Attivissimi sul tema del riciclaggio dei rifiuti i Dipartimenti scientifici dell’Università Parthenope,
tant’è che il 5 febbraio la Rai ha trasmesso uno speciale del TG1 dal titolo “Riciclando”, realizzato dal
giornalista d’inchiesta Alessandro Gaeta con la collaborazione dei professori Massimiliano Lega e Sergio
Ulgiati. “Il servizio si è occupato della gestione di quelli che ancora ci ostiniamo a chiamare rifiuti e sulle
enormi possibilità che si aprirebbero se solo credessimo un po’ di più nel riciclo e nel ri-uso. Il rifiuto non è
altro che una materia prima di cui ci vogliamo sbarazzare e solitamente si butta in discarica”, spiega il prof.
Ulgiati. Liberarci dei rifiuti è difficile: “la soluzione di cui si è parlato in trasmissione è il termovalorizzatore.
Alcuni funzionano, ma anche quando funzionano bene, bruciando, producono sostanze nocive. Molte
persone, come me, sono critiche nei confronti dei termovalorizzatori perché bruciare il rifiuto non è la soluzione
migliore, esistono infatti valide alternative. In più l’inceneritore prevede pochi addetti ai lavori, mentre
il riciclo dà lavoro a molte più persone”, prosegue. Il problema è alla base: “ci sono rifiuti che non si
possono differenziare, come le confezioni in Tetra Pak. In quel caso la progettazione della confezione stessa
è sbagliata. La nostra società si basa sull’incapacità di prevenire il rifiuto, bisognerebbe infatti cambiare totalmente stile di vita, consumando di meno. Purtroppo, bisogna aggiungere che le cose che compriamo
sembrano fatte apposta per non essere riciclate, perché non c’è una legge che preveda una corretta
produzione in tal senso”. Di esempi virtuosi in trasmissione ne sono stati fatti diversi: “aziende quali Eco Tech
per il recupero di materiali elettronici, la Tecno Beton di Giugliano, che recupera materiali di costruzione
per pavimentazioni stradali, o altre aziende che trasformano l’olio di cottura in biodiesel e i fondi del
caffè in funghi. Nella nostra regione questi esempi virtuosi scompaiono quando si parla di inceneritori,
perché scompare la capacità di riciclo”. La possibilità di riciclo deve partire da una buona educazione
alla differenziata: “da impartire fin dalle elementari, come dimostra il maestro Ercolini nelle scuole toscane.
La buona volontà però va incanalata, il programma dimostra che quando si vuole si può. Sappiamo
che la quantità di rifiuti è enorme, ma se ci diamo da fare può sparire”. Iniziative significative in tal senso
derivano dalle Università: alla Federico II la prof.ssa Bruna Festa si occupa dei rifiuti su strada e lo stesso prof. Ulgiati, con il progetto REBIT, recupera computer dismessi per estenderne la vita utile e donarli a scuole, biblioteche e associazioni del Comune di Napoli: “il 21 gennaio sono stati donati 31 computer rigenerati e dotati di software didattico a tre istituti scolastici. Il progetto ha avuto origine da una collaborazione tra i Dipartimenti di Scienze e Tecnologiee di Ingegneria del nostro Ateneo, la ditta A&C Ecotech, l’Ufficio Smart City del Comune di Napoli e le associazioni Legambiente, Bidonville e Fondazione Mario Diana. Studenti e docenti hanno selezionato
i computer ancora utilizzabili tra quelli destinati a rottamazione e li hanno dotati di software open source didattico durante l’Install Party. Ciò in adempimento delle direttive europee e nazionali sui RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), che impongono il recupero e lo smaltimento controllato delle apparecchiature. Il vantaggio ambientale che ne deriva consiste in un risparmio di energia e materiali, minore domanda di suolo
destinato a discarica, minore inquinamento ambientale. Il cattivo smaltimento dei RAEE è tra le forme più insidiose di inquinamento ambientale. Il progetto mira dunque al recupero dei computer che ogni giorno vengono dismessi da Enti, Uffici, Centri di ricerca, perché non più idonei alle loro finalità”. Il cittadino va pertanto aiutato a capire come effettuare la differenziazione e la riduzione dei rifiuti: “devono scattare riconoscimento e remunerazione nell’ambito del riciclo, solo così possiamo pensare di riuscire a coinvolgere l’intera popolazione”. Il giornalista d’inchiesta Alessandro Gaeta spiega perché si è interessato al tema dei rifiuti in Campania: “nelle mie inchieste mi sono occupato di storie di rifiuti gestiti da famiglie camorriste. Durante le indagini, nella provincia di Caserta in particolare, ho sperimentato cosa volesse dire riciclare attorno ad un’area infestata dalla criminalità organizzata. Questo può essere un tentativo di ripulire la società”. Altro aspetto che lo ha incuriosito: “la ricerca. C’è un attivismo diffuso sul tema, l’unico problema resta la carenza di fondi ai giovani ricercatori,ma vedo che comunque i progetti ci sono intorno al riciclaggio, ed è un buon segnale”. Per quel che riguarda gli inceneritori, “servirebbe
una sana gestione, poiché sono in ogni caso stabilimenti che producono emissioni incerte, per cui produrne di nuovi non la ritengo la cosa più saggia”. Crede nelle intuizioni del prof. Ulgiati: “se il sistema virtuoso decolla, possiamo estenderlo a tutti gli oggetti che non utilizziamo incasa nostra. Ognuno ha magari due cellulari inutili nel cassetto, che conpochi soldi si possono riparare, bisogna solo cercare i modi giusti per il recupero. Credo che siamo più avanti della Germania sul tema, per le potenzialità di un’economia circolare e per il periodo di crisi che abbiamo vissuto. La Germania brucia tanto, noi dovremmo accompagnare il fiume di idee per fare grandi cose”.
tant’è che il 5 febbraio la Rai ha trasmesso uno speciale del TG1 dal titolo “Riciclando”, realizzato dal
giornalista d’inchiesta Alessandro Gaeta con la collaborazione dei professori Massimiliano Lega e Sergio
Ulgiati. “Il servizio si è occupato della gestione di quelli che ancora ci ostiniamo a chiamare rifiuti e sulle
enormi possibilità che si aprirebbero se solo credessimo un po’ di più nel riciclo e nel ri-uso. Il rifiuto non è
altro che una materia prima di cui ci vogliamo sbarazzare e solitamente si butta in discarica”, spiega il prof.
Ulgiati. Liberarci dei rifiuti è difficile: “la soluzione di cui si è parlato in trasmissione è il termovalorizzatore.
Alcuni funzionano, ma anche quando funzionano bene, bruciando, producono sostanze nocive. Molte
persone, come me, sono critiche nei confronti dei termovalorizzatori perché bruciare il rifiuto non è la soluzione
migliore, esistono infatti valide alternative. In più l’inceneritore prevede pochi addetti ai lavori, mentre
il riciclo dà lavoro a molte più persone”, prosegue. Il problema è alla base: “ci sono rifiuti che non si
possono differenziare, come le confezioni in Tetra Pak. In quel caso la progettazione della confezione stessa
è sbagliata. La nostra società si basa sull’incapacità di prevenire il rifiuto, bisognerebbe infatti cambiare totalmente stile di vita, consumando di meno. Purtroppo, bisogna aggiungere che le cose che compriamo
sembrano fatte apposta per non essere riciclate, perché non c’è una legge che preveda una corretta
produzione in tal senso”. Di esempi virtuosi in trasmissione ne sono stati fatti diversi: “aziende quali Eco Tech
per il recupero di materiali elettronici, la Tecno Beton di Giugliano, che recupera materiali di costruzione
per pavimentazioni stradali, o altre aziende che trasformano l’olio di cottura in biodiesel e i fondi del
caffè in funghi. Nella nostra regione questi esempi virtuosi scompaiono quando si parla di inceneritori,
perché scompare la capacità di riciclo”. La possibilità di riciclo deve partire da una buona educazione
alla differenziata: “da impartire fin dalle elementari, come dimostra il maestro Ercolini nelle scuole toscane.
La buona volontà però va incanalata, il programma dimostra che quando si vuole si può. Sappiamo
che la quantità di rifiuti è enorme, ma se ci diamo da fare può sparire”. Iniziative significative in tal senso
derivano dalle Università: alla Federico II la prof.ssa Bruna Festa si occupa dei rifiuti su strada e lo stesso prof. Ulgiati, con il progetto REBIT, recupera computer dismessi per estenderne la vita utile e donarli a scuole, biblioteche e associazioni del Comune di Napoli: “il 21 gennaio sono stati donati 31 computer rigenerati e dotati di software didattico a tre istituti scolastici. Il progetto ha avuto origine da una collaborazione tra i Dipartimenti di Scienze e Tecnologiee di Ingegneria del nostro Ateneo, la ditta A&C Ecotech, l’Ufficio Smart City del Comune di Napoli e le associazioni Legambiente, Bidonville e Fondazione Mario Diana. Studenti e docenti hanno selezionato
i computer ancora utilizzabili tra quelli destinati a rottamazione e li hanno dotati di software open source didattico durante l’Install Party. Ciò in adempimento delle direttive europee e nazionali sui RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), che impongono il recupero e lo smaltimento controllato delle apparecchiature. Il vantaggio ambientale che ne deriva consiste in un risparmio di energia e materiali, minore domanda di suolo
destinato a discarica, minore inquinamento ambientale. Il cattivo smaltimento dei RAEE è tra le forme più insidiose di inquinamento ambientale. Il progetto mira dunque al recupero dei computer che ogni giorno vengono dismessi da Enti, Uffici, Centri di ricerca, perché non più idonei alle loro finalità”. Il cittadino va pertanto aiutato a capire come effettuare la differenziazione e la riduzione dei rifiuti: “devono scattare riconoscimento e remunerazione nell’ambito del riciclo, solo così possiamo pensare di riuscire a coinvolgere l’intera popolazione”. Il giornalista d’inchiesta Alessandro Gaeta spiega perché si è interessato al tema dei rifiuti in Campania: “nelle mie inchieste mi sono occupato di storie di rifiuti gestiti da famiglie camorriste. Durante le indagini, nella provincia di Caserta in particolare, ho sperimentato cosa volesse dire riciclare attorno ad un’area infestata dalla criminalità organizzata. Questo può essere un tentativo di ripulire la società”. Altro aspetto che lo ha incuriosito: “la ricerca. C’è un attivismo diffuso sul tema, l’unico problema resta la carenza di fondi ai giovani ricercatori,ma vedo che comunque i progetti ci sono intorno al riciclaggio, ed è un buon segnale”. Per quel che riguarda gli inceneritori, “servirebbe
una sana gestione, poiché sono in ogni caso stabilimenti che producono emissioni incerte, per cui produrne di nuovi non la ritengo la cosa più saggia”. Crede nelle intuizioni del prof. Ulgiati: “se il sistema virtuoso decolla, possiamo estenderlo a tutti gli oggetti che non utilizziamo incasa nostra. Ognuno ha magari due cellulari inutili nel cassetto, che conpochi soldi si possono riparare, bisogna solo cercare i modi giusti per il recupero. Credo che siamo più avanti della Germania sul tema, per le potenzialità di un’economia circolare e per il periodo di crisi che abbiamo vissuto. La Germania brucia tanto, noi dovremmo accompagnare il fiume di idee per fare grandi cose”.