“L’inchiesta televisiva come oggetto narrativo complesso”: è il campo in cui negli ultimi anni si è specializzato il giornalista Riccardo Iacona, venuto a parlarne agli studenti dell’Orientale il 5 novembre. Un appuntamento che ha inaugurato il nuovo ciclo di conferenze promosso dai professori Massimo Pettorino e Anna Maria Valentino per il Corso di laurea Specialistica in Comunicazione Interculturale, che anche quest’anno ospiterà grandi professionisti dell’informazione – dopo Iacona sono infatti attesi tra gli altri, in attesa di conferme definitive, Marco Travaglio e Milena Gabanelli.
Dopo aver lavorato come aiuto regista per cinema e televisione – cosa a cui si deve probabilmente l’impronta a volte più cinematografica che giornalistica di alcuni pezzi di sue inchieste – Iacona si è specializzato in informazione e inchiesta televisiva collaborando a molte delle trasmissioni di Michele Santoro. Ma è stato nel periodo di transizione successivo alla “cacciata” di Santoro dalla Rai che ha iniziato a preparare e poi a proporre alla Terza Rete una serie di inchieste autonome: W gli sposi, W il mercato, W la ricerca, la serie W l’Italia, fino all’ultima serie a marzo 2007, Pane e politica. “L’impatto dell’oggetto narrativo complesso chiamato ‘inchiesta di un’ora e mezza’ è la costruzione di relazioni tra gli eventi che prima non c’erano”, spiega il giornalista. Un lavoro lungo ed elaborato che, contrariamente a molto giornalismo usa-e-getta, “assomiglia molto alla preparazione di una sceneggiatura”, suggerisce Iacona. Come è stato per l’inchiesta W gli sposi. “L’idea era quella di assumere il punto di vista dei ragazzi nel momento in cui devono affrontare una serie di investimenti materiali ed emotivi per costruire il loro futuro”, spiega il giornalista. Ma insieme alla storia degli sposi ne sono state ricostruite molte altre collegate: quella delle nuove migrazioni di lavoro dal Sud al Nord Italia, dei metalmeccanici napoletani assunti a Mestre che però riescono a stento a mantenersi, della “sposa” che non ha potuto avere un bambino e non può fare progetti futuri a causa della sua condizione di precaria. “L’obiettivo è quello di raccontare le dinamiche profonde della società”, afferma Iacona. “I dibattiti televisivi funzionano sulle opposizioni politiche: rosso/nero, si/no: ma l’oggetto del dibattito sfugge alla nostra comprensione. E’ fondamentale invece connettere i punti per arrivare ad un quadro comprensibile, dando anche la possibilità di fare ipotesi future”. Nel caso di W gli sposi ad esempio, “parlando con le fonti dirette ho capito cosa era successo: la morte del miracolo del Nord-Est italiano, a causa della delocalizzazione delle produzioni. Da questo deriva una percezione del futuro come quella degli sposi e del mondo del precariato”, spiega Iacona. Il tutto raccontato con lo stile ormai denotativo del giornalista, quell’impatto emotivo che punta a coinvolgere un ampio pubblico portandolo “a conoscenza di una realtà che dopo non potrà più ignorare, anche se attraverso una dimensione emozionale, seguendo il personaggio passo per passo nella sua storia”. Così ad esempio, dopo aver visto Case, inchiesta che parte dallo sfratto di una casa popolare a Milano per raccontare le deviazioni del mercato immobiliare, “nessuno potrà più dire che non esiste un’emergenza abitativa”.
Diverse le domande dei ragazzi, da “come si fa a ottenere la fiducia delle persone che si intervistano?” all’obiezione che in alcuni suoi documentari “c’è una carenza di punti di vista”, alla ragazza che dice “ho pianto vedendo W il mercato perché ho rivisto difficoltà vissute in prima persona”. Insomma se un documentario non può fare miracoli dovrebbe però offrire quella consapevolezza necessaria “per non delegare sempre agli altri le decisioni che ci riguardano”, aggiunge Iacona. E per non sentirsi sopraffatti dagli eventi, che non accadono mai all’improvviso: “nel caso della Romania”, spiega, “oltre al delitto dell’assassino della signora Giovanna c’è l’atto criminale dell’informazione italiana che non ha seguito nulla degli sviluppi di quel paese, e dei meccanismi che hanno regolato le migrazioni finora: un’ignoranza colpevole, che ha portato ad una percezione di improvvisa invasione e all’ondata xenofoba derivata”.
Viola Sarnelli
Dopo aver lavorato come aiuto regista per cinema e televisione – cosa a cui si deve probabilmente l’impronta a volte più cinematografica che giornalistica di alcuni pezzi di sue inchieste – Iacona si è specializzato in informazione e inchiesta televisiva collaborando a molte delle trasmissioni di Michele Santoro. Ma è stato nel periodo di transizione successivo alla “cacciata” di Santoro dalla Rai che ha iniziato a preparare e poi a proporre alla Terza Rete una serie di inchieste autonome: W gli sposi, W il mercato, W la ricerca, la serie W l’Italia, fino all’ultima serie a marzo 2007, Pane e politica. “L’impatto dell’oggetto narrativo complesso chiamato ‘inchiesta di un’ora e mezza’ è la costruzione di relazioni tra gli eventi che prima non c’erano”, spiega il giornalista. Un lavoro lungo ed elaborato che, contrariamente a molto giornalismo usa-e-getta, “assomiglia molto alla preparazione di una sceneggiatura”, suggerisce Iacona. Come è stato per l’inchiesta W gli sposi. “L’idea era quella di assumere il punto di vista dei ragazzi nel momento in cui devono affrontare una serie di investimenti materiali ed emotivi per costruire il loro futuro”, spiega il giornalista. Ma insieme alla storia degli sposi ne sono state ricostruite molte altre collegate: quella delle nuove migrazioni di lavoro dal Sud al Nord Italia, dei metalmeccanici napoletani assunti a Mestre che però riescono a stento a mantenersi, della “sposa” che non ha potuto avere un bambino e non può fare progetti futuri a causa della sua condizione di precaria. “L’obiettivo è quello di raccontare le dinamiche profonde della società”, afferma Iacona. “I dibattiti televisivi funzionano sulle opposizioni politiche: rosso/nero, si/no: ma l’oggetto del dibattito sfugge alla nostra comprensione. E’ fondamentale invece connettere i punti per arrivare ad un quadro comprensibile, dando anche la possibilità di fare ipotesi future”. Nel caso di W gli sposi ad esempio, “parlando con le fonti dirette ho capito cosa era successo: la morte del miracolo del Nord-Est italiano, a causa della delocalizzazione delle produzioni. Da questo deriva una percezione del futuro come quella degli sposi e del mondo del precariato”, spiega Iacona. Il tutto raccontato con lo stile ormai denotativo del giornalista, quell’impatto emotivo che punta a coinvolgere un ampio pubblico portandolo “a conoscenza di una realtà che dopo non potrà più ignorare, anche se attraverso una dimensione emozionale, seguendo il personaggio passo per passo nella sua storia”. Così ad esempio, dopo aver visto Case, inchiesta che parte dallo sfratto di una casa popolare a Milano per raccontare le deviazioni del mercato immobiliare, “nessuno potrà più dire che non esiste un’emergenza abitativa”.
Diverse le domande dei ragazzi, da “come si fa a ottenere la fiducia delle persone che si intervistano?” all’obiezione che in alcuni suoi documentari “c’è una carenza di punti di vista”, alla ragazza che dice “ho pianto vedendo W il mercato perché ho rivisto difficoltà vissute in prima persona”. Insomma se un documentario non può fare miracoli dovrebbe però offrire quella consapevolezza necessaria “per non delegare sempre agli altri le decisioni che ci riguardano”, aggiunge Iacona. E per non sentirsi sopraffatti dagli eventi, che non accadono mai all’improvviso: “nel caso della Romania”, spiega, “oltre al delitto dell’assassino della signora Giovanna c’è l’atto criminale dell’informazione italiana che non ha seguito nulla degli sviluppi di quel paese, e dei meccanismi che hanno regolato le migrazioni finora: un’ignoranza colpevole, che ha portato ad una percezione di improvvisa invasione e all’ondata xenofoba derivata”.
Viola Sarnelli