi meno compressi e meno stressanti per i ragazzi”.
Professore, non è che voi delle discipline tecnico–scientifiche siete troppo esigenti, che chiedete troppo agli studenti?
“Guardi, l’università richiede impegno. Se laureiamo persone con una preparazione solida, le aiutiamo a muoversi con qualche possibilità nel mondo del lavoro. Altrimenti diventiamo una fabbrica di illusioni. Si dirà: chi vuol fare l’architetto non deve essere un esperto di Scienza delle costruzioni. Esperto no, ma deve imparare i concetti di base e deve passare attraverso l’esperienza formativa di studiare questa disciplina. Io sono laureato in Ingegneria. Ebbene, ho dimenticato gran parte dei concetti che studiai quando preparai Elettrotecnica. L’esperienza formativa, il metodo con il quale preparai quella materia, non le ho dimenticate”.
Gli studenti lamentano che continuate a proporre loro programmi lunghissimi, del tutto incompatibili con i nuovi ritmi universitari e con una frequenza in aula così assidua.
“Io ho cambiato completamente la didattica ed il corso, ma non si può ridurre tutto e servirebbe a poco, nell’interesse degli studenti. D’altronde, se propongo il bignamino di Scienza delle costruzioni danneggio anche quello studente su dieci che vorrebbe imparare qualcosa. Certo, ci sono tagli al programma che possono considerarsi ferite marginali, non mortali. Quelli li ho adottati da tempo”.
Le è capitato, in tanti anni, che uno studente o una studentessa abbia ripetuto più di tre volte l’esame con lei?
“Ahimè, sì. Era un ragazzo. Parlo dei tempi del vecchio ordinamento, quando i corsi erano annuali. Ricordo che si presentò sette od otto volte, prima di passare. Si potevano sostenere esami ogni mese e lo studente, bocciato, si ripresentava trenta giorni più tardi. Poiché aveva lacune molto vaste, un mese era del tutto insufficiente per colmarle. Nonostante gli suggerissi di prendersi il tempo dovuto, lui era ancora lì, il mese successivo, impreparato come prima”.
Consigli per evitare di ripetere queste tristi esperienze?
“Oggi è fondamentale studiare giorno per giorno, anche mezz’ora. Capisco che può essere difficile aprire un libro di Scienza delle costruzioni alle sette di pomeriggio, dopo sei ore in aula, ma è utile. Frequentare, naturalmente, è indispensabile. Infine, vanno accantonati i preconcetti. Come tutti gli altri, i libri di Scienza delle costruzioni possono essere letti, capiti, imparati”.
Fabrizio Geremicca
“Un vecchio e difficile problema”, ammette il professore.
Da che cosa dipende?
“Le questioni sono due. La prima, che vale oggi esattamente come valeva un quarto di secolo fa, è legata alla natura della disciplina. Chi si iscrive alla Facoltà di Architettura non sempre ha una formazione di base di tipo matematico e tecnico adeguata ad affrontare questo insegnamento. Potrebbe recuperare, se si impegnasse senza pregiudizi. Purtroppo a volte lo studente si pone con l’atteggiamento di chi sa già che tanto non capirà, che quella materia non gli piace, che non è quello che aveva scelto di studiare”.
L’altra questione?
“E’ legata alla nuova organizzazione didattica. Da quando è stato introdotto il sistema dei crediti, dalla riforma in poi, gli studenti hanno sempre meno tempo per mettersi davanti ad un libro, leggere, se necessario più volte, ripetere, approfondire. Se uno non ha a disposizione un pomeriggio intero, ma solo un paio d’ore a fine giornata, in cui potrà leggere poche pagine, sapendo che riprenderà in mano quel libro tre giorni più tardi, probabilmente preferirà impiegare quelle ore per progettare. La linea resta sul foglio anche se la si riprende dopo una settimana. Un concetto letto una volta e non approfondito, quattro giorni dopo è come se non lo si fosse neanche letto. E’ dimenticato”.
Quindi?
“Sarà impopolare dirlo, ma io credo che cinque anni per Architettura siano pochi. Sarebbe meglio un anno in più, con ritmi meno compressi e meno stressanti per i ragazzi”.
Professore, non è che voi delle discipline tecnico–scientifiche siete troppo esigenti, che chiedete troppo agli studenti?
“Guardi, l’università richiede impegno. Se laureiamo persone con una preparazione solida, le aiutiamo a muoversi con qualche possibilità nel mondo del lavoro. Altrimenti diventiamo una fabbrica di illusioni. Si dirà: chi vuol fare l’architetto non deve essere un esperto di Scienza delle costruzioni. Esperto no, ma deve imparare i concetti di base e deve passare attraverso l’esperienza formativa di studiare questa disciplina. Io sono laureato in Ingegneria. Ebbene, ho dimenticato gran parte dei concetti che studiai quando preparai Elettrotecnica. L’esperienza formativa, il metodo con il quale preparai quella materia, non le ho dimenticate”.
Gli studenti lamentano che continuate a proporre loro programmi lunghissimi, del tutto incompatibili con i nuovi ritmi universitari e con una frequenza in aula così assidua.
“Io ho cambiato completamente la didattica ed il corso, ma non si può ridurre tutto e servirebbe a poco, nell’interesse degli studenti. D’altronde, se propongo il bignamino di Scienza delle costruzioni danneggio anche quello studente su dieci che vorrebbe imparare qualcosa. Certo, ci sono tagli al programma che possono considerarsi ferite marginali, non mortali. Quelli li ho adottati da tempo”.
Le è capitato, in tanti anni, che uno studente o una studentessa abbia ripetuto più di tre volte l’esame con lei?
“Ahimè, sì. Era un ragazzo. Parlo dei tempi del vecchio ordinamento, quando i corsi erano annuali. Ricordo che si presentò sette od otto volte, prima di passare. Si potevano sostenere esami ogni mese e lo studente, bocciato, si ripresentava trenta giorni più tardi. Poiché aveva lacune molto vaste, un mese era del tutto insufficiente per colmarle. Nonostante gli suggerissi di prendersi il tempo dovuto, lui era ancora lì, il mese successivo, impreparato come prima”.
Consigli per evitare di ripetere queste tristi esperienze?
“Oggi è fondamentale studiare giorno per giorno, anche mezz’ora. Capisco che può essere difficile aprire un libro di Scienza delle costruzioni alle sette di pomeriggio, dopo sei ore in aula, ma è utile. Frequentare, naturalmente, è indispensabile. Infine, vanno accantonati i preconcetti. Come tutti gli altri, i libri di Scienza delle costruzioni possono essere letti, capiti, imparati”.
Fabrizio Geremicca