Raffaele La Capria ed il mestiere di scrittore

Giovedì, 2 marzo, si è svolto il primo di una lunga serie di incontri tra gli studenti del Master di II livello in Scrittura Creativa e grandi personalità del mondo della letteratura e della narrativa. Ospite atteso della prima giornata, lo scrittore di origine napoletana, Raffaele La Capria.  
Laureato in Giurisprudenza, Raffaele La Capria, ha compiuto la sua formazione letteraria soggiornando in Francia, Inghilterra e Stati Uniti.  Narratore e saggista, ha esordito, come scrittore, con il romanzo “Un giorno di impazienza”, nel 1952.  L’argomento di gran parte della sua letteratura è Napoli, vista quasi sempre da lontano poiché l’autore lasciò la sua città in gioventù, per trasferirsi a Roma: L’occhio di Napoli del 1994 o Napolitan Graffiti del 1999 sono due esempi significativi, ai quali si aggiunge Capri e non più Capri (1991).  Nel settembre del 2001 ha ricevuto il Premio Campiello alla carriera. Moderatore di questo importante incontro seminariale, il prof. Sergio Campailla. “Siamo lieti di trovarci qui per rendere il nostro omaggio ad uno dei più importanti scrittori contemporanei. Abbiamo deciso di dare inizio a questa nuova fase del Master, con un personaggio così importante, per vari motivi. La Capria, infatti, è un napoletano, un sanguigno, ma allo stesso tempo uno scrittore schivo, che non ama, i presenzialisti, quelli che vogliono solo apparire. Uno scrittore che stimo molto, e non lo dico per retorica, perché nella sua lunga ed onorevole carriera, iniziata nei primi anni Cinquanta, ha compiuto un lungo processo di introspezione, senza mai dimenticare, però, le sue origini, la sua Napoli. Ecco perché abbiamo deciso di iniziare questa serie di incontri con voi, giovani e futuri scrittori, con un personaggio del suo calibro ed esperienza”, ha detto il professore. Subito dopo, la parola è passata a La Capria che entra subito nel vivo della discussione, dispensando consigli ai tanti giovani presenti. Il primo: “ragazzi, per fare lo scrittore non basta il talento letterario, ma anche, e soprattutto, il talento umano. Bisogna scavare a lungo dentro di noi, vedere cosa siamo e coltivare la nostra individualità”. E poi ancora, “dietro un libro, ci deve essere sempre un’idea, un progetto. Trovata quella, la stesura del libro viene da se. L’idea deve essere la spina dorsale del libro, ma bisogna stare attenti a come si usano le parole. Non bisogna mai farsi condizionare o comandare da loro, altrimenti lo scrittore diventa prevedibile. Dobbiamo essere noi stessi a governare le parole che usiamo, esserne protagonisti ed usarle con vera convinzione. Solo così saremo sempre in grado di sorprendere, di renderci imprevedibili agli occhi dei lettori”. Nel tentativo di far arrivare in maniera ancor più forte questo concetto, La Capria legge a tutti gli studenti presenti in sala, un breve capitolo del suo libro “L’apprendista scrittore”. Un libro quasi autobiografico, in cui lo scrittore, di nome Tonino, ripercorre tutte le tappe, dalla fanciullezza, alla maturità,  che lo hanno portato alla consapevolezza di sentirsi uomo e scrittore. Parole dolci, parole dure, in una magica alternanza di emozioni e di vibrazioni che arrivano dritte al cuore e che spiegano più di ogni altra cosa, cosa vuol dire avere la vocazione per la scrittura. “Uno dei problemi più importanti per uno scrittore – ha continuato La Capria- è quello di far sentire agli altri, il battito del proprio cuore, le proprie emozioni, attraverso le parole, anche perché, quando si scrive, non bisogna solo descrivere, ma emozionare la propria descrizione. Io dico sempre a chi mi chiede come fare, che bisogna adoperare una propria personalissima strategia, una tattica che a forza di scrivere, sappia conquistare il castello delle emozioni proprie e altrui”. Prima di concludere, non poteva mancare la classica domanda, quella da un milione di dollari, quella fatta proprio a lui, che nella sua gioventù ha dovuto abbandonare la sua terra natia: “ma a Napoli, si può diventare scrittori di successo?”. Beh, sentite la risposta. “Napoli è una delle città che rappresenta sempre se stessa e che si è fatta e si sa raccontare. Il napoletano è un uomo di grande talento, ma che difficilmente trova spazio, un punto di appoggio in cui poter esprimere tali qualità. C’è un detto, però, che dice, datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo. Ebbene, provate a dare un punto di appoggio ad un napoletano….” 
Gianluca Tantillo
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