Quattro studenti per un mese archeologi nel Sudan orientale

Un mese nel Sudan orientale per partecipare alla quarta edizione dell’annuale cantiere-scuola archeologico. È ciò che attende quattro studenti della Magistrale in Archeologia, partiti lo scorso 6 novembre insieme a due dottorandi del Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo alla volta della necropoli di Kassala, situata tra il Nilo e il Mar Rosso. Il team di giovani, tutti tra i 22 e i 30 anni, coordinato dal prof. Andrea Manzo, archeologo orientalista, seguirà lezioni teoriche ed effettuerà scavi su vari luoghi della regione, “molto ricca di evidenze e potenzialità archeologiche, con una sequenza che va dal 6000 a.C. al 1500 d.C., e che permette perciò agli studenti di operare su siti con diverse caratteristiche”, afferma il docente di Antichità nubiane. Lavoreranno sul cantiere in totale sinergia con l’équipe italiana anche quattro studenti sudanesi ‘graduate’, “cioè in possesso della Laurea Triennale, i quali stanno svolgendo un tirocinio presso gli Uffici nazionali o regionali che si occupano di patrimonio culturale”. In particolare, alcuni hanno studiato presso l’Università di Khartoum, “con cui L’Orientale ha da poco siglato una convenzione”. Oltre che dall’Ateneo napoletano, “le attività sono sostenute dal Ministero degli Esteri, dall’ISMEO e dai partner sudanesi che forniscono l’alloggio per il nostro personale e gli studenti”. Obiettivo centrale della missione: “indagare i rapporti tra il Sudan orientale e le regioni circostanti”. Nell’antichità, infatti, “il Sudan orientale è stato un crocevia di contatti culturali ed economici. Ha inoltre espresso culture originali e fortemente caratterizzate. Ed è da questa regione africana che transitavano molti beni preziosi diretti verso l’Egitto e il Mediterraneo”. Insomma, un Paese che vanta una posizione geografica piuttosto strategica e presso cui non a caso “l’Ateneo conduce ricerche archeologiche dal 1980”, connesse ad altre iniziative di scavo “sulla costa egiziana del Mar Rosso, in Etiopia e in Eritrea”.
Storia alla mente,
picchetti alla mano
Una formula già sperimentata negli ultimi tre anni quella dell’unione tra teoria e prassi, “un aspetto imprescindibile nella formazione di un archeologo”, afferma il prof. Manzo. Quale sarà la routine tipo dei partecipanti? “Ci svegliamo presto e andiamo sul cantiere dove restiamo fino al primo pomeriggio. La restante parte della giornata è dedicata alle attività di laboratorio sui reperti”. Le lezioni di teoria verteranno, invece, “sull’archeologia della regione, la documentazione dello scavo e dei reperti, la topografia, la geoarcheologia, l’antropologia fisica e lo studio di determinate classi di materiali”. Il tutto con esiti spesso proficui: “le esperienze sudanesi di molti studenti si sono trasformate in molti casi in tesi di Laurea Magistrale o progetti di dottorato”. Senza dimenticare l’arricchimento sul piano personale. “Fa parte del gioco anche calarsi nella realtà locale, dall’andare a fare la spesa al mercato a quando siamo invitati a feste e matrimoni. Ormai dopo tanti anni abbiamo un nostro ménage consolidato, una rete di contatti, conoscenze e amicizie. Indubbiamente è richiesto un certo spirito di adattamento a condizioni climatiche e ambientali non sempre facili”. La capacità di adeguarsi al contesto costituisce una dote inestimabile, ma c’è molto altro nella cassetta degli attrezzi di un aspirante archeologo: “Oltre alle classiche cazzuole e alle spazzole, agli specilli e ai setacci, si useranno strumenti digitali per la topografia e la documentazione”. Sempre più frequentemente si sente parlare di cantiere 2.0 e dell’uso dei droni, questo perché “sia per chi fa ricerca che per chi si occupa di gestione del patrimonio, la formazione in quest’ambito è un necessario complemento alle tradizionali competenze storico-culturali”. Intanto a dicembre è previsto il rientro, mentre “in primavera organizzeremo una giornata di studi a cui parteciperanno studenti e dottorandi e che, come già negli anni scorsi, vedrà la presenza di colleghi sudanesi e giovani studiosi italiani, anche di altri Atenei”. Tuttavia, nell’attesa di prendere parte alle missioni all’estero, per chi fosse ancora alla Triennale sussistono altre opportunità, come “i cantieri scuola a Cuma e ora anche a Paestum, a cui si aggiungono numerosi tirocini attivati presso i musei, come il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Museo delle Civiltà a Roma”.
Sabrina Sabatino
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