Percorsi da 110 e lode

Laurea nei tempi e voti eccellenti. È questo il fil rouge che lega i neolaureati in Medicina premiati dal Comitato Etico. Storie diverse unite da un percorso comune vissuto tra le aule del Policlinico. Napoli, Polonia, Spagna, Brasile. È una preparazione senza confini quella di Davide Luglietto. Forte della conoscenza di quattro lingue imparate da piccolo,“spagnolo, portoghese, francese e inglese”, Davide ha vissuto sei anni da “studente con la valigia”, arrivando alla corona d’alloro lo scorso luglio, a 25 anni. Per lui laurea conseguita nei tempi, con lode e menzione, logico approdo di una media del 28.8. Pensare che avrebbe potuto non frequentare affatto questo Corso di Laurea: “non superai il test di ammissione, così mi iscrissi a Veterinaria dove sostenni tutti gli esami del primo anno con una media del 28”. Non abbastanza per desistere dal suo obiettivo iniziale: “rifeci il test ed entrai sia alla Cattolica sia alla Federico II. Ho scelto la seconda perché sono di Napoli, quindi per me era più semplice
sostenere i costi”. Il passaggio non è stato dei più semplici: “quando sono entrato, per la prima volta concedevano l’accesso al secondo anno a chi aveva un minimo di 14 crediti parziali convalidati. Ho dovuto sostenere dieci
esami in un anno”. Al quarto anno il primo viaggio Erasmus, preceduto dalla proposta di attivazione di una
nuova meta, la Polonia, rivolta all’Ufficio Relazioni Internazionali e al Presidente del Corso di Laurea Sabino De Placido. Perché la Polonia? “Un mio amico di Veterinaria che aveva fatto la tesi all’università di Danzica
me ne aveva parlato benissimo. Aveva ragione. Sono stato lì per nove mesi, frequentando i corsi in lingua inglese”. Al ritorno: “ho chiesto la tesi al professore di Neurochirurgia Paolo Cappabianca, visto che per il lavoro sperimentale è necessario partire almeno 18 mesi prima della laurea”. Primo tassello di una nuova avventura all’estero: “mi è stata concessa l’opportunità di frequentare per due settimane il laboratorio del professor Prats dell’Università di Barcellona per portare avanti il mio progetto di ricerca. Ho condotto uno studio anatomico
direttamente sul cadavere, pratica che ho potuto esercitare soltanto all’estero”. Un’occasione per uno
studio comparativo con la situazione italiana: “il mio obiettivo è stato comprendere gli aspetti legislativi della donazione del corpo a scopi scientifici. Nel nostro paese l’ultima normativa in merito risale a un regio decreto del 1933. Non c’è mai stata la volontà di cambiare le cose”. Il ritorno a Napoli è stato breve. Ad aspettarlo, stavolta, c’era un altro continente: “durante il sesto anno il SISM –Segretariato Italiano Studenti in Medicina – ha indetto
un concorso per svolgere un periodo di pratica all’estero. Io ho vinto un mese in Brasile”. Iniziato “poco dopo la laurea. A ottobre sono stato al Dipartimento di Neurochirurgia nello Stato di San Paolo”. Cosa gli ha dato la Federico II durante tutte queste esperienze? “Tantissimo. In Brasile mi hanno chiesto di tenere una lezione sulla mia tesi. Ho avuto basi teo riche che danno la possibilità di fare qualsiasi cosa, sia da un punto di vista umano sia professionale”. Perseveranza è la parola d’ordine quando si studia: “è fondamentale sfruttare tutte le risorse della didattica, affiancando ai testi di riferimento il quid in più dato dalle lezioni frontali”. Tanti i docenti incontrati. Uno il suo maestro, il prof. Paolo Cappabbianca, che lo ha seguito nel lavoro di tesi: “c’è una sua frase che mi ha colpito. Phd significa Doctor of Philosophy. Lui ci teneva a sottolineare quanto occorra essere filosofi prima che medici, accrescendo quanto di umano c’è in noi, perché se manca tale base allora viene a mancare tutto il resto. Lui e tutta la Divisione di Neurochirurgia del Policlinico mi hanno dato tanto”. Tra chi ha da poco lasciato le aule della Federico II c’è Valentina Cossiga, coetanea di Davide e laureata con lode. Coronato un sogno che coltiva da bambina: “scrissi di voler diventare medico in un tema delle elementari”. Sui sei anni di studio: “era uno stress continuo tra lezioni, esami e reparto. Ricordo con piacere i corsi di Gastroenterologia, di Medicina Interna e di Cardiologia”. Più duri, invece, “quelli del primo anno, sono molto teorici”. Nel prepararli ha seguito un metodo
preciso: “sono sempre stata abituata a leggere e ripetere ad alta voce. Mi aiuta a memorizzare. Sicuramente
il percorso è impegnativo. Ricordo che spesso mentre i miei amici uscivano io restavo a casa a studiare”. Il
suo segreto: “lo studio a casa è importante. Seguire le lezioni, però, ti agevola molto il lavoro da fare”. Sui
docenti: “sono tutti molto preparati. Io mi sono trovata particolarmente bene con il professore di Gastroenterologia
Nicola Caporaso. Mi ha insegnato nella pratica clinica cosa va fatto e cosa no”. 25 anni e laurea con lode e menzione anche per Flavia Di Maro. Passione è la sua parola d’ordine: “ci vuole tanta dedizione per i nostri studi.
Io sono stata davanti al libro pure per dieci ore al giorno”. Esame che ricorda con piacere: “Patologia della
testa e del collo, una materia appassionante”. L’incubo, invece, si chiama Anatomia II: “presi 23, è stato tremendo.
Credo sia molto mnemonico”. Cosa cambierebbe del suo percorso: “lo vivrei con minore ansia. A chi sta
ancora studiando suggerisco di non abbattersi di fronte alle difficoltà e di non lasciarsi intimidire dalla competitività
che caratterizza il Policlinico”. Un ambiente che “mi ha lasciato tanto, facendo crescere il mio senso di responsabilità”. Tra i tanti docenti incontrati ricorda il prof. Michele Cavaliere di Otorinolaringoiatria: “mi ha
trasmesso la sua tranquillità. Lo vedo come un modello per la pazienza che mostra nei confronti dei degenti”. Ha
un anno in più rispetto ai colleghi Rosanna Esposito. Per lei la laurea con 110 è arrivata dopo 5 anni e mezzo,
periodo che divide in due fasi: “il primo biennio non avevo la sensazione di frequentare Medicina. Molti esami
erano in comune con altri Corsi di Laurea. Dal terzo anno le cose sono cambiate e mi sono innamorata dei
miei studi, in particolare delle materie chirurgiche”. Il suo studio si è tradotto spesso in tour de force: “non sono mai stata molto costante. Mi riducevo spesso ad aprire i libri sotto esame. È un metodo massacrante, che mi costringeva a dormire poche ore a notte. Anche questo, però, resta un ricordo bello della mia esperienza
di studentessa, perché sono arrivate tante soddisfazioni”. Il sogno, adesso, si chiama sala operatoria: “un mio riferimento è stato il prof. Ciro Esposito, di Chirurgia Pediatrica e Infantile. È molto attento alle esigenze di noi giovani aspiranti chirurghi”.
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