Riforma Costituzionale, affollato incontro promosso dalle rappresentanze studentesche

Sì o No la domanda che assale gli italiani da mesi ormai, in attesa del Referendum Costituzionale, che con ogni probabilità (al momento di andare in stampa non è stata ancora fissata la data) avrà luogo il 4 dicembre, sulla Riforma Boschi-Renzi. Per ascoltare le ragioni dei due schieramenti l’Associazione Studenti Giurisprudenza.it ha organizzato l’incontro “Studiare la Riforma. Verso il Referendum Costituzionale” il 21 settembre in aula Pessina, invitando esperti e politici a discutere del tema, in presenza di una folta platea di studenti e docenti universitari. “Più che sulla Riforma, questo referendum sembra concentrarsi su Renzi, per cui il tema della Riforma non viene compreso dai cittadini, che si ritrovano in una sorta di tifoseria per il ‘Sì’ o per il ‘No’. L’iniziativa di oggi vuole affrontare insieme a docenti e autorità il tema Riforma, lontano da strumentalizzazioni politiche. Si tratta della modifica di oltre 40 articoli della Costituzione, che potrà avere ripercussioni sul nostro Ordinamento. La domanda che sorge spontanea è “Come potrà un cittadino votare Sì o No, senza un quesito omogeneo, chiaro e coerente?”, afferma in apertura Vincenzo De Liso, rappresentante nel Consiglio degli studenti.
Lucarelli, gli otto punti di discussione
È il prof. Alberto Lucarelli, docente di Diritto Costituzionale alla Federico II, ad introdurre il tema elencando i punti controversi a favore o contro la Riforma: “l’aula affollata manifesta il grande desiderio di capire, poiché ci sono almeno otto punti da discutere nel quesito che ci verrà presentato. Il focus ha ad oggetto l’articolo 70 che recita ‘La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere’. Con la Boschi-Renzi si eliminerebbe il bicameralismo. Il ‘Sì’ ritiene che ciò comporti un procedimento legislativo più veloce, il ‘No’ afferma che comporterebbe un ulteriore appesantimento kafkiano. Il secondo punto di discussione porta il ‘Sì’ ad affermare che questa modifica non sottintenda nessuna concentrazione di potere unilaterale, ma un’equa ripartizione. Il ‘No’ ritiene che si determinerebbe una fortissima concentrazione di potere nelle mani del Presidente del Consiglio. Il terzo punto parla del risparmio, secondo il ‘Sì’ di 500 milioni nell’immediato se la Riforma venisse approvata. Il ‘No’ smentisce parlando di scarsi 50 milioni. Il quarto punto riguarda l’ipotesi di conflitto Stato-Regioni che per il ‘Sì’ si riduce, per il ‘No’ si accentua. Il quinto punto discute dell’immunità parlamentare estesa ai consiglieri regionali eletti in Senato. Il ‘Sì’ ritiene che sia una buona procedura, il ‘No’ ritiene che sia un ulteriore scudo per gli indagati, dato
il forte malcostume nei Consigli Regionali. Il sesto punto insiste sulla maggiore partecipazione popolare, secondo il ‘Sì’ relativo alle 150.000 firme, anziché 50.000 necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare, ma con l’inserimento della clausola che la Camera dovrà indicare tempi precisi d’esame, che oggi non c’è. Il ‘No’ insiste sulla triplicazione delle firme, quindi su una minore partecipazione del popolo. Il settimo punto riguarda il contrappeso relativo al delicato ruolo della Corte Costituzionale, che secondo il ‘Sì’ si rafforza, secondo il ‘No’ induce il partito di maggioranza a fare da asso pigliatutto. L’ultimo punto è il più discusso, poiché secondo il ‘No’ questo Parlamento non è legittimato ad esercitare modifiche alla Costituzione, mentre per il ‘Sì’ si muove legittimamente secondo l’art.138 della stessa”. I presenti sono dunque invitati ad esprimere il proprio punto di vista rispetto alle ragioni del ‘Sì’ o del ‘No’. Per semplificare, di seguito esporremo prima la tesi dei relatori orientati
all’approvazione della Riforma, in seconda battuta le repliche di quelli contrari.
Le ragioni del ‘Sì’
Il prof. Tommaso Edoardo Frosini, docente di Diritto Costituzionale al Suor Orsola Benincasa, dice ‘Sì’ perché: “non possiamo parlare di delegittimazione del Parlamento per quel che riguarda la Riforma, altrimenti tutte le leggi approvate dallo stesso finora sarebbero incostituzionali. Questo Parlamento pertanto è pienamente legittimato ad operare. Mi chiederei piuttosto come mai il Presidente della Repubblica non ha sciolto le Camere dopo la sentenza della Corte Costituzionale di incostituzionalità della legge elettorale. Se non l’ha fatto ci sarà un motivo. Mi concentrerei su due obiettivi cardine della Riforma: 1) Modificare il bicameralismo paritario, anomalia tutta italiana che proviamo a correggere da trent’anni. 2) Razionalizzare i rapporti Stato-Regioni, eliminando la competenza concorrente, fonte di grande conflitto, con la pulizia del Titolo V, dove si confondono competenze statali e regionali. Ci sono altre norme che la Riforma va a toccare in senso migliorativo e non starei qui a parlare della volgarità del risparmio o meno in merito all’eliminazione del CNEL. Non si dice, però, che oggi le iniziative popolari non hanno nessuna chance, mentre si propone l’obbligo di prenderle in considerazione con la Riforma. Non si dice neanche che i referendum sono finora falliti perché non si raggiungeva il quorum, mentre con la Riforma il quorum va abbassato. In ultimo, vorrei aggiungere che non si può dire che tutti i Consiglieri regionali sono corrotti in un’aula universitaria. Nel quesito non c’è l’Italicum, ricordatevelo!”. “Non parliamo di un disegno autoritario o di un parlamento delegittimato, qui bisogna entrare nelmmerito”, esordisce Leonardo Impegno, parlamentare PD. “Tutti sono contrari al bicameralismo perfetto che impedisce al nostro Paese di essere veloce e semplice. Nella mia
breve esperienza da parlamentare ho visto rimbalzare leggi dal Senato alla Camera e viceversa. Oggi si è costretti a mettere la fiducia a decreti d’urgenza per le evidenti difficoltà a far approvare le leggi. Dobbiamo chiederci se l’impianto della seconda parte della Costituzione è adeguato al mondo d’oggi, veloce, europeo. Ci riempiamo la bocca con la partecipazione popolare, senza dire che oggi è inutile, pur prevedendo 50.000 firme, perché una volta raccolte, le metti nel cassetto. Si passa invece con la Riforma a una partecipazione incisiva, perché le 150.000 avranno garanzia di discussione alle Camere. In ultimo, se si abbassa il quorum, secondo voi la partecipazione
sarà maggiore o minore? Abbiamo una grande occasione che tanti politici hanno sprecato, possiamo fare un passo avanti per la democrazia del nostro Paese”. Ultima voce a favore del ‘Sì’ è quella del prof. Ferdinando Pinto, che insegna Diritto Amministrativo alla Federico II: “chi sostiene il ‘No’ dice che questa Riforma non si poteva fare. È l’obiezione che meno capisco, poiché questa ipotesi è assolutamente prevista. Il titolo V è stato modificato più volte. Volete restare a 315 senatori? Domani, se vince il ‘No’, restiamo con quello che abbiamo ora. Risparmiateci
toni apocalittici voi del No. I problemi di certa sinistra italiana sono iniziati con il Concilio di Lione nel 1274, quando cioè è stato inventato il Purgatorio, cui tutti aspirano nel sistema politico, tramite accordi. Non dobbiamo aspirare al Purgatorio, ma a Istituzioni che scelgono. Non dobbiamo aver paura del nuovo”.
Le ragioni del ‘No’
“Questa Riforma non doveva essere iniziata, perché la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il Porcellum”, si esprime con fermezza il professore emerito di Diritto Costituzionale alla Sapienza di Roma Alessandro Pace: “La ragione di questa dichiarazione è che non garantiva la rappresentatività dei cittadini, cosa gravissima. C’è stato dunque un abuso di un Parlamento delegittimato, viziato nel premio di maggioranza che non ha il voto dei cittadini. In più questa non è una legge di revisione omogenea, presenta almeno sette quesiti, per cui nella cabina ci si trova a disagio, bisognerebbe scinderli. Ci tengo a sottolineare che non è vero che chi vota ‘No’ non vuole che cambi qualcosa. Abbiamo diverse idee, è però preoccupante che, qualora vincesse il ‘Sì’, contro questo spreco della Costituzione non si potrebbe fare niente. Dobbiamo protestare con il ‘No’ perché è stato concesso a un Parlamento delegittimato di modificare 47 articoli e di declassare le Regioni ad enti amministrativi. Tutto questo è stato studiato per non far funzionare il Senato, ma solo la Camera, attraverso un premierato assoluto, che ha eliminato i contropoteri, per cui non c’è garanzia per le opposizioni”. “Il primo motivo per cui intendo votare No è che la Costituzione italiana è la più bella del mondo perché la capiscono tutti, mentre si fa fatica a comprendere anche i quesiti del Referendum”, spiega il sindaco Luigi de Magistris. Il secondo: “è che l’Italicum ha permesso ad un Presidente non eletto una Riforma Costituzionale. Chi vota ‘No’ non è un conservatore. Non la porterei sul tecnico, il disegno autoritario alla base mi preoccupa, dove ancora una volta la politica del sistema cerca di avere mani libere stravolgendo la Costituzione. Tutte le riforme degli ultimi anni l’hanno
solo peggiorata. Gli articoli migliori sono stati scritti da chi ha vissuto il nazifascismo. Il disegno autoritario
va contro i costituzionalisti che hanno visto con i loro occhi la dittatura. Io sosterrò le ragioni del ‘No’ schierandomi apertamente, in quanto ritengo sia dovere delle Istituzioni schierarsi”. Sulla stessa lunghezza d’onda il Presidente Onorario della Suprema Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato: “ritengo che la Riforma del Senato sia un tentativo di colpo di Stato bianco, per l’accentramento dei poteri del Premier. L’attuale legge elettorale consente al Premier di ricevere voti da un’enorme quantità di parlamentari, per cui il Presidente della Repubblica è costretto a nominare solo quel parlamentare e non altri. Si va incontro a un processo di svuotamento di poteri degli organi di garanzia. In più la Riforma deve essere opera di un intero Parlamento, ma qui parte ne è stata esclusa, in quanto
le proposte delle opposizioni sono state completamente messe a tacere. Infine, non si può sottrarre al Senato la possibilità d’intervenire sulla Dichiarazione di guerra, ciò andrebbe ad incidere sugli articoli 78 e 11 della Costituzione. È una Riforma pericolosa: mette a rischio la democrazia italiana”.
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